II ciclo TFA, intervista al Sottosegretario Reggi. Test d'ingresso, "Eviteremo errori del I ciclo". Si lavora ad eliminazione doppio canale TFA e PAS Orizzonte scuola 5.6.2014 di Eleonora Fortunato - Nei giorni in cui vengono diffusi i dati più allarmanti di sempre sulla disoccupazione giovanile, vogliono suonare rassicuranti le parole del Sottosegretario di Stato Roberto Reggi sulla serietà e l’organicità degli interventi che saranno intrapresi per ridare smalto al nostro sistema di istruzione e formazione, a partire dalla selezione e dalla formazione dei docenti. Sottosegretario, qual è la proposta organica di formazione iniziale degli insegnanti e di reclutamento che la squadra del ministro Giannini intende portare avanti? E’ stata fatta una riflessione sul superamento del doppio canale e sulla necessità di stabilizzazione del personale precario? Il MIUR ha avviato una riflessione complessiva sul funzionamento del sistema di istruzione e formazione del nostro paese. Sono stati avviati due cantieri, uno sulla figura docente e uno sulle competenze che si apprendono nelle nostre scuole. La questione della formazione iniziale verrà quindi affrontata nel contesto che le è proprio, ovvero quello dell’intero processo che prosegue con l’assunzione, la formazione in servizio e la valorizzazione della sua professionalità. Nel frattempo non potevamo non dare una risposta a chi si è già laureato e vuole insegnare: la scuola ha bisogno del giusto mix generazionale e quindi anche dei neo laureati, dando al contempo risposte alle legittime aspettative di chi è precario e insegna da molti anni. Per questo abbiamo avviato il II ciclo del TFA e annunciato un concorso per il prossimo anno, continuando ovviamente ad assumere per il 50% dei posti dalle GAE. Nessuna novità rispetto al I ciclo: chi si abilita tramite TFA per il ruolo dovrà aspettare un concorso. Per quel che riguarda i contratti a tempo determinato non cambia nulla: vi si accede tramite le graduatorie esistenti, in base al proprio punteggio. Certamente, a parte alcune specifiche classi di concorso, lo svolgimento dei PAS e dei due cicli di TFA dovrebbe ridurre sensibilmente il ricorso a personale non abilitato, che tornerà così ad avere il carattere di straordinarietà che gli è proprio. La professione docente nella scuola è ad alta qualificazione e richiede per questo uno specifico titolo di abilitazione; quando l’amministrazione ricorre a personale non abilitato lo fa perché vi è costretta. Non dobbiamo inoltre dimenticare che è interesse prioritario di questo Governo risolvere il problema del ricorso sistematico al personale precario per il quale pende un giudizio della Corte di Giustizia europea che indipendentemente da quale sarà l’esito, ci impone di adottare ogni azione utile a far rientrare in una misura fisiologica la proporzione fra personale assunto a tempo indeterminato e personale assunto a termine. Cosa devono aspettarsi i partecipanti alla preselezione e alla selezione del II ciclo TFA? Nuove forche caudine oppure c’è stata una riflessione sull’impostazione dei test preselettivi, che ricordiamo furono al centro di infuocate polemiche nell’estate 2012 (intere pagine di quotidiani dedicate alle domande mal formulate, alle risposte sbagliate, al peso eccessivo dato al nozionismo…)? L’esperienza fatta con il primo ciclo ha fatto optare per un sistema di predisposizione dei test decisamente più attento, con una verifica delle domande. L’errore materiale non può mai essere escluso, nemmeno in processi meno complessi di questo. Tuttavia da parte nostra si sta facendo ogni sforzo affinché la predisposizione delle domande sia accurata e sottoposta a un attento controllo preventivo. C’è stata una fase di ascolto delle università sui problemi che si sono trovate ad affrontare nel I ciclo? Penso per esempio ai ritardi della partenza dei corsi, ai tutor coordinatori che hanno ricevuto i semiesoneri dal loro servizio scolastico a maggio… Abbiamo raccolto informazioni, pareri, esperienze non solo dalle università, che certamente sono state consultate, ma anche da chi rappresenta tutti i soggetti interessati ed è stato fatto un esame dell’esperienza del I ciclo. Il quadro che ne è derivato ha messo in evidenza punti di forza e disfunzioni. Non tutti i corsi sono iniziati con ritardo, mentre tutti i tirocini sono iniziati in ritardo soprattutto per la circostanza da lei richiamata. Stiamo lavorando perché accada i tirocini siano attivati fin dai primi mesi di corso. Scuola e università devono progettare insieme nel quadro delle attività del Consiglio di Corso di tirocinio, che deve avere fra i propri membri fin dall’inizio anche i tutor e i dirigenti scolastici. Gli atti saranno quindi emanati