Pd, così rompiamo la bolla di Davide Faraone, ScuolaOggi 17.7.2014 La razionalità si manifesta a fasi alterne. A volte si traveste da follia. Lo stesso evento, lo stesso comportamento, spostato nel tempo, o valutato da persone diverse, può apparire indistintamente ragionevole o irragionevole. Quante volte, in questi mondiali, abbiamo visto un calciatore entrare in campo con gli occhi proiettati verso il cielo. Lo abbiamo visto pregare Dio. Gli abbiamo visto chiedere un gol o comunque una buona partita. Prassi. Normale tifare per una squadra di calcio. Impazzire per il calciomercato, sperare che la squadra del cuore acquisti i migliori giocatori sul mercato, a prescindere dai milioni di euro che la società dovrà sganciare. Domeniche bruciate per una sconfitta, tragici lunedì per gli sfottò al bar dello sport. Ho visto un uomo lanciarsi dentro una piscina vuota, per fortuna quella piccola per bambini, per un gol dell’Italia.
Stessa storia, diversa lettura. Ma come si fa a pagare stipendi da milioni di euro, per ragazzi in pantaloncini che calciano un pallone? Vedere il mitico Biscardi fare addirittura un processo, con tanto di rissa, imputati, avvocati, magistrati e testimoni. Quante volte ci siamo chiesti, in un momento di lucidità, ma alla fine, a me, se vince il Palermo, che cosa me ne viene? La follia di vedere piangere sugli spalti ed in campo tifosi e calciatori. O addirittura vedere uccidere un ragazzo, colpevole di “tenere” per un’altra squadra o un poliziotto che fa il suo lavoro. L’apoteosi dell’ossimoro, uno stadio in cui si gioca, presidiato da forze dell’ordine in assetto antisommossa. Al netto degli ultimi periodi del ragionamento, che raccontano di fenomeni che fanno sempre schifo, e non a fasi alterne, sul resto non voglio giudicare. Si rischia di sbandare tra il fatalismo e il populismo. Volevo soltanto rappresentare un fenomeno, senza criminalizzazioni pedagogiche. Anche perché, il pendolo delle differenti valutazioni, senza nemmeno lo spettro delle varie sfumature che stanno in mezzo, colpisce innanzitutto me. Mi è capitato di recente di discutere di cateteri in un centro per medullolesi e qualche minuto dopo di essere catapultato in una riunione di un organismo di partito a discutere di assetti interni. Di essere intervistato durante una visita in un centro per ragazzi autistici che tarda ad avviare le sue attività per ritardi burocratici, e poi avere schiaffato sulla faccia un microfono per rispondere a polemiche sulla nomina di un assessore. Anche la politica è così. Il calciatore che prega per segnare un gol e chi pensa che la preghiera vada riservata a qualcosa di più importante. Può starci tutto nella vita di un uomo, anche il fatto che cose che a caldo appaiono prioritarie, crollino nella classifica, recuperata la “lucidità”. Spogliando il ragionamento da forzature populiste o demagogiche, tuttavia reputo innegabile che spesso la politica ha priorità diverse dai bisogni della società. Anche al momento appaiono coincidenti. Questo la rende autoreferenziale. Lo share è alto comunque, ma la comunità politica si chiude in una sorta di casa del grande fratello. Il pubblico, non ignora, assiste e vota. Ciò non toglie che, spenti i riflettori, non si renda conto che quello che si sviluppa in quel luogo, riguarda quella comunità e basta. Più si dimenano, discutono, più quella bolla che li separa dal mondo s’inspessisce. Paradossalmente più è autoreferenziale, più cresce l’attenzione, l’interesse, che però in questo caso non coincide con l’apprezzamento. Aumentano i talk show che parlano di politica, le pagine dei giornali che ne scrivono, crescono gli hashtag. Calano gli elettori, cala la partecipazione, cresce l’antipolitica. Un circolo vizioso, in cui la politica ingrassa nutrendosi delle sue stesse deficienze. Ingrassa fino a scoppiare. La politica sta anche nelle riunioni in cui si parla di organigrammi, in cui legittime ambizioni si scontrano, ma il problema è quando la fonte delle soddisfazioni e della partecipazione diventa quella e basta. Se lotti e se vinci senti e ti piacciono le urla del popolo che ti acclama, se perdi sei un fallito. La politica ha il dovere di tornare a dare il giusto valore alle cose, di ricostruire la scala delle priorità. Questo è il compito del nuovo Partito democratico. Rimettere in circuito un rapporto virtuoso con i cittadini. Questo è l’unico modo per ridarle dignità. Se coincide l’attenzione con la partecipazione, l’interesse con l’apprezzamento. Il grande processo riformatore messo in campo dal governo Renzi è utile al paese, e mette al centro le questioni che interessano i cittadini. |