L'anticipo c'è già e piace poco

L'iscrizione precoce in primaria, annunciata dalla Giannini, è contestata su più fronti

di Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi 27.5.2014

L'obiettivo è uscire da scuola a 18 anni e non più a 19, in linea con la media europea. Per farlo l'ultima proposta annunciata alla stampa dal ministro dell'istruzione, Stefania Giannini, è di anticipare di un anno l'ingresso dei bambini alle elementari. Scelta che dal punto di vista dell'organizzazione dei cicli sulla carta sembra meno impattante dell'altra ipotesi, già avviata come sperimentazione e su cui si è egualmente espressa a favore il ministro, di ridurre di un anno la durata dei licei.

Un ingresso a 5 anni e non a 6, che in parte oggi è già consentito: dopo la riforma Moratti, i bambini che compiono i 6 anni entro l'aprile dell'anno successivo all'inizio della scuola possono chiedere di frequentare la prima classe della primaria. Una riforma che era stata introdotta proprio per venire incontro alle richieste delle famiglie che prima potevano trovare risposta solo ricorrendo alla cosiddetta primina nel privato. Ma qual è stato il gradimento?

Lo scorso anno, secondo dati ministeriali, aveva meno di 6 anni l'8,4% dei bambini frequentati la prima classe della primaria, circa 50 mila studenti. Un dato contenuto e che soprattutto sul territorio presenta differenze notevoli: se in Calabria 3.660 bambini in prima hanno meno di 6 anni, quasi il 20%, e sono pari al 18% in Campania, il 17% in Sicilia e oltre il 16% in Basilicata, al Nord il fenomeno è veramente sporadico. Solo il 2,5% in Friuli Venezia Giulia, il 3,4% per l'Emilia Romagna e la Lombardia, il 2% il Trentino Alto Adige. In fondo alla classifica, l'Umbria con lo 0,3%. Insomma al Nord l'anticipo, di prassi concordato tra famiglie e docenti dell'infanzia, non tira.

Critiche le reazioni dei sindacati. «Vorremmo capire dove vuole andare a parare il ministro, se si fa la proposta per il bene dei ragazzi qui si sbaglia», dice Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil. Sintetizza Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola: «La scuola non è un mobile componibile. Non basta spostare un modulo per ottenere l'effetto desiderato». Aperture giungono dallo Snals-Confsal, «purché ci siano le garanzie che la durata del ciclo resti inalterato, come il personale», precisa il segretario Paolo Marco Nigi. Già, il personale: nell'organico di diritto della scuola dell'infanzia lavorano 81 mila docenti. Che fine farebbero con un anno in meno degli attuali tre?