Scuole o caserme? di Maurizio Tiriticco, Educazione & Scuola, 16.3.2014 E’ senz’altro apprezzabile il fatto che il nuovo Presidente del Consiglio abbia posto la scuola e l’edilizia scolastica tra le priorità del governo del Paese. Ed è anche apprezzabile che abbia voluto coinvolgere l’architetto Renzo Piano come garante per la “qualità del rammendo” degli edifici scolastici. Ma… non sarebbe forse il caso di ripensare all’edilizia scolastica in funzione di un modo diverso di “fare scuola”? Si veda al proposito il mio “Appunti per un riordino complessivo del Sistema educativo di istruzione e di formazione”. In effetti, quando nel secondo Ottocento il governo italiano postunitario si preoccupò di costruire una “coscienza patria” in milioni di sudditi – o di “regnicoli”, sic! – che fino alla proclamazione del Regno avevano appartenuto a Stati diversi, investì soprattutto in due direzioni: la scuola e l’esercito. Con la legge Casati dal 1861 fu generalizzata la scuola elementare e i primi due anni furono dichiarati obbligatori e gratuiti; e dal 1862 venne dichiarato obbligatorio anche il servizio di leva. Si rese quindi necessaria una massiccia costruzione di scuole e caserme e gli architetti che le progettarono non persero molto tempo ad inventiva. Caserme e scuole erano più o meno simili: lunghi e larghi corridoi lungo i quali si affacciavano aule o camerate. La bacchetta nelle mani dei maestri, il frustino in quelle dei caporali. Regole, disciplina, obbedienza caratterizzavano la vita sia della scuole che delle caserme! Nelle scuole l’italiano era obbligatorio; e così nell’esercito! E le reclute del Sud andavano a prestare servizio nelle Regioni del Nord, e viceversa. Fatta l’Italia, occorreva fare gli Italiani! Eravamo tra gli ultimi Paesi europei che avessero raggiunto l’unità nazionale! Se volevamo cimentarci con loro, occorreva anche fare in fretta. Mettemmo in piedi un enorme apparato militare, amministrativo e giudiziario, e senza badare a spese! Ne sono testimonianza quelle caserme di Viale delle Milizie, in Roma, quei bellissimi ministeri romani e lo stesso Palazzo di Giustizia. Nel 1914 fu costruito quel meraviglioso Palazzo delle Poste in Piazza Dante a Roma. E mettemmo in piedi anche un vasto apparato educativo, diffuso in tutto il Paese, anche se l’edificio del Ministero della Pubblica Istruzione, quello di Viale Trastevere, allora Viale del Re, venne inaugurato più tardi, nel 1928. Tutti palazzi oggi più o meno dismessi: i numerosi impiegati di un tempo, le mezze maniche non servono quasi più! L’informatica e il web ne stanno facendo giustizia! Si tratta di costruzioni fatte a regola d’arte! Anche perché la manodopera era a… buon mercato! Nonostante i grandi scioperi dei muratori! Ricordate “Metello” di Pratolini? Ma ora, che ne sarà di questi meravigliosi palazzi? Tornando a noi, come si suol dire, di interventi edilizi ce ne sarebbero da fare a iosa, sia per ristrutturare le scuole fatiscenti, sia per adattare a servizi scolastici ed educativi di largo spettro edifici ormai pressoché dismessi, sia per la costruzione di nuovi edifici! E’ importante, però considerare che non possiamo più pensare alle tradizionali aule destinate ad ospitare ciascuna una classe di età. Allora era così, ma domani? Non sarà più opportuno pensare ad almeno tre categorie di spazi. Una prima sarà costituita di “aule base” – le tane dei lupetti? – destinate ad ospitare gruppi di alunni che hanno lì la loro sede istituzionale – chiamiamola così – ovviamente opportunamente attrezzata! Basta con i soliti banchi! Occorrono strutture accoglienti, che facciano sentire all’alunno uno spazio e un arredo che gli siano propri! Occorrono tavolini – e già in molte aule ci sono – ma anche armadietti, strumentazione didattica e tecnologica ad hoc, libri e altro arredo che concorra a rendere funzionale e “familiare” il soggiorno di alunni che lì discutono, studiano, ricercano, insomma vi “vivono” attivamente”! Occorreranno poi spazi attrezzati come minilaboratori, per attività di ricerca/studio “avanzate” – chiamiamole così – in cui operano e “risiedono” docenti “esperti di disciplina”. E occorreranno infine laboratori veri e propri per ricerche più avanzate e mirate. Per non dire di biblioteche, ludoteche e altri spazi attrezzati. E le cosiddette attività motorie andranno organizzate non più come quell’inutile ora tra una lezione di italiano e una di matematica, ma come attività “altre” rispetto a quelle di studio tradizionali. Mi sono limitato solo ad alcuni spunti! Ha ragione Renzo Piano, quando dice che il tutto va costruito attorno a un albero! Sì! Ma questo tutto va pensato in funzione di un “fare scuola” diverso! Casati e la sua legge sono tramontati da tempo! E la Finlandia è vicina! |