Ti tolgo, ti taglio di Claudia Fanti, Fuoriregistro 5.1.2014 Leggo che il ministero ha intenzione di ripartire con una consultazione in grande stile rivolta addirittura a tutta la popolazione per farsi un'idea di come si voglia la scuola e per fare ancora una volta una riforma. Poi leggo in rete articoli e saggi veri e propri sulle necessità e i bisogni della scuola: sono scritti che provengono sia dal mondo universitario sia da quello dei diversi ordini scolastici. Leggo poi tutta una serie di indicazioni sul sistema di valutazione nazionale fino ad arrivare al sistema di valutazione nelle classi.
L'idea che mi sono fatta è che per far fronte agli abbandoni e alla
dispersione, generalmente i docenti puntano il dito verso la carenza
totale di risorse, verso un sistema che li demotiva penalizzandoli
economicamente fino al punto di bloccare gli scatti stipendiali o,
addirittura, cosa gravissima e anticostituzionale, di lasciarli
senza stipendio; essi spesso ricordano al ministro di turno che
servono investimenti sul sostegno, un piano serio che riveda gli
orari delle discipline nell'ordinamento vigente, che ridia dignità
agli studi umanistici, in particolare alla storia dell'arte e alla
storia. Essi chiedono strumenti per lavorare, investimenti anche sul
facile consumo e sulla dotazione di libri alle biblioteche. La
situazione del precariato e dei supplenti ha raggiunto il fondo, e
da più parti si chiede che venga totalmente rivista la legge Fornero
per consentire un ricambio generazionale e professionale; da più
parti si sollecita la formazione di classi con un numero ridotto di
alunni anche e soprattutto in presenza di portatori di qualche
disabilità. Molti lamentano l'aggravio della burocrazia, in
particolare per ciò che riguarda il registro elettronico e la sua
funzionalità e utilità pratica alquanto criticata. In tanti chiedono
di rivedere il meccanismo dei voti che ha conseguenze sulle pratiche
metodologiche e didattiche. Molti esplicitano perplessità o
addirittura contrarietà per la gerarchizzazione dei ruoli dentro la
scuola che vede una responsabilizzazione eccessiva di alcuni
collaboratori del dirigente, spesso reggente e oberato di lavoro su
più plessi e scuole, e una mancanza di coinvolgimento democratico
nelle scelte organizzative, pedagogico-didattiche degli altri in un
clima di sospetti reciproci e di mancanza di ascolto,
collaborazione, cooperazione e ricerca didattica che abbia una
ricaduta vera sulle classi e sugli apprendimenti. Non piace
l'Invalsi così come è strutturato, ma neppure si ritiene utile una
valutazione tout court di sistema su base censuaria e a base
di item che ovviamente per la vastità e per la complessità di
insegnamento/apprendimento non possono essere altro che
un'occhiatina dal buco della serratura su un puntino infinitesimale
di competenze, le quali invece sono immensamente diversificate nei
curricoli di studio e nei processi che si attivano per raggiungerle.
Chiedono investimenti su un'edilizia che letteralmente crolla e che
sia adeguata alle richieste ministeriali e dei programmi e quindi
preveda aule diversamente progettate in cui sia possibile fare
laboratorio, organizzare gruppi di lavoro, insegnare in rete, ecc.
