Progressione di carriera: si fa presto a dire
di Antonio Valentino,
Pavone Risorse
9.6.2014
I punti nodali
La questione non è di
quelle che si possono mettere nell’agenda politica per oggi o
domani.
Tuttavia, sciogliere alcuni nodi può aiutare a chiarirci meglio che
tipo di scuola vogliamo e tentare sperimentazioni che non imbriglino
le ali delle scuole che vogliono muoversi o continuare a muoversi
con maggiori possibilità di riuscita .
Sulla questione, questi mi sembrano i punti nodali su cui è
possibile, dopo i molti dibattiti degli scorsi anni, registrare
convergenze.
1. L’ottica.
Parlare – come ha fatto il ministro subito dopo essersi insediata,
ma anche nelle “uscite” successive - della progressione di carriera
partendo dall’idea di tagliare gli scatti di anzianità non è cosa
che aiuta, soprattutto nell’attuale situazione di blocco prolungato
dei contratti. Oggi, più che nei periodi precedenti, la questione
docenti è centrale in qualsiasi progetto che si prefigga di far
ripartire la nostra scuola. Il problema è come rendere i
docenti protagonisti di questo progetto, mettendo in campo
proposte sensate e mobilitanti.
Anche un ripensamento radicale dell’attuale modello di progressione
di carriera, se sviluppato in questa ottica, può quindi contribuire
ad avviarne il superamento.
2. Il
dato da cui partire. L’idea di una scuola formalmente
affidata alla leadership esclusiva del DS non ha più ragion
d’essere. Oggi la scuola per essere governata ha bisogno del
concorso responsabile di una serie di figure che rendano possibile
un funzionamento che produca risultati. Gli attuali livelli di
complessità (i nuovi parametri per il dimensionamento, i nuovi
bisogni formativi e la nuova domanda di istruzione, le sfide globali
- e, prima fra tutte, quelle della formazione come fattore di
uguaglianza-, ma anche l’esplosione delle nuove tecnologie),
impongono il superamento degli attuali assetti organizzativi. Non ha
senso infatti che funzioni fondamentali per la vita della scuola
(dal funzionamento ordinario, al coordinamento di spazi vitali come
i dipartimenti o le aree di progetto, la cura dello sviluppo
professionale e i rapporti col territorio e le altre scuole) vengano
assunte a titolo assolutamente volontario e senza garanzie di
continuità e di formazione specifica, oltre che di riconoscimenti
adeguati, e quindi motivanti.
3. La
natura delle figure di cui abbiamo bisogno.
Nasce dalle considerazioni del punto precedente. Abbiamo bisogno,
per queste funzioni aggiuntive, di figure
attrezzate, stabili, di sistema (nel senso che vanno
garantite a tutte le scuole, in coerenza con l’ordine a cui
appartengono e in misura congruente con il numero di studenti e le
loro caratteristiche), il cui lavoro, opportunamente valutato,
permetta adeguati riconoscimenti economici e di carriera.
4. Le
aree di intervento. Le esperienze
e le riflessioni degli ultimi decenni (almeno due! Per dire la
velocità del nostro paese) hanno permesso approdi sostanzialmente
condivisi, anche se le diverse “versioni” presentano scostamenti
anche di peso (v. in proposito il contributo di Fiorella Farinelli,
Non solo insegnanti: le figure di sistema, in “Rivista
dell’Istruzione”, n. 6 – 2013).
Nella
Scheda 1 si propone un quadro
che mette insieme figure di coordinamento e di collaborazione, come
figure di Istituto, e figure, come dire, di interfaccia tra scuole,
tra scuole e territorio, ecc. che necessitano di competenze più
specialistiche.
scuole, tra scuole e terrirorio, ecc. che
necessitano di competenze più specialistiche.
SCHEDA 1
Aree di intervento e
relative funzioni
1.
Coordinamento
didattico-organizzativo (dipartimenti, Consigli classi
parallele, gruppi di progetto …)
2.
Collaborazione gestionale
3.
Orientamento tutoring
counseling
4.
Cura e sviluppo laboratori,
spazi, arredi
5.