per tempo e chi non opererà secondo i tempi richiesti non avrà più giustificazioni. Le università sono autonome nell’attivazione dei corsi, e questo è senz’altro un bene, ma per esempio un recente rapporto dell’ANFIS evidenzia che le pecche organizzative di cui parlavamo prima si sono poi tradotte in una erogazione di formazione disomogenea sul territorio nazionale… Conosciamo il documento che lei cita e tutti i problemi che ha evidenziato. Non mi piace però il modello “ispettivo” che sembra prevalere in una certa lettura del problema: troverei più utile che il MIUR facesse da supporto e guida a chi, nelle difficoltà di dover gestire una materia delicata come quella della formazione degli insegnanti, ha bisogno di avere informazioni, indicazioni, modelli di riferimento. Vorremmo inoltre aprire un confronto fra gli atenei sull’esperienza fatta, in modo da cogliere da dentro le migliori opzioni e le disfunzioni che si dovessero rivelare. Vi è una grande necessità di collegare al concetto di autonomia, quello di responsabilità, a quello di eterovalutazione, quello di autovalutazione. Se ci si muove su questi terreni sono certo che il sistema della formazione iniziale degli insegnanti si alimenterà di qualità e innovazione. Tra le disfunzioni che gli atenei vi farebbero forse notare ci sono forse anche i 3 CFU che riguardano il tirocinio con gli allievi disabili. Che significato hanno questi crediti se viene contemporaneamente bandito un TFA specifico per il sostegno e se molte scuole secondarie, specie i licei, hanno grandi difficoltà a concentrare schiere di abilitandi intorno ai pochi casi di osservazione disponibili? Qui è bene fare chiarezza sulla diversa natura dei due interventi di formazione che hanno ciascuno una funzione specifica e ben definita. Un conto è formare un docente di sostegno che deve operare direttamente e in prima linea su disabilità / bisogni educativi speciali. Per questo personale è necessario un percorso specialistico dedicato alla funzione che andrà a svolgere per dare pari opportunità agli studenti svantaggiati e alle loro famiglie. Il tirocinio con allievi disabili invece è finalizzato alla formazione che ciascun insegnante deve acquisire circa le strategie didattiche d’aula, l’approccio metodologico curricolare, i protocolli di relazione con l’insegnante di sostegno; sono tutti aspetti che troppo spesso sono mancati nella formazione iniziale degli insegnanti. Una lacuna presente nelle SSIS, e inserita invece nel TFA. Ritengo sia più che mai opportuno che ciascun insegnante che si appresta ad entrare in classe abbia una formazione di questo tipo inserita nel curricolo formativo professionale. Se ci sono difficoltà in alcune scuole, vanno affrontate con spirito costruttivo, salvaguardando le ragioni alla base del provvedimento. Il TFA prima o poi (sarebbe interessante anche capire se c’è un’idea di quali saranno i tempi) cederà il passo alle lauree abilitanti. Pensa che i nuovi percorsi formativi valorizzeranno maggiormente il ruolo della scuola, e quindi anche quello dei docenti in veste di formatori, o continuerà ad esserci uno sbilanciamento a favore delle università? Come ho detto rispondendo alla prima domanda, stiamo predisponendo una proposta organica che poi sottoporremo alla valutazione di tutti i soggetti interessati al buon funzionamento della scuola. Non voglio anticipare nulla per ora; quello che è certo è che qualsiasi percorso dovrà vedere un ruolo più significativo delle scuole, visto che oggi il focus del processo è in mano alle Università. Si rifletterà sulle competenze necessarie, che già sono ben definite anche nel DM 249/2010, sulla lunghezza del percorso, sull’articolazione fra insegnamenti e tirocinio, sulla partecipazione attiva della scuola nel processo di formazione. Gli insegnanti, nell’incarico di tutor e nei laboratori didattici, saranno centrali. Per creare un sistema sinergico e flessibile, capace di resistere ai cambiamenti che l’amministrazione potrebbe voler dare ai modelli adottati. Su questo rifletteremo non senza ascoltare la voce di chi conosce meglio questi meccanismi, e di chi vi ha partecipato: studenti abilitati, università, docenti e dirigenti della scuola. La prospettiva è quella di continuare a ricercare le soluzioni più efficaci in un quadro di riferimento stabile ma con soluzioni dinamiche. Una cosa cercheremo di non fare (e lo stiamo dimostrando con l’attivazione di questo secondo ciclo TFA), l’errore commesso a suo tempo dal governo Berlusconi di interrompere la formazione iniziale degli insegnanti: prima di “passare la mano” ci dovrà essere un convincente sistema alternativo pronto ad entrare in funzione il giorno dopo aver concluso l’esperienza precedente. |