Mario Lodi, tutti i colori della scuola Mostre, libri, film, incontri e giornali autogestiti: la scelta degli alunni protagonisti Il Corriere della Sera 3.3.2014 Ci sono autori curiosamente legati a un titolo. Mario Lodi, nonostante la settantina di titoli della sua bibliografia, per la maggior parte delle persone credo sia un nome legato soprattutto a tre titoli, nei quali però sono già riassunte le esperienze di una vita intera. Per i ragazzi — e per chi ha conservato l’animo del ragazzo – Mario Lodi è soprattutto Cipì , la storia di quel passerotto curiosissimo di tutto quanto gli accade attorno, che, come tutti i piccoli, si muove sventatamente, incappando in buoni e cattivi incontri, imparando però a proprie spese, dalle proprie esperienze, a crescere e maturare. Un classico della narrativa per ragazzi; ma anche qualcosa di più: perché in quel racconto del 1961 era riassunto un metodo di lavoro di quel maestro elementare cremonese quasi quarantenne (era nato il 17 febbraio 1922, è morto ieri) che poneva al centro dell’educazione e dell’insegnamento l’esperienza vissuta quotidianamente dai ragazzi, protagonisti d’ogni pratica educativa. Era il principio d’un percorso d’apprendimento che, quale che fosse la materia scolastica, doveva prendere le mosse dal mondo del bambino, dalla sua quotidianità personale, familiare e sociale, dalle esperienze dei suoi stessi affetti. Un’esperienza positiva, approdata anni dopo nel celebre libro dal titolo che ha l’espressione d’un sorriso: C’è speranza se questo accade a Vho . Ossia: la speranza di crescere senza essere «costretti» dentro maglie che devono essere necessariamente uguali per tutti. Di crescere attraverso domande e ricerche, che si traducevano in inchieste, in giornalini scolastici, in possibilità di mettere nero su bianco il frutto delle proprie curiosità, di esprimersi attraverso scritti, disegni, musica, teatro, danza, gestualità. Un’esperienza e un progetto che ha fatto dire ieri sera al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che con Lodi «scompare uno di quei piccoli maestri che ha fatto grande l’Italia».
Un lavorare «insieme» con i ragazzi affidato tra il 1964-1969 a
diari di lavoro con testi e conversazioni tenute coi bambini, che
nel 1970 si sarebbe concretizzato nell’altro testo pedagogicamente
sconvolgente: Il Paese sbagliato . Diario di un’esperienza didattica
(Premio Viareggio), nel quale quel modo stesso di lavorare veniva a
suonare atto d’accusa contro una scuola vecchia, burocratizzata,
autoritaria. E questo in un anno significativo, proprio perché
interveniva dialogicamente con i movimenti di contestazione,
mostrando la possibilità che, anziché esser distrutta, la scuola
poteva invece essere trasformata in qualcosa che attuava
concretamente spirito e valori di quella Costituzione italiana, di
cui Lodi avrebbe approntato una edizione per bambini.
Un impegno costante, proseguito negli anni con una produzione che
annovera interventi, saggi, racconti e fiabe, alcuni scritti insieme
ai suoi alunni, come Bandiera, Cipì, La mongolfiera, senza
dimenticare l’indagine condotta nel 1980 in Italia, raccogliendo
cinquemila fiabe inventate dai bambini a dimostrazione della loro
creatività in tempi di televisione, con conseguente fondazione del
giornale «A&B» scritto e illustrato interamente dai bambini.
Sino a quel 1989 in cui, coi soldi del Premio internazionale Lego a
Drizzona, presso Piadena, crea la Casa delle Arti e del Gioco, vero
laboratorio sperimentale che studia tutti i linguaggi dell’uomo,
compresi i multimediali. |