Valutazione e sviluppo (Autovalutazione
/ Rilevazioni statistiche nazionali e internazionali
/Aggiornamento e formazione /Tecnologie
informatiche)
6.
Coordinamento territoriale
(Rapporti /Reti / Progetti europei) |
Timori e diffidenze
Sappiamo da cosa
nascono le diffidenze su tali questioni: si teme una scuola
gerarchizzata, una “scuola di capi e capetti” che intorpidisca il
clima di scuola e scateni “sgomitamenti”, gelosie, comportamenti
“divisivi” che costituiscono un rischio pesante che non si può
assolutamente correre. Per allontanare tale rischio vanno pertanto
previsti scelte e dispositivi che non solo garantiscano /
favoriscano trasparenza, ma che non siano di ostacolo ad un clima
collaborativo.
D’altra parte il timore dei rischi non può condannarci
all’accettazione della situazione attuale. Perciò diventa
imprescindibile l’impegno di tutti i soggetti interessati (in primo
luogo: il ministero, ma anche le organizzazioni sindacali, le
associazioni professionali e gli istituti competenti, le scuole da
sole o in rete) su questo terreno.
Gli interrogativi centrali
Interrogativi centrali
sull’argomenti sono ovviamente quelli che entrano nel merito
• ia
del “come” si apprezza e si riconosce il lavoro a scuola
(strumenti e modalità: accertamenti, valutazioni, certificazioni,
….), ai fini dei riconoscimenti economici e della progressione di
carriera (“orizzontale” e “verticale”– v. Scheda 2);
• sia
del “chi” apprezza e riconosce.
Interrogativi che
richiedono però a premessa - per una discussione di merito che parta
col piede giusto - alcune considerazioni e punti (possibilmente)
fermi.
Partire col piede giusto è chiarire, per esempio, che questa
operazione non vuole nascondere o camuffare ulteriori tagli alle
retribuzioni del personale e che, in ogni caso, a. le risorse
previste (in monte salari complessivo) dagli attuali accordi
contrattuali non vengano messe in discussione; b. qualsiasi discorso
sul blocco, anche se parziale, degli scatti di anzianità, non possa
significare soppressione di diritti finora acquisiti.
Non solo. Occorrerebbe fare chiarezza sul senso, sulle modalità e
anche sulle caratteristiche degli strumenti che si intendono
utilizzare per la valutazione delle esperienze e dei risultati.
Premesso che dalla valutazione delle esperienze e dei risultati non
si può prescindere - se si vuole fare, al riguardo, un discorso che
sia non solo non generico e non fumoso, ma anche equo - occorrerebbe
anche chiarire che:
uno: le
procedure siano il più possibile, non solo trasparenti, ma anche
semplici da praticare (il che non significa non rigorose);
due: le modalità siano, per così dire, ordinarie. Andrebbero
perciò escluse pratiche valutative lunghe, costose, sofisticate,
inutilmente ansiogene, come lo sono le prove e gli esami e le
tipologie di colloqui della nostra tradizione valutativa ufficiale.
E andrebbe valorizzato
preliminarmente il momento autovalutativo, prima degli ulteriori e
necessari passaggi valutativi da parte delle figure ad essi
preposti.
SCHEDA 2
Progressione
“verticale”.
Si
realizza attraverso
passaggi a incarichi e ruoli di livello superiore (DS,
Dirigenza Tecnica, Dirigenza Amministrativa
….)
a fronte di crediti professionali acquisiti nei diversi
ambiti della funzione docente, certificati da personale
competente, “quantificati”
sulla base di apposite griglie predisposte dall’INVALSI
e/o Istituti esperti, e validi a fini concorsuali nelle
aree professionali in cui le competenze acquisite e
dimostrate possono trovare sbocco.
Progressione
“orizzontale”.
