Scuola

arriva l’anagrafe degli edifici,
ma è nebbia sui finanziamenti

Dopo la sentenza del Tar il Miur promette per dicembre la pubblicazione online dell’anagrafe scolastica. Ma la copertura economica degli interventi promessi da Renzi è ancora da definire

di Matteo De Giuli, Wired.it 5.5.2014

Ci sono voluti diciotto anni, una sentenza del Tar e decine di rinvii, passi falsi e veti incrociati, ma il 2014 potrebbe finalmente vedere la pubblicazione di un’anagrafe scolastica aggiornata. O per lo meno adesso abbiamo due date su cui puntare: quella del 1° luglio, giorno entro cui le regioni si sono impegnate a fornire a Roma le anagrafi dei propri territori. E quella del 1° dicembre, giorno entro cui il MIUR si è impegnato a verificare i dati, riunirli nell’anagrafe nazionale e metterli online.

Dal ministero dell’Istruzione, inoltre, iniziano finalmente a filtrare i primi dettagli sui finanziamenti per le verifiche e la messa in sicurezza degli edifici, annunciati in pompa magna da Renzi e Giannini a marzo, ma su cui il governo non è ancora sceso nei particolari.

Partiamo dall’anagrafe. A scuotere le acque e far accelerare i tempi è stata senza dubbio la sentenza del TAR che ha accolto il ricorso di Cittadinanzattiva e di cui vi abbiamo dato notizia un mese fa. Ma al MIUR il piano di rilancio era iniziato già qualche tempo prima, con la conferenza unificata del 6 febbraio scorso, uno degli ultimi atti del governo Letta e del ministero Carrozza. Lì si sono stabilite le basi con cui tentare di dare un colpo di reni all’agonizzante organizzazione dell’anagrafe, e da lì il nuovo governo ha deciso di ripartire. “La raccolta dei dati spetta alle regioni, mentre il ministero fornirà il data warehouse che consentirà di consultare le informazioni sulle diverse scuole del territorio nazionale”, spiega il sottosegretario Roberto Reggi a Wired. “E quella di dicembre si trasformerà in una scadenza annuale: ogni 12 mesi aggiorneremo quei dati”.

L’Anagrafe Scolastica è stata istituita dalla legge 23 del 1996, e dovrebbe vedere la costituzione di un database che descrive nel dettaglio le condizioni delle scuole italiane: dalla vicinanza di fermate di autobus al numero di piani, fino ai certificati di agibilità e all’indice di vulnerabilità sismica degli edifici. Ma di questi dati non abbiamo praticamente mai avuto traccia. Non solo per questioni di poca trasparenza, ma anche di inefficienza generale. Come ha già raccontato Wired con l’inchiesta #scuolesicure e in particolare con l’intervista all’allora responsabile dell’edilizia scolastica, lo stesso ministero in questi anni ha avuto a disposizione in archivio un mix di dati aggiornati e dati vecchi, puliti e spuri, un quadro evidentemente non completo e inaffidabile. “Fino a qualche mese fa sapevamo solo che 11 regioni avevano le proprie anagrafi aggiornate, e che le altre si sarebbero dovute uniformare”, spiega Adriana Bizzarri, responsabile Scuola di Cittadinanzattiva.

Oggi conosciamo finalmente qualche particolare in più. Esistono tre sistemi diversi di acquisizione dati, uno istituito quattro anni fa dalla regione Toscana, e altri due utilizzati rispettivamente da Piemonte e Friuli-Venezia Giulia. Oltre a queste, le regioni oggi già operative con le proprie anagrafi sono Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Puglia, Umbria, Veneto e Valle d’Aosta, che hanno adottato il sistema toscano, meno farraginoso di quello inizialmente istituito dallo stesso MIUR. Lombardia, Campania, Sardegna, Basilicata, Molise, Lazio e Sicilia hanno richiesto di poter migrare a loro volta sul stesso sistema. Al ministero spetterà il compito di omologare i tre sistemi di acquisizione e, in accordo con le regioni, decidere quali sono i dati più significativi da mettere online.

“La sentenza del TAR costituisce un precedente importante a favore della trasparenza, e precisa come la pubblica amministrazione debba fornire questi dati su richiesta di chiunque. Non è più necessario, come si leggeva nella legge 241 del 1990, avere un interesse diretto nel richiedere un determinato atto”, spiega Bizzarri. E al ministero, dopo anni in cui ci si è spesso nascosti dietro presunte questioni di privacy per non fornire né i dati né il loro effettivo stato di aggiornamento, il messaggio sembra essere stato ben recepito. “La nostra intenzione è di rendere pubblici questi dati, anche quelli più sensibili sulla vulnerabilità sismica e i rischi non strutturali degli edifici”, dice Reggi.

Un’anagrafe che sia una descrizione puntuale e dinamica dello stato di salute delle nostre scuole servirà anche a indirizzare in maniera trasparente e mirata i finanziamenti per l’edilizia. A partire dai quasi 4 miliardi promessi dal governo Renzi.

A Palazzo Chigi manca ancora l’unità di missione annunciata ormai da più di un mese e che dovrà coordinare le risorse e le voci di spesa. Nel frattempo l’unico provvedimento sull’edilizia scolastica da parte del governo Renzi che ha effettivamente preso vita è quello contenuto nel decreto Irpef: 244 milioni di euro per il biennio 2014-2015.

Numeri troppo piccoli rispetto ai finanziamenti annunciati, come lamenta Il Sole 24Ore, ma che secondo Reggi costituiscono solo il primo passo per sbloccare il resto dei fondi. “Per adesso ci affidiamo delle priorità dei sindaci”, spiega il sottosegretario, riferendosi alle segnalazioni sugli interventi urgenti degli edifici scolastici che il premier ha chiesto ai comuni. “E i sindaci hanno bisogno di più di quattro miliardi di euro, per i quattromila trecento interventi segnalati. Il 25% di queste domande è fatto da comuni che hanno risorse bloccate dal patto di stabilità, e parliamo quindi di circa un miliardo di euro. La stima che abbiamo fatto è che nel 2014 sarà di 122 milioni la spesa necessaria per questi circa 1200 interventi per cui basta lo sblocco del patto per partire con i cantieri”, spiega Reggi. Gli altri 122 milioni del 2015 sarebbero quindi solo una cifra simbolica da rialzare in seguito in legge di stabilità, una porta che consentirebbe in seconda battuta l’aumento dei finanziamenti necessari, portando a un totale di un miliardo e duecento milioni.

Ci sono poi i comuni che hanno inviato i propri progetti a Roma ma che non riceveranno soldi dallo sblocco del patto. “Per questi casi pensiamo di stanziare un miliardo di euro con mutui della BEI (Banca europea per gli investimenti), i cui gli oneri sono a totale carico dello stato, da utilizzare a partire dal 2015”, spiega Reggi. Di questi finanziamenti potranno usufruire anche le scuole secondarie, di diretta competenza delle province, tagliate fuori dalla prima distribuzione di fondi basata sulle segnalazioni dei comuni. A questi soldi andranno poi aggiunti quelli della nuova programmazione 2014-2020, con un range dai due ai quattro miliardi, e il recupero di risorse incagliate per 400 milioni.

Un patchwork di interventi che speriamo possa dare una prima scossa alla situazione spesso drammatica dell’edilizia scolastica italiana, ma che dovrà presto cedere la scena a un piano a lungo termine. Per ora possiamo solo registrare (e apprezzare) un cambio di passo nelle intenzioni. Speriamo di non dover aspettare altri 18 anni per vederne i frutti.