Ogni paese un mattone è partita RENZI HA CHIESTO AI SINDACI DI SCEGLIERE UN PLESSO DOVE INTERVENIRE SUBITO. ARRIVATE 4.400 MAIL E RESE CANTIERABILI 400 OPERE. PER IL MINISTRO GIANNINI “UN PIANO DA 3,5 MILIARDI DOVRÀ PORTARE SICUREZZA E ADEGUARE LE AULE ALLE NOVITÀ DELLA DIDATTICA” di Walter Galbiati, la Repubblica 7.7.2014 Milano P arte dalle fondamenta la riforma della scuola del governo Renzi. E non in senso figurato perché la sua prima mossa è stata quella di chiedere ai sindaci di ogni paese di individuare un intervento nell’edilizia scolastica che non può più essere rinviato. Un gesto concreto che se da una parte ha il merito di risolvere un problema in ogni comune di Italia, dall’altra ha anche il sicuro effetto di ottenere un ritorno immediato in termini di immagine da parte dell’esecutivo. Da ex sindaco ai sindaci, il premier ha preso carta e penna e messo nero su bianco il suo pensiero: «Dalla crisi si esce con una scommessa sul valore più grande che un Paese può incentivare: educazione, educazione, educazione. Investire sull’educazione necessita naturalmente di un progetto ad ampio raggio, che parta dal recupero della dignità sociale delle insegnanti e degli insegnanti». Ma Renzi, per non entrare in discussioni complesse che non trovano mai soluzioni uniche tra diverse forze politiche e che spesso mettono uno contro gli altri anche gli stessi appartenenti a una sigla politica, ha scelto un terreno a prova di qualsiasi larga intesa, come l’edilizia scolastica, per affrontare senza troppe discussioni il problema dell’educazione. Per i progetti “ad ampio raggio” e i programmi, «Ci sarà modo per parlarne nel corso dei prossimi mesi», ha scritto, spiegando che «ora la vostra e nostra priorità è l’edilizia scolastica». «Nessun ragionamento — ha aggiunto — sarà credibile finché la stabilità delle aule in cui i nostri figli passano tante ore della loro giornata non sarà considerata il cuore dell’azione amministrativa e di governo. Non vi propongo un patto istituzionale ma più semplicemente un metodo di lavoro. Vogliamo che il 2014 segni l’investimento più significativo mai fatto da un Governo centrale sull’edilizia scolastica. Stiamo lavorando per affrontare le assurde ricadute del patto di stabilità interno». E i sindaci hanno risposto via mail, indicando la scuola, il valore dell’intervento, le modalità di finanziamento e la tempistica di realizzazione. Sono arrivate 4.400 segnalazioni, pari quasi alla metà dei comuni italiani. La scorsa settimana il piano del governo è entrato nella fase due con la pubblicazione del decreto che sblocca oltre 400 interventi immediatamente “cantierabili”. L’annuncio è arrivato da Roberto Reggi, sottosegretario all’Istruzione, che conta sulle capacità dei comuni di autofinanziarsi e sullo sblocco delle risorse del patto di stabilità. «È stata portata al Cipe la delibera che sbloccherà 400 milioni per finanziare gli oltre 2.000 interventi che sono in graduatoria nel Decreto del Fare, voluto dal Governo Letta ma che non erano stati finanziati. Potranno quindi partire importanti interventi che vanno dalla messa in sicurezza, rimozione dell’amianto e delle barriere architettoniche, interventi di manutenzione consistenti e anche nuove costruzioni. Un ventaglio di interventi che interesserà tutte le scuole del Paese. Accanto a questi ci saranno anche piccoli interventi di ripristino funzionale degli impianti, di decoro delle scuole che riguarderanno soprattutto le regioni del Sud» ha dichiarato Reggi, spiegando che con il Cipe il monte risorse salirà di altri 110 milioni di euro. A queste opere si aggiungeranno ancora altre opere. «Abbiamo una mappatura degli interventi possibili in questa prima fase, nell’arco di un biennio interverremo su oltre 20.000 edifici », ha spiegato il diretto responsabile dell’attuazione di ogni piano scolastico, il ministro dell’istruzione e dell’Università Stefania Giannini. Il governo è «a buon punto» rispetto al piano Renzi sull’edilizia scolastica annunciata per l’inizio dell’estate. «È un piano da 3,5 miliardi — ha spiegato la Giannini — e questo vuol dire davvero mettere in condizioni di sicurezza l’edilizia e adeguare la scuola italiana ai nuovi necessari momenti didattici ». L’ultimo ministro a toccare la scuola, in senso vero e proprio, era stata Maria Stella Gelmini (governo Berlusconi). Il riordino, partito nel 2010, riguardava non le aule, ma gli orari e gli indirizzi di licei, istituti tecnici e professionali, con un abbondante sfoltimento delle cattedre. La scuola secondaria di secondo grado era ferma al 1923. Dopo un tira e molla durato diversi mesi, i sindacati, le commissioni Cultura di Camera e Senato erano riusciti a strappare un avvio soft della riforma, interessando le sole prime classi. Per tagliare oltre 17 mila cattedre in appena due anni (il 2010/2011 e il 2011/2012) i tecnici del ministero avevano dovuto rivoluzionare i quadri-orario dei tecnici e professionali. Quasi un milione di studenti delle seconde, terze e quarte classi di tecnici e professionali si erano visti scontare le ore settimanali di studio. L’accusa alla Gelmini era di aver cambiato per fare cassa, mentre lei aveva risposto che era un atto atteso da 50 anni. L’opposizione aveva parlato di un taglio epocale alla scuola pubblica italiana che invece di avvicinare l’Italia all’Europa, negava pari opportunità di vita, di educazione e di lavoro agli studenti italiani. Per i sindacati non si poteva parlare di riforma, ma solo di una rigorosa applicazione dei tagli decisi dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Renzi, per il quale i conti di bilancio non sono diversi, anzi appaiono peggiori di quelli di quattro anni fa, se n’è guardato bene dal toccare qualsiasi indirizzo scolastico. Sulle orme del suo predecessore Enrico Letta ha deciso però di tornare a investire sulla scuola, se non in formazione, un terreno minato per chi ha voglia di incassare consensi, quanto meno in edilizia. Perché si sa, in Italia, il mattone paga sempre. Renzi: “Nessun ragionamento credibile finché la stabilità delle aule non sarà il cuore della nostra azione” . |