Lo scatto d’orgoglio dei docenti di Mila Spicola, l'Unità 12.1.2013 Questo è un post personale. A titolo assolutamente personale, tra me e voi, colleghi e colleghe della scuola, mettendoci dentro tutti i lavoratori della scuola, nessuno escluso. A tutti quelli che mi dicono: ma che vittoria è stata questa degli scatti restituiti? Una piccolissima cosa in un mare di guai. Vero, avete, abbiamo ragione. Ma andate avanti nella lettura, mettetevi comodi. Il tema è molto ampio e da qualcosa si deve ripartire. Il tema è il nostro orgoglio. Di che cosa trascurabile parli Spicola? Con l’orgoglio non si mangia? Uhm. Parliamone. Perchè secondo me è stata negli anni, oltre alla colpevole azione di governi in malafede, la mancanza di orgoglio, di compattezza e di consapevolezza a condurre alla progressiva proletarizzazione della Scuola. Quei governi in malafede hanno trovato un campo immenso da arare. E comunque. Parliamo in generale. Perchè il tema è il blocco degli stipendi. Il tema del Blocco degli Stipendi non vale solo per gli insegnanti o per la scuola. Per me vale per tutti gli stipendi bloccati sotto 2mila euro. Non è una recriminazione di categoria, ma un tema del nostro Paese. Forze dell’ordine, infermieri, ricercatori, etc…E li abbiamo bloccati dal 2009, in un momento tragico per la storia del Paese. Il tema dicevo non è di categoria. La proletarizzazione del ceto medio sta bloccando la bilancia commerciale interna del Paese, non solo di beni ma anche di servizi. E’ inutile agire con leggi sul credito alle imprese o su riforme contrattuali generali se poi il ceto più numeroso del Paese non ha potere di spesa ma solo di debito. Solo se ridiamo potere di spesa al ceto medio riparte anche il tema del lavoro e si crea ricchezza diffusa. Ecco perchè mi riferisco a tutti gli stipendi sotto i 2 mila euro e sono solidale coi colleghi statali delle forze dell’ordine che ieri lamentavano la nostra piccolissima vittoria. Hanno ragione. Il tema è generale e riguarda l’affamamento progressivo della classe media a fronte dell’arricchimento progressivo, della classe benestante del Paese, che concentra e trattiene ricchezza e non la diffonde in spesa corrente di beni e servizi, anche con atti e regole decise dallo Stato. La classe media, il corpaccione lavorante, le colonne portanti dello stato sociale e del welfare, statalmente parlando, è costituita da Scuola, Forze dell’Ordine, Sanità (escludo i medici oltre certe posizioni) e pensionati. Oggi come oggi reggono il Paese. Perchè campano se stessi e quel 42% di giovani disoccupati, oltre che mandare avanti in modi perigliosi le famiglie. Non solo: costituiscono il grosso della bilancia commerciale interna di beni e servizi. Non sono cioè la spesa dello Stato, sono lo scheletro dello Stato medesimo e tale scheletro in questo momento è in osteoporosi galoppante. Mi chiedo se non sia possibile bloccare i mille privilegi prima di intaccare l’essenziale delle persone che non serve solo a loro ma anche al paese. Domanda retorica lo so. Ma in Italia lo è diventata visto che non lo si fa. Il Paese è in mano a lobby conservative fondate sul paternalismo amorale che ha ammorbato e ammorba ogni cosa: politiche, amministrative, economiche e burocratiche. Ma lo stanno distruggendo a furia di cavilli. Il nostro piccolissimo caso degli scatti richiesti indietro è solo un piccolissimo esempio, ma possiamo aggiungere gli esodati, la quota 96, le ferie dei precari,..cavilli amministrativi che distruggono vite mentre la politica è assente, incapace e muta. Incapace di smuovere e scuotere e affrancarsi da quelle lobby che ne assicurano la mutua sopravvivenza. E allora ogni privilegio ha la controparte di un diritto offeso. Il mondo all’incontrario, l’ Italia di Trilussa. Ad esempio, ma se ne posson fare mille di esempi di sprechi, limitare e definire con criteri veri, i premi di produzione dei dirigenti o direttori statali e parastatali. In media nella PA c’è un dirigente ogni sei impiegati (!!!), che dirige spesso se stesso e si autodefinisce da solo i premi di produttività. Sono somme che vanno da mille euro a 60mila euro l’anno. Non sono diritti acquisiti, non sono valutati da nessuno e alcuni se li determinano in modo balordo da soli, ad esempio