Scuola, se il futuro in rete Tutto nasce dai figli del panettiere e della guardia foresta di Marettimo: come mandarli alle medie? Da lì inizia uno dei progetti di lezioni a distanza in tanti istituti che si sono incontrati a Roma per la prima volta. Con tanti problemi... di Cinzia Gubbini, la Repubblica scuola 30.6.2014 Se in Italia la scuola comincerà a fare sul serio con le nuove tecnologie, forse bisognerà dire grazie a un panettiere e a una guardia forestale. Sembra un paradosso, ma è andata così: era il 2007 quando a Marettimo, piccola isola delle Egadi che conta poche centinaia di abitanti, i figli del panettiere e della guardia forestale, Jessica e Gaspare, erano ormai in età di scuola media. Ma a Marettimo la media non c'è, e per i due ragazzi e le loro famiglie l'unica scelta possibile era l'emigrazione, probabilmente verso Trapani. Ma l'isola poteva rinuciare al pane e alla guardia forestale? E possibile che nell'era di internet non ci fosse il modo di permettere a quei ragazzi di fare scuola? Fu così che il "caso" di Gaspare e Jessica divenne la spinta decisiva per avviare una sperimentazione un po' più robusta sulla didattica a distanza, che già allora comiciava ad affacciarsi in alcune parti d'Italia. Fondamentali, come sempre accade quando si tratta di partire, furono alcune persone creative e qualche appendice istituzionale più "sensibile": una professoressa come Ermelinda Guarino, per esempio, dell'Istituto Comprensivo Mineo di Favignana, che scovò possibili fondi da utilizzare tra quelli strutturali europei, e l'Indire, il più antico istituto di ricerca legato al ministero dell'Istruzione, che si occupa proprio di ricerca e innovazione. E' così che nasce il progetto Marinando (MARettimo In Ambiente di AppreNDimento On line). Una scuola su schermo. Per Jessica e Gaspare, che oggi sono alle superiori e hanno dovuto comunque lasciare Marettimo, la scuola media non è stata uguale a una scuola "normale", ma sotto alcuni aspetti più stimolante, certamente di qualità e comunque migliore di un eventuale insegnamento erogato "in privato" con il precettore "a domicilio". "Non dobbiamo mai dimenticare che l'apprendimento non è puro assorbimento, fondamentale è l'ambiente sociale. E la rete permette proprio di allargare questo ambiente", dice Giovanni Biondi, presidente del Consiglio di amministrazione di Indire. Gaspare e Jessica avevano a disposizione un insegnante di italiano e uno di matematica. Per le altre materie si collegavano ogni giorno in videoconferenza con due istituti fiorentini, che avevano aderito con entusiasmo all'iniziativa. Per i ragazzi c'era a disposizione un blog, su cui scambiarsi esperienze e impressioni. L'esame di terza media lo fecero su Ipad. Oggi la scuola media di Marettimo si collega con la scuola di Favignana, come è logico, permettendo incontri più frequenti tra compagni di scuola. Lo spopolamento dell'isola è rallentato: oggi si parte solo per continuare le superiori. Sulle spalle di pochi. Certo, non basta accendere un computer. Perché come spiegano i dati Ocse i corsi online, ormai aperti ovunque nel mondo anche dalle più prestigiose università (i Massive Open Online Courses), hanno risultati pessimi sul numero di iscritti che riescono a completare il corso: solo il 20% arriva alla meta. "Questo ci dice che il ruolo del tutor, del professore è basilare - dice ancora Biondi - Ma come deve cambiare? Che succederebbe se distruggessimo la lezione? Cioè se i ragazzi arrivassero a scuola avendo già appreso i concetti, e tra i banchi si discutesse, invece che spiegare?". Scenario futuristico ma all'ordine del giorno tra chi fa ricerca sulla didattica. Per ora quel che è certo è che, in Italia, se l'innovazione "scoppia" non è perché il "sistema" spinge dall'alto, ma perché qualcuno spinge dal basso. E' stata proprio la professoressa Guarino di Favignana a spiegarlo, in un convegno organizzato a Roma da Indire in cui per la prima volta si sono incontrate le "piccole scuole", che stanno crescendo proprio grazie alle nuove tecnologie. Manca l'autostrada. "Abbiamo trovato la soluzione quando abbiamo smesso di lamentarci e abbiamo cambiato prospettiva. Oggi le nostre sono classi ad altissima densità tecnologica. Ma ci sentiamo come una Ferrari senza l'autostrada", dice Guarino. Chi fa innovazione spesso è frenato dalla mancanza di infrastrutture. A partire dalla banda larga. Che sarebbe indispensabile anche per chi, spesso comuni montani, invece di applicare la "didattica condivisa" sperimenta un altro modello possibile: la "didattica allargata". Si fa, per esempio, a Corniglio in provincia di Parma, sull'Appennino Tosco-Emiliano. Qui ci sono molte pluriclassi e grazie al progetto "Scuola@Appennino" e alle nuove tecnologie, è stato possibile sviluppare progetti didattici condivisi, in cui professori e alunni lavorano insieme in "cloud". Oggi quello di Corniglio è diventato il modello per un progetto europeo. Nuove leggi. Insomma, l'Italia ancora oggi è un polo di eccellenza, quando ci si mette. Come dimostra anche la storia dell'imprenditore Andrea Pontremoli: originario della Val Ceno in provincia di Parma, è arrivato alla vetta della carriera guidando la Ibm Italia. Poi ha lasciato, per tornare in Val Ceno e mettersi alla guida della Dallara Automobili che sta collezionando ottimi risultati nella componentistica per le auto da corsa. "Ho girato tutto il mondo, ma le mie figlie sono cresciute a Bardi, nella mia valle, e hanno studiato grazie alla didattica condivisa: la mettemmo su con i ponti radio". Oggi Dallara collabora con le scuole della Val Ceno. Ha messo in piedi un centro studi di successo rivolto ai diplomati disoccupati: "Le aziende fanno a gara per accaparrarsi i nostri studenti". Eccellenze, che però rimangono isolate. "Biosgna che queste scuole, piccole solo per dimensione, diventino un seme per tutto il Paese.", dice Marco Campione del Miur. Per ora, una legge che aiuta queste esperienze c'è già, ed è quella che permette la creazione di centri didattici digitali. Un'altra è in gestazione alla Camera: dovrebbe garantire la continuità educativa nelle scuole "estreme", assicurando degli incentivi ai professori e al personale Ata che accettano di andare a lavorare in questi piccoli Comuni. Sperduti, ma potenzialmente faro per il futuro. |