Dopo le elezioni europee di Lucio Ficara, La Tecnica della Scuola 17.3.2014 Sono in molti a pensare che questa è solo una fase di attesa. Le vere scelte politiche sulla scuola sono rinviate al dopo elezioni, per evitate che dalle urne possa arrivare qualche sgradita sorpresa.
Non è un mistero il fatto che alcune riforme del nostro sistema scolastico siano state messe in standby, in attesa della delicatissima competizione elettorale, che potrebbe configurarsi anche come un referendum pro o contro il nuovo Governo italiano. Quali sarebbero queste riforme sulla scuola che per adesso rimangono chiuse nelle casseforti del Miur? In primo luogo è in ballo la riduzione di un anno del percorso di studi delle scuole secondarie di secondo grado, ma poi ci sono anche la riforma Aprea-Ghizzoni degli organismi collegiali delle scuole e la revisione dello stato giuridico degli insegnanti. Secondo i sindacati (o per lo meno questa è la voce che gira nei direttivi nazionali delle sigle più importanti) Renzi starebbe attendendo le elezioni europee per poi avviare una corposa riforma della scuola. La domanda legittima, che in tanti si pongono, è quindi la seguente: “Ma, dopo le elezioni europee, la scuola pagherà dazio”? Mentre in questa fase preelettorale il Presidente del Consiglio Matteo Renzi parla di scuola con degli slogan efficaci del tipo “la scuola è una priorità ed è necessario restituire valore sociale ai docenti”, senza però assumere alcun provvedimento in tal senso, cosa ci dovremmo aspettare dopo le elezioni europee? Il Premier, se veramente volesse restituire dignità sociale ai docenti, avrebbe potuto cancellare norme odiose, come quella dell’art. 71 comma 1 della legge 133/2008, voluta dall’ex ministro della funzione pubblica Brunetta, che prevede, per la malattia degli inseganti per i primi dieci giorni una trattenuta economica riferita alla parte stipendiale accessoria. Poi se avesse voluto efficacemente restituire dignità professionale agli insegnanti, avrebbe dovuto rendere inapplicabile per la scuola il decreto legge Brunetta che rende i docenti e le rappresentanze sindacali di categoria, impotenti difronte alle decisioni dei dirigenti scolastici. Avrebbe potuto rinnovare il contratto scuola, fermo da quasi otto anni, ma nemmeno questo è stato fatto. In questa fase sulla scuola e sui docenti sono state spese tante parole, ma nei fatti non si è visto niente. Il timore è che dopo le elezioni europee il Governo Renzi butterà giù la maschera e la scuola e gli insegnanti pagheranno dazio. Quindi il sospetto è che il rottamatore, dopo le temute elezioni di maggio, tenterà di rottamare la scuola pubblica, avviando quelle riforme che né Monti e né Berlusconi sono riusciti a fare. La scuola potrebbe prendere la rotta della valutazione meritocratica, della formazione obbligatoria degli insegnanti, della super autonomia, della selezione del personale didattico ed amministrativo e della riduzione di un anno dell’istruzione secondaria di secondo grado, della riforma degli organi collegiali. Intanto Renzi e il ministro dell’Istruzione Giannini evitano di confrontarsi con i sindacati e nascondono la loro vera agenda politica, che forse non piace ai loro stessi elettori. A quando la verità? Certamente dopo le elezioni europee, per evitare che dalle urne possano arrivare brutte sorprese. |