Se cinque anni vi sembrano troppi:
la sperimentazione del liceo breve

di Marina Boscaino, MicroMega 29.1.2014

Lo stato della ricerca e della sperimentazione nel nostro Paese è talmente avanzato che le ipotesi di fattibilità non hanno nemmeno bisogno di tempi congrui e dei tradizionali protocolli di indagine scientifica: l’epistemologia del Pensiero Unico le considera positive e produttive anche prima della verifica empirica e dello studio dei relativi dati.

La cialtroneria neoliberista di bassa lega – che, per derubricare definitivamente spesa per istruzione ed emancipazione mediante il pensiero critico, venderebbe a poco prezzo anche la propria madre, avendo poi cura di evitare la rendicontazione degli autentici risultati e delle conseguenze effettive delle affermazioni di inizio percorso – ha aggiunto qualche giorno fa un nuovo paradosso alla serie infinita cui ci ha abituati in questi anni dolenti. La Maria Montessori del Gruppo Per l’Italia, membro della commissione Cultura alla Camera, la deputata Milena Santerini (il cui curriculum specialistico – Laurea in lettere e filosofia, Corso di perfezionamento in Storia medievale e moderna, Dottorato di ricerca in pedagogia; Professore ordinario di discipline pedagogiche – avrebbe fatto auspicare ben altri esisti) ha organizzato un seminario alla Camera “Diplomarsi a 18 anni con successo”, cui ha partecipato anche il ministro Carrozza, con lo scopo di spiegare ai colleghi come e perché sia cosa buona e giusta la “sperimentazione” del liceo breve. Vale a dire: dalle politiche economiche a quelle sull’istruzione, ciò che conta sono le ipotesi predigerite dall’esecutivo, alle quali allinearsi senza riflessione autonoma e senza spazio di dibattito democratico. L’ipotesi di commissariamento dei parlamentari si consolida giorno dopo giorno, materia dopo materia…

Dopo l’iniziale cooptazione esclusivamente di scuole paritarie (una delle prime – ma non l’unica, delle anomalie che ha fatto registrare questa strana vicenda), il Miur – come è noto ha deciso di estendere il reclutamento di istituti che sperimentano il “liceo breve” anche ad alcune statali: inseriti nel decreto sulla sperimentazione, a decorrere dall’anno scolastico 2014-2015, l’IIS Carlo Anti di Verona, l’ITI Ettore Majorana di Brindisi e l’ITC Enrico Tosi di Busto Arsizio – scuole pubbliche con un sofisticato pedigree di rapporti privilegiati con Viale Trastevere, diventate istituti “internazionali” in grado di “attivare in rete un progetto di innovazione metodologico-didattica che prevede l’abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità”, come recita il decreto  stesso.

L’on. Santerini ha palesemente anteposto valutazioni di carattere strettamente politico a considerazioni scientifiche, affermando: «Le grandi riforme di sistema sono complicate, ma dobbiamo trovare dei modi per produrre cambiamento e innovazione». La riflessione si articola attorno ad alcuni nodi centrali: «Avvicinare scuola superiore e mondo del lavoro, qualificare la scuola, contrastare la dispersione scolastica». Rimane misterioso il rapporto tra lotta alla dispersione, valorizzazione della scuola e taglio di un anno di frequenza. Non altrettanto il risparmio che le casse statali ricaverebbero dall’operazione.
«Non è qualcosa di negativo perché effettivamente siamo uno dei Paesi in cui i giovani entrano più tardi sul mercato del lavoro, l’esigenza è giusta. Agire sui primi anni, anticipando la scuola, non è corretto per ragioni pedagogiche; infatti le scuole dei paesi migliori cominciano a 7 anni». Tutto da verificare. In ogni caso, il rigurgito pedagogico di Santerini è prontamente represso: «Non bisogna guardare a quell’anno in meno come un taglio, come un meno, né si possono fare riforme della scuola partendo dal principio del risparmio e della riduzione di un anno. Il tema è come qualificare i quattro anni di scuola superiore, come migliorare gli apprendimenti dei nostri giovani». E a cosa bisogna guardare, allora? Non al principio di equità – questo sconosciuto – cui  ormai la politica nostrana, di qualsiasi matrice essa sia, non ha interesse; tanto e vero che la sperimentazione è riservata a istituti di prestigio, di selezione sociale, di visibilità mediatica, di risorse incamerate con anni di tête à tête con il Miur. Non al “mandato” costituzionale della scuola stessa: la finalità del nostro sistema di istruzione non è più quella di formare cittadini consapevoli, ma lavoratori-merce e nel minor tempo possibile. Il proverbiale e canonico raffronto con l’Europa, poi, è particolarmente ipocrita da parte di rappresentanti del Parlamento, che non si sono mai interrogati sulla natura del mandato che le diverse scuole ricevono dalle diverse Costituzioni degli Stati europei. Primato dell’economia (e del risparmio), quindi,  sui principi fondativi della Repubblica, basato su un’omologazione strumentale, “moderna” e flessibile e perciò (sillogismo incontrovertibile del Pensiero Unico), efficace e vera.

Gli interventi non hanno lasciato dubbi sulla reale matrice dell’iniziativa:  a parte le perplessità  della sociologa Luisa Ribolzi, Fondazione Agnelli, Confindustria e Miur hanno benedetto la sperimentazione, nella rigorosa e tradizionale secretazione di protocolli, criteri, esiti, che ha suscitato fondati interrogativi per nulla estemporanei persino in una terza classe di un Liceo delle Scienze Umane; indifferenti  alle critiche e alle obiezioni che provengono dal mondo della scuola. Non c’è che dire: ottimi presagi per l’imminente Costituente dell’istruzione, annunciata da Carrozza con furore mediatico, uno dei cui temi sarà per l’appunto l’accorciamento di un anno di studi nel percorso superiore. A cui, a quanto pare, sono già state fornite risposte inequivocabili.
E magari lo chiameranno “ascolto”…