Censis: La scuola non funziona più Tuttoscuola, 26.6.2014 Studiare non funziona più da ascensore sociale e il sistema educativo sta perdendo la tradizionale capacità di garantire opportunità occupazionali. Lo rileva uno studio del Censis “Il vuoto della sfiducia crescente nella scuola”, messo a tema nell’ambito dell’annuale appuntamento di riflessione di giugno “Un mese di sociale”, giunto alla XXVI edizione, dedicato quest’anno al tema “I vuoti che crescono”. Le statistiche dicono che al primo ingresso nel mondo del lavoro, solo il 16,4% dei nati tra il 1980 e il 1984 è salito nella scala sociale rispetto alla condizione di provenienza, il 29,5% ha invece sperimentato una mobilità discendente. E la scuola non riesce a svolgere la funzione di riequilibrio sociale per i ragazzi provenienti da famiglie svantaggiate: l’abbandono scolastico tra i figli dei laureati è un fenomeno marginale (2,9%), sale al 7,8% tra i figli dei diplomati, ma interessa quasi uno studente su tre (il 27,7%) se i genitori hanno frequentato solo la scuola dell’obbligo. L’uscita precoce dai circuiti scolastici riguarda il 31,2% degli studenti i cui genitori svolgono professioni non qualificate. Tra il 2008 e il 2013 la domanda di lavoro in Italia ha continuato a concentrarsi soprattutto sui livelli di studio bassi, gli unici a registrare un andamento positivo (+16,8%), a scapito sia dei titoli medi (-3,9%), sia di quelli più elevati (-9,9%). In questo periodo sono aumentati del 32,7% i diplomati e del 36,6% i laureati occupati in professioni che richiedono bassi skill. Il fenomeno dell’“overeducation” nel mercato del lavoro riguarda sia le lauree “deboli” (43,7%) sia le lauree ritenute più forti (57,3%), e tocca anche un ingegnere su tre. E la sfiducia favorisce gli abbandoni scolastici. Nell’anno scolastico 2013/2014 risulta “disperso” nell’arco di un quinquennio il 27,9% degli studenti, pari a circa 164mila giovani. Complessivamente, si può stimare che la scuola statale ha perso nel giro di 15 anni circa 2,8 milioni di giovani, di cui solo 700mila hanno poi proseguito gli studi nella scuola non statale o nella formazione professionale, o hanno trovato un lavoro. L’11,4% degli studenti abbandona gli studi tra il primo e il secondo anno, e un altro 2,5% tra il secondo e il terzo anno. Tra i 30-34enni, gli italiani laureati sono il 20,3% contro una media europea del 34,6%. E l’andamento delle immatricolazioni mostra un significativo calo negli ultimi anni. Rispetto all’anno precedente, nell’anno accademico 2011/2012 si sono registrate circa 9.400 immatricolazioni in meno (-3,3%). Il tasso di passaggio dalla scuola all’università tra i 18-19enni è sceso dal 50,8% del 2009/2010 al 47,3% del 2011/2012. Anche tra chi si iscrive all’università emergono presto segni di stanchezza e disaffezione. Nel 2011/2012 ha abbandonato gli studi tra il primo e il secondo anno il 15,4% degli iscritti alle lauree triennali e il 10% degli iscritti alle lauree a ciclo unico. Solo uno studente su quattro arriva a conseguire il titolo alla fine dei tre anni canonici e il 43,6% si laurea in un corso diverso da quello di immatricolazione. La quota di immatricolati che arrivano a conseguire il titolo triennale è intorno al 55%, contro il 70% nei Paesi dell’Ocse. Ed è in forte crescita la mobilità verso l’estero: tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%, passando da 41.394 a 62.580. Chi può si rivolge sempre più oltreconfine per trovare quelle opportunità di realizzazione sociale che non trova in Italia. |