Si
realizza attraverso il passaggio a livelli di
carriera e quindi a posizioni stipendiali (in numero da
definire, ma comunque circoscritto)più
elevate. Ai vari
livelli si accede con i crediti acquisiti attraverso le
esperienze realizzate (cura e sviluppo professionale,
incarichi e funzioni
…),
opportunamente valutate e certificate. Tali crediti
dovrebbero essere debitamente considerati e riconosciuti
a.
per posizioni organizzative
(incarichi) di maggiore responsabilità,
all’interno
del ruolo docente (coordinare progetti europei,
presidiare le attività
di autovalutazione di istituto e progetti di
sperimentazioni e ricerca…),
ma anche
b.
per ricoprire, ove si
abbiano ovviamente le competenze specifiche, ruoli
professionali, diversi dall’insegnamento,
e inscrivibili comunque nell’area
dell’educazione
(educazione alimentare , ambientale, sanitaria,
funzioni di counselling o di orientamento
professionale); funzioni e ruoli indispensabili nella
scuola dell’autonomia
per far fronte a nuove necessità
formative, ma anche per dare gambe ai progetti dell’autonomia
in direzione di un miglioramento continuo, dentro il
singolo Istituto o in reti di scuole.
Cfr.,
rispetto al punto a. la proposta della Ricerca TREELLE
del 2004
“Quali
insegnanti per la scuola dell’autonomia”,
in Quaderno 4, pp. 121-123, che parla di tre livelli e
quindi di tre tipologie di docenti: l’ordinario,
l’esperto,
l’eccellente |
Ragionamenti per una proposta
A questo proposito, una
ragionamento che in prima approssimazione si potrebbe fare,
si ipotizza possa ruotare intorno a due strumenti che appartengono,
a titolo diverso, al mondo della scuola.
Mi riferisco al sistema dei crediti (crediti è parola
chiave negli scrutini finali nel triennio della secondaria superiore
e nella valutazione conclusiva degli esami di stato, ma anche nei
percorsi di formazione a fini abilitanti), e al portfolio
delle esperienze e delle competenze riconosciute .
Rispetto al “come”: Portfolio e
crediti.
Qui, per
sistema di crediti si intende l'insieme di riconoscimenti
certificati, conseguenti sia alle attività di sviluppo
professionale, sia allo svolgimento di incarichi aggiuntivi
all’insegnamento e ai loro risultati.
Tali crediti, assieme alle esperienze realizzate nell'ambito della
propria funzione e coerenti anche lato sensu al proprio
ruolo, potrebbero rientrare in un apposito portfolio, che
andrebbe predisposto
a. secondo
un format da valere a livello nazionale (potrebbero farsene
carico l’INVALSI e altre strutture / agenzie competenti);
b. sulla
base di indicazioni preliminari su questioni chiave, quali: in cosa
dovrà consistere il credito (punteggi o giudizi in scala per
ciascuna attività che si intende considerare e premiare); in che
misura va accordato per le varie attività, iniziative o incarichi
ricoperti; i valori massimi e minimi dei crediti per ciascuna
attività, in modo da attribuire la necessaria discrezionalità a chi
i crediti poi effettivamente dovrà riconoscerli).
Probabilmente nel
portfolio, non dovrebbero trovare posto esperienze
professionali e formative che non siano certificate; e la sua
struttura dovrebbe offrire, a chi di competenza, uno schema logico e
operativo di riferimento per l’attribuzione dei crediti, in vista
dei “passaggi” valutativi previsti .
Rispetto al “chi”.
Le proposte da
sperimentare su "chi valuta" dovrebbero soprattutto obbedire ai
criteri sia della viciniorità del valutatore rispetto agli
“oggetti” valutativi (incarichi, attività, esperienze da valutare);
sia della omogeneità nell’applicazione dei criteri adottati a
livello nazionale; sia della rendicontabilità sociale.
Quanto ai soggetti “giudicanti”, penso si debba ragionare su
"figure" che obbediscano ai criteri suesposti, come, ad esempio :
-
Comitato di
valutazione di scuola così come previsto dal ddl della scorsa
legislatura (non andato in porto) sulle Norme di autogoverno
delle scuole (e questo, almeno in prima battuta), per le
esperienze e le attività da valutare annualmente;
-
DS, all’interno del
Comitato di valutazione, per gli aspetti più legati alle sue
competenze specifiche (rispetto delle regole interne,
correttezza negli adempimenti, ….),
-
Dirigente tecnico
(coadiuvato dal DS), che entra nelle procedure di progressione
per verificare - quando verrà richiesto dall’insegnante e dalla
scuola e in uno specifico colloqui
a. le dichiarazioni
e la documentazione del portfolio,
b. la correttezza e
l’adeguatezza dei crediti riconosciuti ai fini del passaggio,
c. la
valorizzazione o meno del percorso autovalutativo
dell’insegnante interessato o di parti del portfolio meritevoli
di approfondimenti.
