Scuola, l'inganno della settimana corta
Quest'anno i presidi ovunque spingono per
chiudere la scuola il sabato. di Fabio Luppino, Globalist 17.1.2014 Il Consiglio dei Ministri avrebbe risolto la questione degli scatti di anzianità: nessuno dovrà più restituirli e saranno pagati anche nel 2014. E' spuntato un cosiddetto fondo costituito con i tagli della Gelmini a cui però si aggiunge il taglio ai fondi di istituto. E' un decreto, andrà seguito, non si sa mai. Una parte dei docenti quindi avrà garantito un diritto e per una volta gira bene. A girare male è tutto il resto. In questo scorcio di anni si inseguono le voci, le quali spesso sono seguite da fatti. Quando tra i professori si insinua il sospetto che si voglia ridurre la durata delle superiori a quattro anni, contestualmente il ministero dell'Istruzione allarga la sperimentazione già avviata. Quando invece dilaga il dubbio che l'antipasto di codesta riduzione possa essere il ridimensionamento degli esami di maturità, poi il rischio è che accada davvero. Il tarlo del momento è proprio questo. La logica sottesa è sempre la stessa: tagliare fondi. Se si ricomincia a parlare dell'abolizione legale del titolo di studio, tutto si lega. Studenti, docenti, genitori non abbassino la guardia, al di là di una discussione sulle cose che si può sempre fare, mettendo però da parte la logica, unica, che le guida quando è la politica, tutta, a farsene promotrice: ridurre i soldi per l'Istruzione. Una settimana fa da Fazio il ministro Carrozza non ha fatto una bella figura. Generica come pochi, il conduttore gli proponeva un punto di vista e lei annuiva. Aperta a qualsiasi sperimentazione, si sono sentiti pochi principi veramente invalicabili. In questi mesi, e sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il ministro, moltissime scuole superiori, in tutto il Paese, hanno proposto ai Consigli d'Istituto la riduzione dell'orario scolastico su cinque giorni, dal lunedì al venerdì. E' un vecchio pallino dei ceti più abbienti: avere i figli a casa il sabato, che bello. Magari gli altri giorni hai anche qualcuno che li va a prendere a scuola e che li pungola a fare i compiti o gli dà ripetizioni. La settimana corta porterebbe i ragazzi dei licei a stare a scuola fino alle due e quelli dei professionali e tecnici fin oltre le tre. Siccome, anche in forza di precedenti tagli, molti ragazzi hanno la scuola distante da casa, l'agognato ritorno tra le mura domestiche in alcuni casi non si avrà prima delle quattro-quattro e mezza. A quell'ora e dopo il viaggio di ritorno a cui devi aggiungere l'alzataccia mattutina, la voglia di studiare dei ragazzi sarà senz'altro a mille. Tutte cose ovvie e ragionevoli che però, sulle prime, non vengono considerate proprio dai genitori tanto presi dal week end con i figlioli. A quanto risulta proprio i figlioli-studenti nella maggior parte dei casi si sono schierati contro questa misura. Ma i presidi la propongono e la ripropongono con una certa insistenza quasi ad insinuare il dubbio che la spinta venga dall'alto. Anche in questo caso l'istruzione e la famiglia non c'entrano proprio un bel niente. Chi l'ha pensata e vuole che dilaghi a macchia d'olio ha semplicemente fatto due conti. Si risparmia sugli straordinari dei bidelli, si risparmia sui trasporti pubblici, sui riscaldamenti. Avendo il Miur già ridotti all'osso i fondi d'istituto sarà praticamente impossibile la ricca permanenza di corsi pomeridiani nelle scuole. A cui si aggiunge come contraria un altro elemento decisivo: quali ragazzi vorranno dopo essere stati sui banchi cinque, sei o sette ore rimanere o avere la lucidità necessaria per fare corsi nel pomeriggio? Quei fondi, se dovesse dilagare questa opzione di orario, spariranno. Si obietterà che in altri Paesi si sta a scuola tutto il giorno. In Francia le scuole, anche quelle del secolo scorso, sono state concepite con mense e luoghi ricreativi. Da noi, la maggior parte degli istituti apre in deroga alle leggi vigenti. Che altro dire. |