Test Invalsi: le vere origini della valutazione

 TuttoscuolaNews, n. 635 26.5.2014

Le recenti rilevazioni sui livelli di apprendimento degli studenti ripropongono il nodo ancora irrisolto del sistema scolastico italiano:  la preparazione e la valutazione dei docenti. Tra i fattori dei molti atteggiamenti negativi, va considerata, presumibilmente, una diffusa percezione d’inutilità. Sarebbe sbagliato, come molti hanno fatto, liquidare le critiche formulate nei confronti dell’operazione solo come un rifiuto della valutazione, come se effettuare rilevazioni sull’universo degli allievi tramite prove strutturate sia l’unico modo per valutare il funzionamento della scuola. E la prova secondo alcuni che si tratta di una scelta dalla quale poco ci si può attendere proprio in termini di valutazione viene dalle esperienze che si sono accumulate in più di quarant’anni, da quando cioè l’Italia ha partecipato, per la prima volta, a una rilevazione a carattere comparativo tramite prove strutturate. Si trattava dell’indagine Sixsubjects promos sa dall’Internation al Association for the Evaluation of Educational Achievement (Iea). Che cosa si diceva allora? Che la conoscenza dei punti di forza e di debolezza dei singoli sistemi scolastici sarebbe stato il punto di partenza per interventi consapevolmente rivolti a introdurre le modifiche più opportune. All’indagine Sixsubject ne sono seguire molte altre, e ogni volta si è sentito ripetere il medesimo argomento.

Le indagini promosse dall’Iea erano centrate su aspetti didattico-organizzativi del funzionamento delle scuole, mentre per quelle promosse negli ultimi dall’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), l’attenzione si è decisamente spostata sulle relazioni che intercorrono tra educazione e sviluppo economico.