Gli insegnanti tra responsabilità
sociale e rendicontazione

di Cosimo De Nitto, Fuoriregistro 31.1.2014

Considerazioni a margine dell'articolo di Antonio Valentino "Scuole e docenti responsabili dei risultati. È una parola!" su scuolaoggi.org

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Responsabilità o irresponsabilità sociale? Responsabilità certamente.

Controllo o arbitrio? Controllo, ovviamente.

C'è qualcuno che può contestare queste risposte? Non credo, sarebbe come negare che l'acqua calda sia calda.

Qui si ferma il discorso di principio, sulla soglia dell'ovvietà tautologica.

Quando comincia la discussione e il confronto? Quando dall'affermazione di principio si passa al concreto, al che fare.

Si pone qualche domanda:

1) circa 700.000 insegnanti italiani si sentono, sono, si comportano da socialmente responsabili? Salvo qualche eccezione, per la quale però non mancano gli strumenti giuridici e disciplinari per intervenire, mi sento di rispondere: sì sono socialmente responsabili, talvolta eccedono persino;

2) gli insegnanti italiani possono fare impunemente ciò che credono e vogliono per assenza di controllo e perché non sono tenuti a rendere conto a nessuno? Questo è tutto da dimostrare basta pensare un po' alla vita professionale reale che svolge l'insegnante, magari attraverso alcune faq come queste:

a) l'insegnante è controllato nel rispetto degli orari di servizio?

b) l'insegnante rende conto di quanto, quando, come, cosa insegna attraverso la documentazione di "ufficio"?

c) l'insegnante è controllato e rende conto dell'adempimento dei suoi doveri anche in orario non d'ufficio? (Correzione dei compiti, preparazione dei materiale delle lezioni ecc.)

d) l'insegnante è controllato e rende conto della sua partecipazione ai lavori collegiali, incontri con le famiglie, esperti ecc.?

e) l'insegnante rende conto alle famiglie del "contratto formativo" che viene stipulato e talvolta messo anche formalmente per iscritto?

d) l'insegnante rende conto del programma e della programmazione educativa e didattica agli organi collegiali, al dirigente superiore gerarchico, alla comunità scolastica anche tramite il POF, documento sociale e pubblico?

e) l'insegnante è controllato e rende conto delle attrezzature, materiali, laboratori che gli sono assegnati?

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z) nel caso l'insegnante venga meno ai suoi obblighi ci sono gli strumenti normativi e disciplinari per sanzionarlo?


Questo per porre fine alla leggenda metropolitana alimentata, inconsapevolmente spero e a loro insaputa, anche da voci interne alla scuola, che gli insegnanti sono privilegiati e non rendono conto del loro operato a nessuno, sono intoccabili, corporativi e accaniti conservatori dei propri privilegi e non c'è legge che li controlli o li sanzioni se sgarrano.

Se dopo tutte queste faq qualcuno viene a dirmi che gli insegnanti rifiutano per principio il controllo e la rendicontazione vado fuori di testa, lo giuro.

Chiuso questo discorso andiamo avanti con la necessità che viene posta di un'analisi e quindi di una valutazione degli aspetti qualitativi degli apprendimenti e degli insegnamenti.
Qualche secca annotazione.

 

1) Che siano i test INVALSI a darci questi strumenti di conoscenza e valutazione della qualità degli apprendimenti e della qualità dell'insegnamento credo che sia dimostrabile come l'affermazione che un quadrilatero ha tre lati.

2) che questa valutazione scaturisca come per miracolo dai "risultati" (quali?) rilevati attraverso un test, per quanto perfetto (?) e magico esso sia, è un altro teorema del quale si può dimostrare solo la sua...indimostrabilità.

3) la qualità dell'insegnamento/apprendimento dipende in primo luogo dalla qualità complessiva del sistema, dalla sua governance (anch'io spicco inglisc), dalle politiche scolastiche, dalla qualità dei curricoli, dalle strutture e strumenti, dalle politiche di formazione, aggiornamento, ricerca educativa, sperimentazione didattica, organizzativa, dalla "credibilità" sociale del sistema stesso, dai livelli retributivi degli insegnanti, dalla loro età,

....
(e qui veniamo al cuore del problema)

dagli investimenti o disinvestimenti o "tagli", che hanno caratterizzato le politiche governative degli ultimi governi.

E allora di che parliamo, caro Valentino? Non ti sembra piuttosto miope, strabico, parziale il discorso che fai? Non è legittimo il sospetto che discorsi come il tuo possano nascondere ben altre e capitali responsabilità dei fallimenti del sistema scolastico?

Mi sa che gli insegnanti nel fallimento della scuola abbiano le stesse responsabilità degli operai della Elettrolux nella crisi dell'azienda. A loro si chiede di pagare il conto in termini di salario, drasticamente diminuito, e di diritti, tutti, ai quali sono chiamati a rinunciare. Gli operai, dunque, sarebbero i "responsabili" dei fallimenti della direzione aziendale e dell'assenza di politiche economiche da parte dei governi centrali e periferici?

La responsabilità degli insegnanti resta un fattore costitutivo della loro professionalità, ma ora e in queste condizioni in cui hanno ridotto la scuola non può essere usato come foglia di fico per coprire le vergogne di chi dovrebbe invertire la tendenza e creare le migliori premesse per un rilancio del nostro sistema scolastico.
La "questione docente" solo in un contesto di rilancio e forte investimento sul sistema scolastico, all'interno

di un progetto complessivo ha luogo e ragione di essere affrontata.