Il problema cruciale della scuola
è la crisi di identità dei docenti
di Giovanni Sicali, La
Tecnica della Scuola 7.5.2014
Tempo fa le scuole
erano l’unico tempio sacro della cultura. Ma oggi fanno pensare ad
una antica nobiltà decaduta. Al di là delle pessime e fatiscenti
condizioni esteriore di tanti edifici scolastici, la crisi della
istruzione pubblica è purtroppo profonda perché sistemica e
sostanziale
Il web, la rete e i social network sono mezzi e strumenti che
possono incidere sul metodo non certo sul merito della diffusione
del sapere e della cultura. E contrastare acriticamente il nuovo che
avanza è come arroccarsi dietro una lavagna di pietra nera con in
mano un bianco gessetto friabile, dimenticando di essere nel terzo
millennio. Internet è un “vero dono per l'umanità”.
Oggi, la crisi cruciale della scuola è l’identità per i docenti.
Hanno costruito un progetto di vita in lunghissimi anni e con tappe
faticose e sono in cattedra da più decenni ma sempre precari; sono
professori di una professione senza scatti né carriera; sono
impiegati statali ma spesso costretti al volontariato a tempo pieno;
si sentono benefattori e quasi “missionari”; si aggiornano a loro
spese ma vengono giudicati dai risultati dei loro alunni valutati da
estranei; fanno lezione di fronte all’apatia totale della classe; e
mentre spiegano e/o interrogano guardano e osservano gli alunni,
ognuno di loro pensa:
“Se fossi per un
solo giorno responsabile del Miur, guarderei e parlerei a reti
unificate, come fa - nello stato di Oceania - il Big Brother di
Orwell del famoso romanzo 1984:
-
Direi che la
“scuola vera” è fuori dall’edificio scolastico: “Spalancate le
finestre del mondo”.
-
Inviterei a
non dedicarsi solo ai programmi e alle lezioni: “Fate musica,
teatro, danza, sport”.
-
Parlerei dei
viaggi di Ulisse, di Giasone, Gulliver, Alice, Il piccolo
Principe: “Seguite i vostri sogni e le vostre lucide follie”.
-
Suggerirei di
scrivere sempre coi tempi indicativi: “Nella Costituzione non ci
sono né congiuntivi né tanto meno condizionali”.
-
Raccomanderei
di non avere paura di esprimere sentimenti ed emozioni: “A
scuola, si deve dialogare e confrontarsi gli uni con gli altri
senza fanatismi”.
-
Chiarirei che
l’insegnante è solo un “mediatore culturale”: “ Gli studenti
siete i veri protagonisti, in piena libertà e creatività”.
-
Proclamerei
che la scuola è la sede della fantasia, e dell’inventività che
trasforma la stessa realtà: “L’eccessivo razionalismo rende
schiava e sterile la mente”.
-
Consiglierei
di non preoccuparsi eccessivamente dei compiti: “Non multa sed
multum”, Non studiare molte cose, ma molto bene (Quintiliano).
-
Finirei col
motto di Giovenale: “Maxima debetur puero reverentia, Al ragazzo
si deve massimo rispetto”.
-
E potrei
dire, in coscienza, di avere esercitato il compito di impiegato
statale con "disciplina ed onore" secondo l'art. 54 della
Costituzione!