Scuola
e università
Come si recluta un buon insegnante
A due
anni dall’ultimo concorso, si ritorna a parlare di reclutamento
nella scuola. La proposta del ministro Giannini proroga una
graduatoria che doveva avere validità limitata, rimettendo in
discussione i punti fermi raggiunti.
di Daniele Checchi,
La Voce.info
4.6.2014
LA SCUOLA, IL RECLUTAMENTO E IL DOPPIO CANALE
A due anni dal concorso
bandito dall’allora ministro Profumo, si ritorna a parlare di
reclutamento, il problema dei problemi
della scuola italiana. Anche se la riforma Fornero
ha allontanato il rischio di un esodo quasi apocalittico di
insegnanti per raggiunti limiti di età tra il 2010 e il 2020 (così
come prevedeva il Quaderno bianco), il turnover annuale previsto per
i prossimi anni è comunque significativo e richiede una
programmazione di assunzioni adeguata.
Il ministro Giannini ha perciò presentato un piano di reclutamento
che, sulla scia di quanto già indicato dal precedente ministro
Carrozza, prevede l’inserimento graduale di circa
63mila insegnanti nel corso dei
prossimi tre anni scolastici (29mila nel 2014-15,
22mila nel 2015-16 e 12mila nel 2016-17). Il problema è stabilire un
criterio per le nuove assunzioni.
I precedenti Governi avevano delineato una procedura di reclutamento
basata su due obiettivi fondamentali.
Il primo era quello di rispondere alle esigenze dei molti lavoratori
precari presenti all’interno della scuola. Il secondo assunto era
quello di definire chiaramente un percorso formativo e
abilitante per i futuri partecipanti ai concorsi a cattedra
banditi con frequenza biennale. Il decreto 356/2014 presentato il 25
maggio dal ministro sembra invece riaprire il dibattito e mettere in
discussione anche questi assunti.
Come nel 2012, infatti, anche oggi si devono fare i conti con i
precari storici
inseriti nelle graduatorie a esaurimento che da anni permettono alla
scuola italiana di funzionare. Non solo: si devono ricordare i
diritti di quanti hanno investito tempo e denaro per frequentare le
scuole (Ssis, Silsi) che negli anni passati hanno permesso a molti
di ottenere un’abilitazione alla fine di un percorso faticoso. Si
devono poi dare risposte ai tanti che, passando attraverso una
selezione, si sono abilitati attraverso i tirocini formativi attivi
(Tfa) nel 2012-13 in vista della partecipazione ai futuri concorsi.
E come dimenticare le esigenze dei vari precari che, pur non in
possesso di abilitazione, hanno frequentato i percorsi abilitanti
speciali (Pas) per partecipare ai concorsi? Tante categorie,
altrettante esigenze.
Nel 2012, per trovare una sanatoria
parziale di queste situazioni passate, prima dei
nuovi concorsi ne fu bandito uno solo per insegnanti già in possesso
del titolo di abilitazione, comunque conseguito, o di titoli di
studio legati al vecchio ordinamento universitario. La procedura
introduceva la novità di fare concorsi validi per vincere le
cattedre messe a bando per i tre anni
indicati, senza concedere (ecco la novità) alcuna
possibilità di avanzare pretese per ulteriori posti che si sarebbero
liberati negli anni successivi.
Con l’obiettivo di sistemare molti che già da anni lavoravano nella
scuola, il concorso aveva escluso la
partecipazione dei giovani laureati che erano invece
indirizzati a conseguire un titolo di abilitazione attraverso la
frequenza di percorsi di formazione/abilitazione (Tfa e in un
secondo tempo i Pas). Il regime di doppio canale per l’entrata era
peraltro coerente con la normativa vigente in materia di assunzione:
il testo unico 297/94 prevede che le assunzioni avvengano per metà
attingendo dalle graduatorie a esaurimento e per l’altra metà dalle
graduatorie di merito dei concorsi per titoli ed esami.
Insomma, il dibattito sviluppatosi due anni fa sembrava aver posto
alcuni punti fermi: non ampliare il numero dei docenti presenti
nelle graduatorie a esaurimento, impedendo ulteriori inserimenti, e
costruire bandi di concorso tesi a non alimentare le aspettative di
quanti non erano collocati abbastanza in alto in graduatoria da
vincere una delle cattedre messe a bando.
