Ancora sulla non-oggettività dei test INVALSI. Lettera aperta al prof. Tito Boeri inviato da Vincenzo Pascuzzi, 1.6.2014 Il motivo di questa lettera è quello di arrivare alla fonte della affermazione relativa alla “oggettività” dei quiz Invalsi. Su tale dichiarata (e presunta) oggettività trovano fondamento molti ragionamenti, affermazioni, conclusioni, posizioni dialettiche sostenute con convinzione da chi afferma la bontà e l’utilità dei test. L’oggettività dei test Invalsi infatti costituisce una specie di postulato cioè un’affermazione non dimostrata né dimostrabile. Se tale postulato viene riconosciuto fasullo bisognerà rivedere tutto - o molto - riguardo all’Invalsi e riconsiderare le modalità della valutazione. Perché la lettera è indirizzata a Tito Boeri? La oggettività dei test era stata dapprima evidenziata e contestata a Corrado Augias (*), che però aveva schivato la domanda rispondendo: “Mi fido delle osservazioni e dei cambiamenti suggeriti dal prof Tito Boeri che stimo – se le prove sono valide in buona parte d’Europa perché da noi no?” Da qui la chiamata in causa del prof Boeri con l’auspicio che non indichi una ulteriore terza persona …. di cui lui stesso ciecamente si fida, a sua volta! Oltre la presunta oggettività, ci sono altri aspetti caratteristici Invalsi sui quali bisognerà discutere e confrontarsi. È ancora Tito Boeri, nell’articolo “La rivolta dei ragazzi contro i quiz a scuola” (la Repubblica, 15 maggio 2014) che riconosce alcune criticità della valutazione Invalsi, fino ad ammettere, ma a denti stretti (così pare) che “Questo non vuol dire che i test Invalsi non siano perfettibili. Tutti i test lo sono …. “. Ma questa ammissione è una prima e minima conseguenza delle azioni di contrasto e di protesta, che peraltro vengono criticate a priori, senza ricercarne le cause, né verificarne la fondatezza. L’Invalsi, dal suo canto, tace e sfugge. Ancora, tre anni prima nel 2011, il prof Boeri concludeva il suo articolo “Cari prof, studenti, genitori essere valutati non è ‘umiliazione’” (la Repubblica, 30 maggio 2011) con la seguente frase: “Le reazioni al mio intervento su Repubblica comunque dimostrano che l'Invalsi (e il ministro che in questi mesi si è impegnata soprattutto a difendere la condotta non solo diurna del nostro presidente del consiglio) abbiano fatto di tutto per non informare gli insegnanti. Molte delle domande che sono state poste al sottoscritto, andrebbero in effetti girate all'Invalsi. Mi auguro che molti di coloro che mi hanno scritto, cambino il destinatario e che l'Invalsi dedichi a queste richieste di chiarimento la dovuta attenzione.” Da allora sono cambiati quattro ministri (Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini) e due presidenti Invalsi (Sestito e Ajello), ma nessuna risposta diretta o indiretta è venuta, nessuno spiraglio di dialogo o confronto si è aperto.
Lettera aperta a Corrado Augias - 30.5.2014
È stata l’insistente e spietata propaganda dell’Invalsi a instillare
in buona parte dell’opinione pubblica (compresi alcuni docenti e
presidi) l’esistenza di alcune false verità, quali: l’oggettività
delle prove, appunto, la possibilità di misurare il sapere (o le
conoscenze, o le competenze), la paura occulta che avrebbero i
docenti di essere anch’essi valutati-misurati, il fatto che in
tutt’Europa tutti misurano scuole, studenti, docenti proprio con
modalità identiche o simili a quelle dell’Invalsi. La rete internet,
più che i quotidiani, confermano quanto qui sintetizzato. Di seguito
alcuni link recenti.
A ulteriore conferma, anche la prof. Simonetta Rossi – alla cui
lettera lei risponde sulla Repubblica di oggi – fa riferimento a un
50% che indica proprio un livello medio in termini statistici.
-------
BASTA UN TEST A VALUTARE SCUOLA E PROF? di Simonetta Rossi – la Repubblica – 30 maggio 2014 - pag. 32
La mia opinione di cittadino che rasenta il mondo della scuola
grazie ai ragazzi della famiglia, è che una prova "oggettiva" come
quella dei test Invalsi serva, quanto meno, a dare un quadro
generale dello stato di salute dell'istruzione. Potrebbe anche
servire a valutare singole scuole o docenti, un discorso delicato
che forse spiega i timori del prof cagliaritano. Il quale comunque
sbaglia a definire «crocette» quelle prove. Mi scrive Roberto
Falciani, anch'egli insegnante (Pian di Scò, AR): «I test vanno
sicuramente meglio calibrati — ed es., quelli per la 2° elementare
sono in genere troppo difficili, soprattutto per il linguaggio — ma
sono assolutamente da mantenere! Credo che i sostenitori
dell'abolizione abbiano motivi reconditi (e non edificanti) dietro
le loro polemiche». Anche il professore Tito Boeri, in un intervento
su questo giornale (15 maggio scorso) ha espresso l'opinione che i
test siano da mantenere anche se vanno migliorati: «Una valutazione
fatta seriamente ha inevitabilmente dei costi, ma anche grandi
benefici per le famiglie e per chi deve gestire risorse limitate nel
tentativo di ridurre le criticità del nostro sistema formativo ».
Aggiungeva Boeri: «Il nostro sistema scolastico permette alle
famiglie, soprattutto nelle grandi città, di scegliere la scuola a
cui iscrivere i propri figli. Ci sono vincoli in questa scelta, ma
molto meno che in altri Paesi, dove l'iscrizione è dettata
unicamente dalla residenza. Questa maggiore possibilità di scelta
dovrebbe fondarsi su informazioni adeguate sul valore aggiunto
offerto dai diversi istituti alla formazione di chi si prepara per
il mondo del lavoro. Per questo i test Invalsi dovrebbero essere
condotti anche per l'ultimo anno delle scuole superiori». Il che
potrebbe anche portare a rimediare dove c'è chi fa male questo
delicatissimo lavoro. |