Prepensionamento forzato in seguito
al raggiungimento dei requisiti contributivi minimi?

Aldo Domenico Ficara, La Tecnica della Scuola 24.7.2014

Il relatore di maggioranza alla Camera dei Deputati ha recentemente proposto, in sede di conversione in legge, un emendamento all’art. 1 comma 5 del DL 90/2014, relativo alla facoltà delle Università di porre in quiescenza coloro che fossero in possesso dei requisiti contributivi minimi.

A questa proposta emendativa il CUN (Consiglio Universitario Nazionale) risponde dicendo che la messa in quiescenza di un significativo numero di docenti avverrebbe in un contesto di già grave sottodimensionamento degli organici degli atenei, rischiando di pregiudicare ulteriormente la sostenibilità dell’offerta formativa ovvero di danneggiare la qualità della didattica ed esporrebbe il sistema anche al grave rischio di perdere significativi contributi sul piano delle competenze scientifiche e culturali e dell’indispensabile trasmissione di tali competenze ai giovani studiosi.

Inoltre il CUN sottolinea che si potrebbero introdurre gravi elementi disparità di trattamento tra dipendenti della stessa amministrazione e/o di amministrazioni diverse: le singole università potrebbero adottare il provvedimento di collocazione in quiescenza secondo criteri differenziati, ma soprattutto di assoluta discrezionalità, con ciò mettendo a rischio anche alcune garanzie costituzionali relative all’autonomia della didattica e della ricerca dei docenti. 

A tal proposito qualche domanda è d’obbligo: si comincia con l’Università e si finirà con la scuola? Sarà un sistema basato sul prepensionamento forzato in seguito al raggiungimento dei requisiti contributivi minimi a dettare i tempi del cambiamento generazionale nel sistema istruzione?

Vedremo gli sviluppi, intanto per quanto riguarda l’Università si registra una netta contrarietà del Cun.