Riduzione delle superiori a 4 anni,
i ds coinvolti dicono che si può
di A.G. La
Tecnica della Scuola
24.1.2014
I
dirigenti scolastici che stanno sperimentando il modello hanno
elencato alla Camera i lati positivi: più sinergia tra scuola e
lavoro, curricula individualizzati e arricchiti, didattiche
progettate per competenze trasversali. Non mancano le criticità: dai
tempi lunghi per le autorizzazioni dal Miur alle incertezze
sull'Esame di Stato, dalla rimodulazione delle discipline e dei
contenuti alle resistenze a rompere le rigidità del sistema attuale.
Intanto Carrozza sta valutando pro e contro.
Chi l’ha
detto che ridurre le superiori
da 5 a 4 anni priverà solo i
nostri giovani di 200 giorni di
offerta formativa, esponendoli
precocemente al contatto con
università, specializzazioni
post-diploma o università? Chi
l'ha detto che dietro non c'è
alcun modello pedagogico e solo
la ferma intenzione di tagliare
decine di migliaia di posti tra
docenti e Ata? A sostenere il
contrario sono i dirigenti
scolastici che hanno preso parte
alla sperimentazione, voluta dal
Miur, che ha coinvolto sette
istituti superiori (quattro
paritari e tre statali). Il loro
pensiero è emerso anche
rispondendo ad un sondaggio
presentato il 24 gennaio nel
corso del convegno svolto alla
Camera “Diplomarsi
con successo a 18 anni”,
promosso da Milena Santerini
(Per l'Italia).
Scorrendo i
fattori di forza della
sperimentazione, i ds hanno
indicato il maggiore
collegamento tra scuola e mondo
del lavoro, la presenza di
docenti motivati e competenti,
di curricula individualizzati,
differenziati e arricchiti.
Oltre che di didattiche
progettate per competenze
trasversali.
Dal
sondaggio, realizzato da Pietro
Bosello, anche lui dirigente
scolastico, oltre che
ricercatore dell'università
Cattolica, sono emersi anche
altri fattori considerati come
valore aggiunto alla riduzione
annuale delle
superiori:l'aumento delle ore di
lezione settimanali, la
possibilità di decidere dopo il
primo biennio l'indirizzo di
uscita, lo stretto raccordo con
le scuole di provenienza.
Non sono
mancate, comunque, le criticità.
Ad iniziare dai tempi lunghi per
ottenere dal ministero
dell’Istruzione le
autorizzazioni, l'incertezza
sulla forma dell'Esame di Stato,
le modalità di rimodulazione
delle discipline e dei
contenuti, le resistenze a
rompere alcune rigidità del
sistema attuale.
Occorre, ha
concluso Santerini, ''ripensare
il sistema scolastico secondario
di secondo grado'' con
l'obiettivo ''di potenziare i
sistemi di orientamento per la
scuola secondaria di secondo
grado e per la scelta lavorativa
o universitaria, diminuire di un
anno il secondo ciclo di
istruzione e aumentare la
sinergia tra scuola e mondo del
lavoro''.
''Non si tratta di concentrare
la programmazione in quattro
anni - ha tenuto a precisare
Giuseppe Colosio, del collegio
‘San Carlo’ di Milano, che ha
avviato la sperimentazione con
cinque classi - ma di
ottimizzare il percorso di studi
centrando la didattica
sull'alunno. In questo modo si
dà più attenzione agli studenti
più deboli e più libertà di
approfondimento agli altri''.
Questa sperimentazione, ha
aggiunto, non riduce il numero
degli insegnanti, ma consente di
impiegarli in modo completo per
la diversificazione della
didattica. Senza innovazione c'è
il rischio di perdere gli
studenti eccellenti, che
potrebbero preferire lo studio
all'estero''.
Un plauso
anche alla modalità di
valutazione, che è ''ben
scandita - ha concluso il ds -
le lezioni sono piene, non sono
interrotte da interrogazioni o
verifiche fino alla fine di un
modulo''.
Resta da
capire, però, se un impianto di
questo genere possa essere
adottato da tutte le scuole
superiori. In particolare,
quelle collocate in realtà
socio-economico-culturali
particolarmente difficili.
Qualche dubbio, dopo i consensi
iniziali, è sorto anche nel
ministro Carrozza. Che, invitato
al convegno, ha detto di
non avere preconcetti sul
modello. Decisivo, a tal
proposito, potrebbe essere il
giudizio del “popolo” derivante
dalla Costituente della Scuola.
Il responsabile del Miur ha poi
aggiunto: “non mi interessa
vincere o combattere sulla
durata o sull'organizzazione dei
cicli, la scuola deve tornare a
essere uno strumento per far
realizzare la persona. Dobbiamo
reintrodurre il concetto di
aspirazione e di libertà di
realizzare l'aspirazione, anche
– ha concluso il Ministro - con
percorsi diversi per gli
studenti perché sono persone
diverse”.
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