Marinare la scuola? di Orsola Riva, Corriere Scuola di vita 21.1.2014 E se Pinocchio avesse marinato la scuola anche per colpa del maestro troppo poco attento ai suoi reali bisogni di bambino-prigioniero-in-un-corpo-di-burattino? Che a 15 anni, complice la tempesta emotiva (e ormonale) dell’età di mezzo e il desiderio di sentirsi non migliori ma uguali agli altri, meno bravi bambini e un po’ più Lucignoli, possa capitare di «bigiare» la scuola è un fatto abbastanza fisiologico. Lo dimostra l’ultimo rapporto Ocse-Pisa secondo cui la predisposizione a «fare sega» è l’unica cosa in cui i ragazzi ricchi non si distinguono da quelli poveri.
Epperò, non in tutti i Paesi i ragazzi ci provano gusto come da noi. Che, nonostante i miglioramenti, restiamo largamente sotto la media Ocse come prestazioni dei nostri 15enni in matematica scienze e lettura. E in una cosa sola primeggiamo: questa. Tanto per fare dei numeri: il 35 per cento dei quindicenni italiani ha saltato almeno una lezione e il 48 per cento si è assentato almeno un giorno nelle due settimane prima del test Pisa. Solo in Argentina e Turchia fanno peggio! E questo influisce pesantemente sul rendimento: l’Ocse ha quantificato un danno pari a 52 punti in meno in matematica. Un dato che va combinato con quello sullo stato d’animo dei nostri quindicenni nei confronti della scuola: solo il 32 per cento degli studenti considera la situazione della propria scuola come «ideale» (contro il 61 per cento Ocse).
E’ quanto risulta da uno degli ultimi approfondimenti fatti dall’Ocse sui risultati Pisa 2012. Gli studenti che hanno un buon rapporto con i prof, che si sentono ascoltati, che se hanno bisogno di una mano possono contare su un aiuto extra, che hanno la sensazione di essere trattati giustamente, quegli studenti hanno anche il 5% in meno di probabilità di far tardi a scuola e il 4% in meno di non andarci proprio. E non è finita. Anche i genitori contano. Sempre stando al rapporto Ocse, i ragazzi che sono abituati a cenare con i propri genitori, a condividere con loro il pasto principale inteso come un’occasione per condividere la giornata appena passata, le cose belle e quelle meno, per scambiarsi opinioni e magari anche discutere vivacemente, hanno meno probabilità di marinare la scuola. Conta dunque esserci, ma soprattutto (parlo per quei genitori costretti dal lavoro lontano da casa e spesso preda dei sensi di colpa) esserci nel modo giusto. E allora: come reagire a un’assenza ingiustificata del proprio figlio? Non certo facendone un dramma (che un dramma non è). Ma neanche avallando sempre e comunque.
Tenere un ragazzo a casa, magari perché non è pronto per l’interrogazione, significa comunicargli sfiducia nelle proprie capacità. Se deve fare buca, lo faccia almeno uscendo da casa e gustando il piacere di stare con gli amici non su Facebook ma per strada, magari andando al cinema (una volta si sarebbe detto: parlando di politica…) invece che restando incollato a un videogioco. Perché se è vero che le mamme tigri possono finire per stritolare i figli nella morsa delle proprie ambizioni, un po’ di sana ambizione fa bene e comunica ai ragazzi fiducia nelle proprie capacità. La prova? I ragazzi che hanno genitori ambiziosi, genitori che sognano per loro l’università, hanno meno voglia di bigiare degli altri. Parola dell’Ocse.
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