Concorsi truccati, Nuovo scandalo sugli atenei: tre professori non avevano i titoli per entrare nella commissione che doveva decidere sull'abilitazione. Gara falsata per 300 candidati. di Corrado Zunino, Repubblica La scuola siamo noi 15.1.2014 Niente da fare, servirebbe un telefono rosso per i concorsi truccati negli atenei. Una linea diretta e gratuita con il ministero dell'Istruzione e dell'Università che consentisse a studenti, dottorandi e specializzandi per bene di segnalare i bandi universitari ad personam, le prove incoerenti, i curriculum truccati, i familismi, gli amici promossi senza merito. Servirebbe uno sforzo pubblico per tutelarsi da una piaga che mina il paese, la sua formazione e le sue speranze, gli sbocchi lavorativi, la futura qualità del lavoro ottenuto, l'economia nazionale. La piaga ogni giorno si allarga. L'ultima combine è di bassa caratura, persino grottesca. Grave, tuttavia. Tre insigni medievisti italiani hanno artefatto i loro curriculum per poter diventare commissari per la valutazione per le abilitazioni nazionali a docente universitario (di prima e seconda fascia). Per diventare, quindi, i commissari che decideranno chi merita di insegnare (nel caso, la ponderosa storia medievale) come professori ordinari o associati nelle facoltà italiane di Lettere. La cosa sconsolante è che questa "prima prova" ha impegnato trecento candidati seguendo le nuove modalità stabilite dalla riforma del reclutamento universitario: nonostante la riforma, la gramigna del falso ha vinto ancora. Un gruppo di medievisti esclusi dalle liste per il futuro insegnamento, denunciando brogli sui curriculum vitae, si è rivolto al ministro Carrozza. E si rivolgerà alla magistratura. Hanno scritto i medievisti: "Abbiamo riposto molte speranze in questa nuova forma di reclutamento che non garantendo alcuna immediata promozione sembrava consentire una maggiore trasparenza e obiettività nella valutazione, in un clima generale che fosse propizio a una reale svolta rispetto a tanti abusi commessi nei decenni precedenti in questo campo. Abbiamo dovuto constatare che così non è accaduto".
Allora, i risultati dei commissari medievisti sono stati proclamati il
28 novembre scorso. Va detto che può diventare commissario chi,
negli ultimi dieci anni, abbia pubblicato almeno venti articoli "nel
settore di appartenenza" o, in alternativa, due libri. Nel settore
di appartenenza. Tra i trecento candidati, un gruppo di migliori e
più qualificati è stato selezionato per affidare la scelta
definitiva a un sorteggio. Bene, dei cinque commissari sorteggiati
tre - denuncia il gruppo di medievisti, mostrando una serie di prove
documentali - avevano alterato il curriculum. Lo avevano ritoccato,
gonfiato, si erano appropriati di opere altrui. Se avessero
partecipato con i curriculum personali e reali sarebbero rimasti
sotto la soglia (mediana) minima per essere abilitati alla prima e
seconda fascia di docenza universitaria. Il professor Pietro Dalena insegna invece storia medievale all'Università della Calabria. Per poter diventare commissario dei medievisti si è attribuito la piena paternità di due monografie scritte insieme ad altri autori. "Quei libri li abbiamo redatti a più mani, ma la parte mia è preponderante, è come se fossero miei", ha assicurato. I ricorrenti segnalano al ministro che anche il professore tarantino non ha saggi pubblicati in riviste di fascia A negli ultimi dieci anni. Il professor Roberto Greci è all'Università di Parma, infine. Lui, responsabile di una collana editoriale per la piccola casa editrice Clueb, si è attribuito la curatela di monografie altrui. Si giustifica: "Per la casa editrice ho vagliato i progetti degli autori, è come se ne fossi il curatore". Anche Greci non ha saggi in riviste di fascia A. La commissione così formata si è già messa al lavoro e già ha valutato i futuri insegnanti di Storia medievale. Un calcolo accurato segnala come i commissari in 28 giorni, lavorando tutti i giorni, avrebbero dovuto esaminare 171 curricula di seconda fascia, 38 di prima e 90 pubblicazioni ogni giorno. Impresa improba, che, comunque, ha garantito verbali di giudizio zeppi di errori: nomi dei candidati, editori di riferimento. "Ci siamo ritrovati nella condizione umiliante di essere valutati da una commissione la cui autorevolezza è oggi messa in discussione, ci sentiamo umiliati davanti a una smentita tanto clamorosa della possibilità di un reale cambiamento negli aspetti più delicati della politica accademica: il reclutamento", hanno scritto gli esclusi al ministro. L'Anvur, l'organo di valutazione della bontà della commissione, non si è accorto di nulla. |