Oggi a soli due anni di distanza, con il decreto 356 del 25 maggio
2014 il ministro Giannini proroga la
validità delle graduatorie del concorso ordinario
del 2012 e dichiara che gli idonei presenti nella graduatoria di
merito di questo concorso hanno titolo,
a decorrere dall’anno scolastico 2014-15, a essere destinatari di
contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il rischio è che
questa decisione rimetta in discussione i punti fermi fissati con
fatica nel recente passato.
IL RISCHIO DI NUOVI CONTENZIOSI
Il rischio è che il
nuovo decreto apra un’altra stagione
di contenziosi.
Il bando del concorso del 2012 per le sue finalità di stabilizzare
una situazione difficile di precariato aveva privilegiato quanti già
operavano da anni all’interno della scuola, rendendo praticamente
impossibile la partecipazione al concorso dei più giovani che
venivano “rimandati” a un futuro concorso che avrebbe dovuto essere
bandito immediatamente dopo la conclusione dei primi cicli di Tfa
iniziati nello stesso 2012.
Il prolungamento della durata della graduatoria di merito dei
concorsi del 2012 e la sua trasformazione in graduatoria di idonei
(includendo cioè tutti quelli che hanno superato il concorso e non
solo chi si è collocato nelle posizioni di testa utili per
“conquistare” le poche cattedre messe a bando) allontana di altri
due anni la possibilità per i giovani di ottenere un contratto di
lavoro a tempo indeterminato,
condannando la scuola italiana a essere una scuola con un corpo
docenti sempre più vecchio.
Oltre a ciò se si definisce il diritto di quanti sono in graduatoria
di merito a ottenere un incarico a tempo indeterminato come sarà
possibile, passati gli anni scolastici 2014-15 e 2015-16 (gli anni
di validità della graduatoria secondo il ministro) escludere tutti
gli altri? E non si tratta di bazzecole: a fronte di 12mila cattedre
messe a bando si sono formate graduatorie di merito con circa 40mila
docenti. Se diritto c’è, deve essere garantito a tutti e allora ecco
riaprirsi un fronte di possibili contenziosi con pesanti conseguenze
sulla certezza e sui tempi del reclutamento, oltre che sulla
funzionalità delle stesse istituzioni scolastiche.
CHIAREZZA E
RIGORE NELLE PROCEDURE AMMINISTRATIVE
Il ministro nel
rispondere ad alcuni quesiti che le sono stati posti in Parlamento
ha giustificato questa decisione riferendosi alla norma (citata in
precedenza) che impone di accedere a
due graduatorie differenti per le assunzioni e alla
necessità di avere una graduatoria di concorso per esami e titoli
cui attingere per l’anno scolastico 2015-2016, quando ancora non
sarà in essere la graduatoria del concorso che dovrebbe svolgersi
nel 2015.
Se tuttavia il problema è avere sempre a disposizione due
graduatorie differenti per l’assunzione a tempo indeterminato nella
scuola, allora devono essere banditi concorsi per coprire i posti
che via via si liberano con scadenze regolari. Se invece una
legislazione ancora in essere impedisce di innescare nuove procedure
concorsuali fino a che esistono delle graduatorie di idonei di un
concorso precedente, allora non è facile spiegare perché il concorso
bandito nel 2012 dal ministro Profumo non tenesse in dovuta
considerazione questa norma (Tu 297/94 art. 400).
Chi ha partecipato a questo percorso concorsuale era convinto di
concorrere per ottenere le cattedre messe a bando e non per entrare
in una graduatoria dalla durata pluriannuale.
Chi ha scelto di non partecipare
a un concorso che prevedeva certe regole che cosa deve
pensare oggi che le regole sono cambiate in corso d’opera (a fine
opera, veramente)?
I ricorsi che a valanga si abbattono sui più recenti concorsi
gestiti dal ministero sembrano indicare che in questa fase sono
necessarie regole il più possibili chiare e semplici, che lascino
pochi margini a operazioni di aggiustamento di percorso.
Infine, il ritorno in primo piano della discussione sulle
graduatorie ha purtroppo messo in ombra il tema principale connesso
al reclutamento, cioè quali caratteristiche deve avere un docente
per essere il buon insegnante della scuola del 2020.