I comuni tagliano sull’istruzione, Dai dati Istat emerge come nelle regioni centro-settentrionali la spesa per la scuola stia aumentando nonostante la spending review, mentre nel meridione si preferisce ridurla di Salvo Intravaia, la Repubblica scuola 17.5.2014 Pressati dalla spending review e dalle politiche di rigore degli ultimi anni, gli enti locali del meridione d’Italia risparmiano sui finanziamenti destinati agli istituti scolastici. Nelle altre regioni invece la spesa per la scuola e i suoi alunni cresce di anno in anno. Il dato emerge dall’ultima pubblicazione dell’Istat sui Bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali. E il confronto con quelli di cinque anni prima fa venire a galla la diversa considerazione che gli enti locali hanno nei confronti dell’istruzione. In cinque anni – dal 2007 al 2012 – le regioni del Sud, nonostante abbiano incrementato la cosiddetta spesa corrente di oltre il 4 per cento, hanno nello stesso tempo ridotto quella per le cosiddette Funzioni di istruzione pubblica del 13 per cento. Nel quinquennio preso in considerazione, le scuole hanno ricevuto meno fondi per comprare carta e toner per le fotocopiatrici, meno soldi per i detersivi e la carta igienica e, in generale, per il funzionamento scolastico. E le famiglie sono state costrette a finanziare con un “contributo volontario” il minore gettito dei comuni che hanno lesinato anche sui fondi per l’assistenza scolastica ai portatori di handicap, per il trasporto scolastico, la refezione e gli assistenti alla comunicazione. I numeri inchiodano i sindaci del Sud. Perché nelle regioni centrali e in quelle settentrionali, il trend è stato esattamente opposto: 4 per cento in più per l’istruzione nelle regioni centrali e addirittura l’8 per cento in quelle settentrionali. Regioni che, con incrementi ancora più consistenti, hanno privilegiato l’assistenza agli alunni disabili, scuolabus e mense scolastiche. Le regioni meridionali nonostante siano le più povere e con i tassi più alti di disoccupazione giovanile, dispersione scolastica e di Neet – i giovani che non lavorano né studiano – e quelle in coda alle classifiche per competenze in Lettura, Matematica e Scienze, preferiscono dirottare le risorse dalle scuole verso altri ambiti. Anche Save the children ha recentemente lanciato l’allarme per la povertà educativa dei bambini meridionali. L’unica buona notizia riguarda le risorse destinate dai comuni agli asili nido e ai servizi per l’infanzia e per i minori che aumentano in tutte le regioni. Il taglio delle risorse destinato all’istruzione nelle regioni meridionali è anche legato al calo della popolazione scolastica. Ma, a fronte di un decremento degli alunni del 4,7 per cento nel primo e nel secondo ciclo dell’istruzione pubblica, si è registrato una dimunizione dei finanziamenti quasi triplo. E anche nell’unico segmento, la scuola dell’infanzia, dove si è registrato un lieve incremento di iscritti. Nelle otto regioni meridionali, dal 2007 al 2012, i piccoli iscritti nella scuola materna statale sono cresciuti del 2,5 per cento. Mentre i finanziamenti sono diminuiti del 29 per cento. |