Il caso della Scuola europea di Parma

 di Corrado Zunino, Repubblica La scuola siamo noi 9.3.2014

La storia della Scuola europea di Parma, la cui nuova sede è fin qui costata 35 milioni e ancora non è finita, rappresenta un'esemplificazione irritante dei rapporti che si sono venuti a creare tra l'Europa e noi negli ultimi anni. Anche nell'istruzione, argomento centrale delle politiche di Matteo Renzi. La Scuola europea, destinata innanzitutto ai figli dei manager che lavorano all'Autorità europea di controllo alimentare (Efsa), in queste settimane è tema caldo a Parma: l'ultima rendicontazione dedicata dice 35 milioni spesi per un manufatto fuori scala che oggi tutti  -  Movimento 5 stelle al governo della città, opposizione di destra che ha guidato gli ultimi sedici anni insieme a un paio di commissari prefettizi, opposizione di sinistra che non esprime una giunta dal 1998  -  definiscono troppo grande e costoso. I cantieri hanno già superato due date di consegna: l'edificio a "U" doveva essere completato nel novembre 2012, poi nel giugno 2013. Quindici mesi più tardi manca ancora una quota di lavori (il sette per cento) e le aziende edili non intendono ripartire se non arriveranno altri 4 milioni.

La scuola europea di Parma, così come la sede dell'Autorità alimentare, sono il prodotto dello sforzo di Silvio Berlusconi per portare in Italia  -  nel 2002 - un ente di controllo dell'Unione e con lui il suo indotto economico. L'indotto non c'è stato e l'Efsa, dopo dodici anni di attività, è un'autorità contestata dalla stessa Commissione europea per i numerosi conflitti di interesse con le multinazionali alimentari e farmaceutiche. Dal 2009, dopo un periodo di morigeratezza, lo Stato italiano ha deciso di far crescere i finanziamenti alla Scuola di Parma: dieci milioni di euro a stagione, soldi necessari per mantenere 78 insegnanti madrelingua destinati a 500 alunni di venti nazionalità diverse. Quindi, per garantire lo studio ai figli dei manager e degli impiegati europei, ai figli dei ricercatori e dei dipendenti delle ditte associate,  per un ciclo che va dalla scuola dell'infanzia al liceo, il nostro governo si è impegnato a costruire una struttura da 35 milioni di euro nel campus universitario di Parma.

È giusto difendere un avamposto europeo nel cuore dell'Emilia, è altrettanto giusto, tuttavia, chiedersi se le somme spese sono congrue e se le modalità di gestione della Scuola per l'Europa sono state corrette negli anni della più feroce spending review sull'istruzione italiana. È di questi giorni la notizia  -  pubblicata dalla "Gazzetta di Parma" - che l'istituto europeo non riceverà le iscrizioni degli studenti locali per l'anno 2015: sono state tutte riservate ai figli dei dipendenti dell'Efsa. Uno dei motivi per cui con Tremonti e Gelmini ministri era stata approvata la nuova edificazione era proprio quello che la scuola europea allargata avrebbe ospitato anche i ragazzi parmensi, decongestionando gli affollati licei cittadini. Dal 2015 non sarà più così.

È interessante notare come, su spinta di Gianni Letta, il governo Berlusconi IV costruì un assetto giuridico e amministrativo "pienamente corrispondente al modello delle scuole europee", e soprattutto in deroga alla normativa nazionale. Le quattordici scuole europee esistenti nell'Unione  -  private a tutti gli effetti - hanno statuti speciali. Ecco, deroghe in Italia e negli altri paesi membri per l'Europa, nessuna deroga dall'Europa per l'Italia (nelle richieste sul Patto di stabilità finanziaria, per esempio, per la difesa dei nostri prodotti alimentari, restando sul tema). Va ricordato che la Scuola europea di Parma è stata costruita fuori scala e con materiali costosi per indicazioni precise degli uffici europei.

C'è un ultimo argomento, infine, e qui l'irritazione cresce. Dal 2009 al 2011 il ministero dell'Istruzione solo a Parma ha tagliato 360 posti da insegnante. Francesca Bertolini della Adida dell'Emilia Romagna, associazione di docenti precari, ha spiegato: "Le scuole della nostra regione hanno maturato un debito tra i 2 e i 3 milioni di euro, con i 35 milioni spesi per la nuova sede dell'istituto europeo si sarebbero risanati i nostri istituti pubblici e quindi pagati gli stipendi a 1800 docenti fuori ruolo".