Humanities

La storia dell’arte nel 2014

di Michele Dantini, Roars 1.1.2014

Il ministro Maria Chiara Carrozza afferma che la storia dell’arte sarà una priorità per il 2014 (vd. tweet qui sotto, 30.12.2013). Questa è una buona notizia. Speriamo che al MIUR si voglia anche riflettere sui modi e le finalità della reintroduzione di una disciplina inesplicabilmente depotenziata (o soppressa) da Mariastella Gelmini.

Sicuramente la storia dell’arte sarà una priorità per il 2014 http://espresso.repubblica.it/attualita/2013/12/09/news/la-storia-dell-arte-cancellata-dai-programmi-1.145143 …

 

L’insegnamento della storia dell’arte non è importante perché educa al “buon gusto” (quale?) o perché celebra l’”identità” nazionale (quale?). E’ importante perché stimola la curiosità, potenzia la capacità di osservazione e promuove un equilibrio complesso tra attitudini cognitive diverse: la volontà di comprendere da un lato, lo stupore dall’altro. L’una e l’altro assai utili in ogni (futuro) ambito professionale.

Per chi avvicina un’opera d’arte senza conoscenza di codici, gerghi, tradizioni questa si rivela a tutta prima una molteplicità caotica. Si ottiene senso, dunque si riesce a ordinare il caos, solo se si riconoscono convenzioni e regolarità: emergono allora “figure” (o costellazioni di “figure”) che possiamo giudicare di primaria importanza e “dettagli” che scegliamo di elaborare in un secondo momento.

Introdotta dalla distinzione tra ciò che è primario e ciò che è secondario, “motivo” e “sfondo”, la capacità di analisi supporta l’intero processo interpretativo: nel bambino così come nell’adulto. Riusciamo a attribuire “significato” a un’immagine (dipinta o scolpita) solo dopo mille (più una) decisioni interpretative. Alcune giuste, altre destinate a rivelarsi fallaci. Ma imparare a correggersi è importante tanto quanto azzeccare.

In breve. Una precoce familiarità con le opere d’arte educa a scegliere tra opzioni molteplici e a formulare valutazioni ponderate. Costituisce inoltre l’indubbio beneficio di una formazione culturale cosmopolita. Perché dunque tagliare?