dal numero delle mail lette. E non voglio riprendere ancora una volta il tema delle spese militari perché mi sembra una barzelletta ormai. Amara. Sacrifichiamoci tutti, noi “poveri” abbiamo già pagato. La Scuola: 4 miliardi sotto Prodi, 8 miliardi sotto Tremonti, e 3 miliardi come scie chimiche nei tre anni successivi al 2010. Non possiamo mantenere l’Italia come una burla di Trilussa, appunto: a me tre polli e a te manco un pollo, anzi, dammi pure un dito delle tue, tanto ne hai dieci. Ovviamente non mi riferisco al libero mercato (anche se..su quello..ma lasciamo perdere), ma alla contrattazione dello Stato. E’ antieconomico sostenere ancora logiche simile, che poi è al limite con la corruzione. Il primo postulato del Tractatus di Wittengstein afferma una verità sacrosanta, molto più cristallina e semplice del suo nome: tutto ciò che può dirsi deve essere detto. Aggiungo il corollario: tutto ciò che può farsi deve essere fatto. E l’altro corollario è, ovviamente: tutto ciò che non può farsi non deve essere fatto. Come dire, le cose a prima vista più difficili, il Tractatus Logico-Philosophicus, sono molto molto semplici, se si usa una logica che abbia senso. Ebbene, vorrei che la logica impazzita, incomprensibile, messa in campo solo e soltanto per giustificare privilegi di lobby che ormai bloccano un Paese intero e si mangeranno alla fine anche se stesse finito di mangiare noi, tornasse ad essere una logica semplice e cristallina. Dovremmo passare nuovamente dall’ Italia di Trilussa alla bellezza dell’Infinito di Leopardi. Un Paese, cioè, che riduce le ineguaglianze sociali invece di alimentarle. Un Paese che comprende che le ineguaglianze sociali sono il vero blocco alla crescita complessiva. Un Paese che comprende come la premessa per sanare le ineguaglianze sociali sta nel sanare i divari nelle conoscenze della sua popolazione. Un Paese che mette in cima a tutto virtute e conoscenza, non cavilli. E questo vogliamo e dobbiamo noi docenti: la nostra parte è quella di sanare i divari delle conoscenze del nostro Paese. E la sostanza del sanare tali ineguaglianze sta poi, da parte di altri, nell’assicurare un giusto salario ai suoi lavoratori. Specialmente lo Stato: un giusto salario, né troppo, né troppo poco. Chi lavora nello Stato deve avere né troppo, né troppo poco. Né troppo né troppo poco se si lavora nello Stato. Logica elementare. Lo diceva De Gasperi, mica Lenin. Altrove, nel mercato, se la decidano altri. Ma uno Stato virtuoso non ammette privilegi insostenibili e corrotti pagati da chi non li può pagare tra l’altro. E scusate se mi ostino a mettere virtù e conoscenza prima dell’economia. Perchè alla fine virtù e conoscenza hanno una logica che garantisce anche l’economia, non viceversa. L’economia da sola è più dannosa di un bambino con in mano un coltello affilatissimo. Mi pare che lo abbiamo visto no? Quel coltello affilatissimo che ci ha tagliazzati tutti. Tranne coloro che ci han lasciati nella stanza. Non abbiamo vinto la guerra con questa storia degli scatti. No. Nelle scuole siamo sempre dove stavamo: nell’ emergenza funzionale. Posto che noi lavoriam lo stesso non deve essere la scusa per dire tutto bene, madama la marchesa. Ma non potevamo accettare un gravissimo precedente: ammettere il gesto di uno Stato, il nostro Stato, per cui noi lavoriamo, che togliesse ai suoi lavoratori parte di un salario già pagato. Inaccettabile, nel principio e nella pratica. Sia che fossimo docenti, sia che fossimo altri tipi di lavoratori. Era e rimane inaccettabile. Alcuni di noi si sono sentiti di combattere per un principio. E’ poco? No, non è una vittoria di chissà cosa in termini concreti. E’ la vittoria di un principio generale, di un principio costituzionale, in un paese che naviga troppo a terra, in merito ai principi costituzionali. E chi li difende i principi oggi se non noi docenti che siam demandati dallo Stato e dalla nostra coscienza alla trasmissione di principi e valori comuni sanciti nella Costituzione? V virtute e conoscenza. Anche questo, non lo diceva un anarchico sessantottino. O meglio, lo dicevano anche loro, che in fondo si battevano per un mondo migliore, prima di acchiapparsi la seggiola e non mollarla più. La seggiola migliore. |