Suo compito conclusivo
dovrebbe essere quello di decretare il passaggio al livello
superiore del percorso di carriera.
La valutazione reputazionale?
Ragionarci
Andrebbe altresì
considerata l'eventualità di sperimentare il coinvolgimento di
genitori e, nelle superiori, anche di studenti maggiorenni;
ovviamente, a determinate condizioni.
Tra le condizioni va previsto, ad esempio, che il giudizio sui
docenti interessati ai vari passaggi debba riguardare esclusivamente
alcuni specifici fattori. Nella
ricerca citata (v. scheda
1) di TREELLE (p. 131) si
parla di “impegno, aspetti deontologici, equilibrio relazionale,
imparzialità nel giudizio, prestigio personale ecc. “.
Andrebbe anche prevista una opportuna selezione delle persone da
coinvolgere, così da escludere genitori e studenti "sospettabili"
di rancore e ostilità, per casi di bocciatura o altro, nei confronti
dei docenti valutati.
La questione è certamente delicata e pone problemi, ma non si può
sottovalutare il fatto che una misura di questo tipo potrebbe
rappresentare una prima rottura con le logiche autoreferenziali che
da sempre caratterizzano i comportamenti delle scuole e dei suoi
operatori. Comunque andrebbero evitate demonizzazioni al riguardo e
andrebbero esplorati i rischi (e la loro natura) e le potenzialità
di pratiche di questo tipo, laddove sono state realizzate.
Il problema delle risorse e l’ipotesi
di sperimentazioni.
Nessuno può pensare
ovviamente che questa operazione possa essere a costo zero.
Valorizzazione e riconoscimenti comportano risorse economiche in
misura non trascurabile. E la stagione economica e finanziaria
attuale – ma tale considerazione varrà per almeno un altro triennio
- non è di quelle che possono far pensare a riforme “pesanti”
nell’immediato. Constatazione questa che porterebbe a rinviare a
tempi non prevedibili qualsiasi intervento su questo terreno, con
conseguenze facilmente immaginabili rispetto allo stato di cose
esistenti.
Pensare pertanto, nel frattempo , sperimentazioni al riguardo - e
favorirle - può rappresentare un modo per offrire già da subito,
alle scuole disponibili e “attrezzate”, opportunità di verificare la
fattibilità di proposte organiche da mettere bene a punto,
raccogliendo indicazioni utili in vista di scelte definitive per il
decisore politico, da far valere per l’intero territorio nazionale.
Ovviamente progetti sperimentali al riguardo dovranno
-
prevedere
accorgimenti opportuni,
-
essere
riconosciuti a livello ministeriale
-
avvalersi di
garanzie, da parte di Istituti e agenzie competenti
-
poter contare,
comunque, su risorse certe per le scuole che vogliano impegnarsi
su questo terreno.
Conclusioni su presupposti e condizioni
generali
Va conclusivamente
richiamato che tutti questi ragionamenti presuppongono però
politiche governative che ridiano prestigio e autorevolezza al
lavoro docente: parole e gesti puramente decorativi non bastano a
garantire nuova centralità all’istruzione e alla ricerca nel nostro
paese.
Ma presuppongono anche un recupero di orgoglio e di impegno del
mondo della scuola, e una funzione diversamente propulsiva delle
associazioni professionali e delle organizzazioni sindacali.
In questa visione, l’approccio più corretto e mobilitante non può
quindi partire da parole d’ordine irritanti come l’eliminazione
degli scatti di anzianità o anche da formule che, senza ragionamenti
sulle condizioni e i presupposti, potrebbero apparire magiche.
E fare invece diventare centrali parole d’ordine come: lotta
all’immobilismo e all’attuale situazione di palude, valorizzazione
(soprattutto) della figura docente, a partire dal lavoro d’aula e
dalle “funzioni aggiuntive” che la nuova complessità organizzativa
richiede.
È troppo?
Decisamente sì. Comunque.…