C'è poi tutta una serie di annotazioni che paiono essere ininfluenti
per la qualità del lavoro che oggi si pretende, e invece andrebbero
tenute in grande considerazione: sono le condizioni esistenziali di
un docente precario che vorrebbe insegnare stabilmente oggi, nel
terzo millennio, il quale è impegnato spesso in un'annosa lotta
quotidiana estenuante non soltanto per superare concorsi o per
attendere una chiamata che non arriva e che quindi lo distrugge
moralmente ed economicamente, ma anche quando lo stesso si ritrova a
lottare con trasporti inesistenti, spostamenti da una parte
all'altra tra plessi talmente distanti fra loro da richiedere non un
autobus sgangherato, bensì un elicottero! Allora in molti si pensa che il sistema non ha bisogno della valutazione di sistema che valuta la valutazione dei docenti che valutano gli studenti, perché una valutazione di ciò che non c'è ma che si vorrebbe ci fosse, non ha senso! Semplicemente la scuola ha necessità vitale di politiche generali di attenzione al lavoro e ai lavoratori, di ascolto delle esistenze di ognuno/a di loro, in particolar modo se tali lavoratori ogni giorno reggono le sfide della società complessa in cui operano e pazientemente si arrabattano per far sì che la campanella non suoni a vuoto. Sarebbe poi un segnale di democrazia e civiltà matura il concepire un sistema universitario che riconsegnasse dignità alla creatività, all'indipendenza dei soggetti nello scegliere di sperimentare modalità e strumenti divergenti dai vincoli imposti dalle griglie e dalle esigenze, anche in questo caso burocratiche, del tenere sotto controllo ricerche e pubblicazioni, lasciando che il pensiero critico di ogni docente potesse scorrere e correre liberamente. Sarebbe utile che tra università e scuole venisse favorita un'alleanza di ricerca sia in campo disciplinare sia in campo pedagogico-didattico, affinché ci fosse una ricaduta in tempi brevi sulle azioni degli insegnanti nelle classi e nel Paese. Tra la scuola e l'università andrebbero aperti canali di comunicazione di facile percorribilità. Si leggono analisi politiche che ci fanno riflettere sulle cause per le quali scuola e università vengono tenute in uno stato di soggezione economica e culturale a colpi di tagli, indagini statistiche allarmanti e griglie. Francamente sono analisi a dir poco inquietanti, perché portano tutte alla conclusione che ogni essere umano impegnato nella formazione e nello sforzo di elevare le condizioni di vita e di libertà dei giovani, sarebbe volutamente e deterministicamente condizionato a permanere e a far permanere in uno stato di sudditanza al fine di venire usato per il mercato e per il consumo. Certo ci sono migliaia di esempi che possono avvalorare tali analisi, ma un insegnante non può e non deve adattarsi all'accettazione di un mondo che obbliga a sferzare i tempi degli apprendimenti, che taglia ogni aiuto alla disabilità, che vorrebbe far rientrare le persone nelle statistiche valutative, che non fa ricerca, che basa i rapporti sulla monetizzazione e la mercificazione. L'insegnante non può e non deve permetterselo perché il suo lavoro deve essere quello dell'invito a creare un nuovo progetto di vita nel mondo, alla creazione di un mondo che includa tutti e ogni pezzettino di quei tutti, a partire da un se stesso che dialoghi con i pezzettini degli altri per ricomporre un mosaico di senso e di bene comune. Ultimamente ho letto l'intervista a Gianni Bocchieri, ex direttore generale INVALSI e devo dire che le analisi di cui ho scritto sopra sembrano proprio realistiche: egli con candore disarmante alla domanda "Come valuta le critiche al lavoro svolto dall'Istituto?" risponde: "Coloro che contestano sia le prove standardizzate, sia le prove censuarie appartengono a quel pedagogismo italico, che ha storicamente creato i più gravi disastri alla scuola italiana e che rimetterebbe volentieri le mani sull'Invalsi per sottrarlo al campo delle discipline economiche ed econometriche di Cipollone e Sestito". (in "Invalsi, istruzioni per il nuovo " residente). Ancora una volta, le colpe dello sfascio del sistema al '68! Ancora una volta economisti con un amore sviscerato per l'econometria esprimono giudizi e usano l'ascia ideologica con il paraocchi sulla delicatezza del sistema scolastico reso fragilissimo proprio dagli stessi economisti dei vari governi che si sono succeduti negli anni! Effettivamente il nostro mondo non ha nulla a che fare con il loro, sebbene debba ogni giorno confrontarsi con la realtà costruita proprio da loro.
Per insegnare agli stranieri le scuole di brescia reclutano i pensionati", Il Manifesto. Incidente a scuola: la finestra piomba in testa all'alunno. Bassano-Vicenza, Il Gazzettino. Marcella Raiola, insegnante, Sotto il Vesuvio intervistiamo la scuola scuola, Forum Insegnanti. Claudia Pepe, Vita da precaria, Lettera 43. Claudia Pepe, Vita da precaria. Lettera a Thomas con l'acca. Un bambinio, la sua insegnante e il cielo, Lettera 43. |