Il caos di NoiPA sugli scatti stipendiali

 Sinergie di Scuola, 28.1.2014

Sono stati molti i docenti e Ata che sul cedolino di gennaio hanno rilevato la "retrocessione" della propria posizione stipendiale. Ma il Mef tranquillizza: con la rata di febbraio tornerà tutto a posto.

Con il messaggio n. 5 del 27/01/2014 NoiPA riepiloga gli interventi effettuati e in corso di attuazione nel sistema nei confronti del personale della scuola, in materia di automatismi stipendiali.

Nella nota si legge che, in attesa della conclusione della sessione negoziale Comparto Scuola per il recupero delle utilità dell’anno 2012, al fine della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici, è stata disposta la sospensione cautelativa dei crediti erariali applicati in relazione al blocco degli automatismi stipendiali per l’anno 2013.

Per quanto riguarda gli stipendi di gennaio, già emessi, il rimborso del debito è stato effettuato con emissione straordinaria con esigibilità contestuale a quella dello stipendio ordinario. Nello stesso tempo si è provveduto alla sospensione del credito erariale eventualmente rateizzato sulle successive mensilità.

In applicazione del D.L. n. 3, del 23 gennaio 2014, al personale interessato al riconoscimento dell’utilità dell’anno 2012, sempre nelle more della conclusione della relativa sessione negoziale, è stata ripristinata la posizione stipendiale superiore già attribuita nel 2013, ma successivamente retrocessa sulla mensilità di gennaio 2014.

L’importo di arretrato relativo alla mensilità di gennaio 2014 è stato registrato con il codice “4M2 - APPL. DL 3/2014 COMPARTO SCUOLA AC” e verrà liquidato con esigibilità entro la metà di febbraio. Confermata anche la proroga di un anno delle classi e degli scatti con decorrenza dal 2 gennaio 2014.

In attesa del supporto richiesto al MIUR per la regolarizzazione del personale non interessato al riconoscimento dell’utilità dell’anno 2012, e per il quale, pertanto, è applicata la retrocessione alla classe inferiore a quella già attribuita nel 2013, rimane  ferma, al momento, la sospensione del recupero dei pagamenti già effettuati dal 1° gennaio 2013.

"Quest'ultima nota di NoiPa - scrive la Cgil - non fa altro che confermare l'enorme caos che Miur e Mef hanno creato gettando ancora più scompiglio tra i lavoratori quando sarebbe stato sufficiente scrivere  già a gennaio come avrebbe operato NoiPA nei diversi passaggi: retrocessione stipendiale, economica, recupero, restituzione".

Lo stesso sindacato ha poi spiegato in sintesi cosa è accaduto in merito al dare/avere dei famosi 150 euro:

"Nel cedolino del mese di gennaio il recupero di 150,00 euro figura come arretrati a debito nella colonna delle ritenute. Questo debito ha comportato un prelievo Irpef minore in quanto ha abbassato l'imponibile fiscale di euro 150,00 di conseguenza nel mese di gennaio è stata prelevata meno Irpef. Basta verificare l'imponibile per rendersene conto. Pertanto nel cedolino della restituzione, sull'arretrato a credito lordo di 150,00 euro è stata calcolata l'Irpef e detratta. Ecco perché il netto restituito non è di 150,00 euro bensì di euro 150,00 meno l'irpef non calcolata nell'altro cedolino".

Per quanto riguarda i contributi previdenziali - rassicura la Cgil - nessuna preoccupazione perché sono stati regolarmente versati nel corso del 2013.

Intanto, nell'incontro di oggi al Miur si è parlato di scatti stipendiali.

Scrive sempre la Cgil: "Sul versante del ripristino degli scatti di anzianità di docenti e ATA, pur apprezzando l’impegno del Ministro per evitare il recupero forzoso in busta paga, dobbiamo rilevare che nessuna risorsa aggiuntiva è stata prevista e l’unica possibilità che ci è stata prospettata è la decurtazione del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, che rappresenta un pezzo del salario accessorio del personale e l’unica fonte certa per sostenere l’ampliamento dell’offerta formativa. Nessuna soluzione invece per le posizioni economiche del personale ATA e per il salario di posizione dei dirigenti scolastici".

