L’INCHIESTA Diplomi facili, 26 a processo in Sicilia Per ottenere la maturità in un istituto tecnico della provincia di Messina non era necessario andare a lezione, bastava pagare la retta: ci pensavano i prof a truccare i registri. Il caso della «scuola fantasma» di un ex consigliere provinciale di Michele Schinella, Il Corriere della Sera scuola 1.7.2014
Stando ai registri di classe, regolarmente firmati dai docenti,
avevano partecipato a interessanti lezioni persino l’8 dicembre,
giorno dell’Immacolata concezione e festa nazionale da tempo
immemorabile. In realtà, gli aspiranti maturandi, come hanno
raccontato candidamente agli inquirenti della polizia, le porte
della scuola paritaria Dante Alighieri di Caprileone, cittadina
della provincia di Messina, le avevano varcate «solo i giorni degli
esami finali e in qualche altra occasione precedente». Il segretario
di Unicobas Lombardia, Paolo Latella, in un dettagliato report
inviato all’ex ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza ha
denunciato lo scandalo delle «scuole parificate in cui gli
insegnanti non vengono retribuiti e talvolta sono pure costretti a
pagarsi i contributi previdenziali».
Le carte di un’inchiesta condotta dalla Procura di Patti e approdata
in questi giorni alla prima udienza di un processo penale, offrono
uno spaccato impietoso di come queste strutture, destinatarie di
contributi pubblici, possano in assenza di controlli trasformarsi in
veri e propri esamifici in cui si realizzano gli interessi di tutti
i protagonisti. I proprietari della scuola incassavano le succose
rette; gli studenti conseguivano un diploma di maturità da spendere
sul mercato del lavoro che mai avrebbero potuto ottenere in una
scuola pubblica; gli insegnanti, invece, trasmettevano il loro
sapere ad allievi di una classe esistente solo sulla carta e
portavano a casa in un anno i 12 punti per scalare senza fatica le
graduatorie ed aspirare ad un posto di insegnamento pubblico. Non a
caso sul banco degli imputati sono finiti non solo i gestori delle
scuole e i discenti ma anche gli stessi docenti: in tutto 26
persone.
Il sistema messo a punto dal gruppo imprenditoriale capitanato da
Dino Galati Rando, ex consigliere provinciale, titolare di fatto di
una miriade di scuole private era articolato. Originari di altre
regioni, dove erano reclutati attraverso scuole private satelliti,
gli studenti per poter sostenere gli esami di maturità nelle sue
scuole avevano bisogno della residenza in terra sicula. Un ostacolo
insuperabile? Niente affatto.
La residenza si inventava «per svolgere attività di volontariato per
conto di un’associazione denominata Jacques Maritan» o «per la
necessità - attestata con tanto di certificati medici - di curarsi
in ambienti climatici marini». Peccato che gli stessi aspiranti
maturandi erano ignari di soffrire di patologie e dell’onlus non
aveva nemmeno sentito parlare. «Non so cosa sia questa Maritan»,
hanno dichiarato alcuni di loro. «Non mi pare di avere problemi di
salute», hanno detto altri. Che la classe fosse fantasma lo hanno
riconosciuto gli stessi insegnanti accusati di aver falsificato i
registri: «In effetti, notai che non c’erano più di 4 o 5 alunni per
lezione», hanno dichiarato due docenti agli inquirenti. E allora
perché i registri erano in ordine e gli assenti presenti? «Era la
segretaria a dirci di lasciarli in bianco. Era lei a riempirli. Ci
faceva intendere che se non lo avessimo fatto ci avrebbero
licenziato. Non ero stata pagata per l’intero anno non volevo certo
rischiare di perdere anche il punteggio che avevo maturato», si sono
giustificate nel tentativo vano di alleggerire le loro posizioni.
«Senza le false attestazioni le classi in cui insegnare non ci
sarebbero nemmeno state», hanno osservato gli inquirenti.
Iscriversi alle scuole paritarie può significare non solo non
frequentare le lezioni obbligatorie. Una delle allieve ha ammesso:
«Agli esami mi sono state fatte domande concordate in precedenza».
Di «domande su argomenti a piacere», ha invece parlato un’altra. Secondo la Procura un ruolo di primo piano nell’organizzazione l’ha svolto Tecla Vitale, la segretaria, moglie di un ufficiale dei carabinieri in servizio in una cittadina limitrofa, indicata da tutti quelli che sono stati interrogati (insegnanti e studenti), come colei che, mutuando le parole che gli uomini della Polizia di Stato hanno usato nell’informativa «dava indicazioni su come compilare i registri di classe e su come aggiustare i voti degli allievi». Chi più di lei conosce il business del settore? Con le indagini in corso si è messa in proprio, creando una società per avviare nuove scuole paritarie. Non l’avesse mai fatto. La donna ha denunciato una serie di episodi di minacce, ricatti e di ritorsione cui sarebbe stata vittima da parte dei suoi ex datori di lavoro che - a suo dire - avevano poco gradito l’inaspettata concorrenza. L’inchiesta è nata da una denuncia dell’ex Provveditore agli studi Gustavo Ricevuto, sul cui tavolo giunse una relazione del presidente (esterno) della commissione d’esame che ci mise pochi minuti per rilevare una serie di anomalie nei registri di classe. Giusto Scozzaro, segretario regionale dell’Flc della Cgil, commenta: «Questa vicenda è tutt’altro che isolata. Il fenomeno, favorito dai mancati controlli, in Sicilia è imponente ma le denunce sono pari a zero: gli unici, in teoria, ad avere un interesse a farle sono i precari delle scuole pubbliche vittime della concorrenza sleale, ma con quali prove? Per porre un freno basterebbe imporre la tracciabilità dei pagamenti ai docenti». |