Consiglio di classe. Non è legittimo Orizzonte scuola 5.3.2014 Intervento del prof. Bartolo Danzi, Sindacalista - Gli organi collegiali possono discutere solo le materie per cui sono competenti e che siano iscritte all'O.D.G. La discussione è il momento più importante perchè in essa il collegio conosce sostanzialmente, attraverso il relatore, l'oggetto della deliberazione, e gli interessi da valutare Nell'ambito degli organi collegiali tutti i componenti si trovano su un piano di eguaglianza giuridica e, pertanto, nella trattazione delle materie poste all'ordine del giorno, viene meno il potere gerarchico del dirigente scolastico, del provveditore agli studi, -quali membri di organi collegiali -sul personale scolastico componente il collegio medesimo.
Possono in tali
sedute essere discusse e deliberate solo le materie poste all'ordine
del giorno: se si riconoscesse al presidente la facoltà di porre in
discussione anche argomenti che non figurano in esso è evidente che
di tale facoltà un presidente poco scrupoloso o il suo gruppo
potrebbe avvalersene per sfruttare il momento che ritiene favorevole
per ottenere l'approvazione o la bocciatura di determinate
controverse materie. E' legittimo consentire ad un genitore rappresentante di classe rappresentare doglianze su un componente il consiglio di classe? Alla luce della normativa vigente (art. 5 comma 8 del T.U. D.lgs 297/94) il consiglio di classe ha il compito di “formulare al collegio dei docenti proposte in ordine all'azione educativa e didattica e ad iniziative di sperimentazione e con quello di agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni. In particolare esercitano le competenze in materia di programmazione valutazione e sperimentazione previste dagli articoli 126, 145, 167, 177 e 277. Si pronunciano su ogni altro argomento attribuito dal presente testo unico, dalle leggi e dai regolamenti alla loro competenza.” Pertanto non è un organo disciplinare del personale docente e dunque, all'ordine del giorno delle adunanze non possono essere iscritti argomenti attenenti al comportamento dei docenti, né tantomeno discusse e riportate doglianze afferenti alla persona di singoli componenti il collegio. Unico documento che fa fede dello svolgimento dell'adunanza e delle deliberazioni adottate dall'organo collegiale è il verbale della seduta. Esso è un atto indispensabile in mancanza del quale l'attività svolta dall'organo anche se nel pieno rispetto delle norme e delle procedure è nulla. Pertanto la verbalizzazione è richiesta “ad substantiam” e quindi, la sussistenza stessa delle operazioni e delle deliberazioni ivi adottate sono condizionate dalla relativa consacrazione nei verbali redatti dal segretario2. Orbene, il verbale non è dunque una riproduzione meccanica della discussione , ma è un documento giuridico; la sua confezione è regolata da usi di civiltà , per cui non si riportano espressioni di inurbanità, offese al decoro e alla professionalità altrui (in special modo ai componenti l'organo), manifestazioni di intemperanza, divagazioni. Il verbale deve riportare solo ciò che giuridicamente interessa ed attenga alle competenze dell'organo collegiale stesso3. Va da se che un verbale contenente divagazioni e riporti discussioni su argomenti non iscritti all'ordine del giorno, nonchè offese al decoro e all'immagine professionale di uno dei suoi membri [ a mero titolo esemplificativo riporti lamentele di un genitore rappresentante di classe , su un presunto utilizzo da parte del docente del cellulare, fatto riferitogli dal figlio minore e peraltro, non riscontrato direttamente] oltre a rendere il verbale carente della forma ad substantiam e quindi nullo, poiché risulterebbero discusse materie non iscritte all'ordine del giorno e quindi non attienenti ai compiti dell'organo, risulterebbero dichiarazioni gravemente offensive e passibili di responsabilità sul piano penale tale da configurare il reato di diffamazione aggravata in atto pubblico (art. 595 c.p. ipotesi aggravata per la qualifica di pubblico ufficiale del soggetto passivo che subisce la diffamazione e per l'utilizzo dell'atto pubblico.) Ove venisse dimostrato il dolo ossia la volontà di nuocere il soggetto passivo tale da arrecare un pubblico nocumento all'immagine del medesimo, violando leggi e regolamenti sul funzionamento degli organi collegiali, sulle loro attribuzioni e soprattutto con verbalizzioni di fatti da non discutere si determinerebbe l'ipotesi di abuso d'ufficio in danno finalizzato alla diffamazione ex art. 323 c.p. |