La questione, dunque, è ancora aperta e lungi dall'essere completamente risolta.

 

Le disposizioni in materia di congedo parentale di cui al vecchio CCNL scuola del 2001 si applicano a tutto il personale della scuola, anche se a tempo determinato.

Così ha deciso la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1835 del 28/01/2014, decidendo sul ricorso proposto dal Miur contro la sentenza della Corte d’appello di Brescia, che a conferma della decisione dei giudici di primo grado, aveva accolto la domanda di alcuni docenti con contratto a tempo determinato, per l’accertamento del diritto alla retribuzione integrale, prevista dall’art. 11, comma 3, CCNL Comparto Scuola del 15/3/2001, nei periodi in cui avevano fruito dei congedi parentali, per i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa.

Il Miur contestava l’applicabilità dell’art. 11, comma 3, CCNL 2001, al personale assunto con contratto a tempo determinato, rilevando che soltanto con il successivo CCNL del 2003, non applicabile ratione temporis nella fattispecie, era stata innovata la disciplina dei congedi di maternità con equiparazione del relativo trattamento economico dei dipendenti a tempo determinato a quello dei dipendenti a tempo indeterminato.

La Cassazione ha però dato ragione ai docenti, considerando il ricorso manifestamente infondato in adesione alla giurisprudenza della stessa Corte che con le sentenze nn. 17234 e 17235 del 2010 ha affermato il seguente e condiviso principio di diritto: "le disposizioni in tema di congedi parentali di cui all’art. 11 del ccnl 15-3-2001 del personale del Comparto Scuola (nella fattispecie commi 3 e 5), fatte salve, quali condizioni di maggior favore, dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 1, comma 2, vanno interpretate nel senso che sono dirette a tutto il personale dipendente, senza distinzione alcuna tra personale a tempo indeterminato e personale a tempo determinato".

Questo il ragionamento svolto dalla Suprema Corte.

La normativa di legge vigente e già in vigore all’epoca dei fatti (D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151) dispone che per quanto riguarda il congedo di maternità (ex astensione obbligatoria) "le lavoratoci hanno diritto ad un’indennità giornaliera pari all’80 per cento della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità", e per quanto riguarda i congedi parentali (e fra questi quello "alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità" - ex astensione facoltativa) "è dovuta fino al terzo anno di vita del bambino un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione, pei un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi"; lo stesso D.Lgs., all’art. 1, comma 2, stabilisce però che: "Sono fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti, collettivi, e da ogni altra disposizione".

Ebbene, l’art. 11 ("Congedi parentali") del CCNL del 15/03/2001 del Comparto Scuola (successivo alla L. 8 marzo 2000, n. 53, ma anteriore al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151), disponeva che "Nell’ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dalla L. n. 1204 del 1971, art. 7, comma 1, lett. a), e successive modificazioni e integrazioni, per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell'anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute".

È evidente che la disciplina prevista dal CCNL del 2001 fosse più favorevole rispetto alla disciplina legale, prevedendo, in sostanza l’intera retribuzione sia per il periodo del congedo di maternità, sia per i primi trenta giorni del periodo di congedo parentale successivo.

Così come è evidente che il CCNL del 2001, con l’art. 11, disciplinava unitariamente i "Congedi parentali" con riferimento comune a tutto il "personale dipendente", attribuendo espressamente alle "lavoratrici" (ed ai "lavoratori") il miglior trattamento previsto, senza specificazione né distinzione alcuna all'interno del personale stesso; cosa che invece non era prevista nel precedente contratto del 1995 che espressamente differenziava il trattamento retributivo in materia a seconda che del congedo usufruisse il personale dipendente a tempo indeterminato o quello con rapporto a tempo determinato.

La chiara espressione letterale del CCNL del 2001 e la scomparsa della differenziazione pregressa, per la Cassazione inducono a ritenere che le parti collettive abbiano senz’altro voluto uniformare la disciplina dei congedi parentali con riferimento sia al personale a tempo indeterminato sia a quello a tempo determinato.