Un anno di scuola dalla A alla Z
Fatti, avvenimenti e persone - Consuntivo
del 2013
da
TuttoscuolaNews,
n. 615 1.1.2014
A |
ABBREVIAZIONE (corso di studi)
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(febbraio) –
Trapelano le prime notizie
sulle proposte formulate dal gruppo di studio incaricato dal
ministro Profumo di predisporre un piano per la riduzione
della durata della scuola da 13 a 12 anni (con teorico
risparmio di 1.380 milioni di euro nella filosofia della spending review).
Sembra prevalga l’idea, non
nuova, di tagliare un anno alla scuola secondaria superiore,
anche riformata da pochissimo tempo e tuttora in fase di
assestamento strutturale.
Immediata l’opposizione dei sindacati della scuola,
preoccupati soprattutto per l’ulteriore taglio degli
organici e per la prospettiva di una nuova riscrittura dei
programmi (Indicazioni nazionali) ricalibrata
su quattro anni.
Sembra cadere l’ipotesi di
berlingueriana memoria di accorpare in sette anni primaria e
secondaria di I grado; abbandonata anche l’idea di
anticipare l’obbligo a 5 anni.
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B |
BERLUSCONI(SMO) |
(settembre) –
Nel mese di
settembre, con la scissione del Pdl e la formazione di una
nuova maggioranza che vede il passaggio della ricostituita
‘Forza Italia’ all’opposizione, sembra concludersi un
periodo quasi ventennale della storia del nostro Paese, il
ciclo del ‘berlusconismo’.
Forse è troppo
presto per fare un bilancio complessivo. Però se prendiamo
in considerazione un campo ben delimitato come, per esempio,
la politica scolastica, qualche riflessione è già possibile
farla. C’è stata una ‘filosofia’ berlusconiana (un’idea
guida, una strategia, un fil rouge) in materia di
educazione?
La risposta è
chiaramente negativa. Le due ministre messe in campo da
Berlusconi, Moratti e Gelmini, hanno seguito strade ben
diverse. La prima, Letizia Moratti, si è impegnata in una
megariforma, il cui fulcro è stata la pseudolicealizzazione
dell’istruzione tecnica, che non è stata portata a termine.
La seconda è stata invece protagonista di una
megarestaurazione, dal maestro unico al ripristino dei voti,
che ha mascherato l’obiettivo del Governo di ridurre
drasticamente la spesa pubblica per l’istruzione. Era tutto
ciò inevitabile?
Di fatto, tra
tocchi e ritocchi, fughe in avanti e marce indietro, la
scuola italiana è rimasta fondamentalmente la stessa. L’era
berlusconiana si conclude dunque con un nulla di fatto con
l’eccezione forse, e con molte limitazioni, della tematica
della valutazione di sistema.
Eppure le
premesse e le promesse di cambiamento, quelle evocate dalle
“tre i” (internet, inglese, impresa), slogan berlusconiano
della campagna elettorale del 2001 - ma anche possibile
scenario di modernizzazione - avrebbero potuto condurre in
teoria a un esito diverso. Nella politica scolastica, come
peraltro anche in altri campi, Berlusconi e il berlusconismo
hanno così dimostrato di essere soprattutto poderose
macchine del consenso, capaci di suscitare aspettative e di
vincere le elezioni, ma non di governare in modo efficace e
innovativo. Il risultato è che la scuola nel nostro Paese è
cambiata pochissimo proprio in un periodo in cui l’esigenza
del cambiamento è diventata sempre più forte. |
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BES |
(marzo)
– Il Miur, in applicazione di una direttiva del
ministro Profumo, emana una circolare che ufficializza per
la prima volta i bisogni educativi speciali (BES),
prevedendo che siano i consigli di classe a diagnosticare le
situazioni individuali che richiedono interventi didattici
particolari.
Per il sostegno
degli alunni con BES la circolare consente di adottare le
misure dispensative e gli strumenti compensativi previsti
per gli alunni con DSA (disturbi specifici di
apprendimento).
La disposizione
è oggetto di valutazioni contrapposte e suscita, comunque,
attenzione e preoccupazione nelle scuole. Forse, per una
problematica così importante, sarebbe stato più opportuno
coinvolgere il Parlamento con una legge apposita, come si
era fatto con i DSA (legge 170/2010).
Di un possibile
disagio degli insegnanti si fanno carico i sindacati di
categoria che ottengono tre mesi dopo un parziale stop da
parte del Dipartimento per l’istruzione del Miur, che
annuncia per l’anno scolastico 2013-14 un’applicazione soft
della circolare a carattere sperimentale.
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B |
BONUS
MATURITA’ |
(aprile-giugno)
– Il ministro Profumo, a fine mandato, emana un decreto per
l’accesso alle facoltà a numero chiuso del prossimo anno
accademico che prevede, oltre alla valutazione dei test di
ammissione, anche la valutazione di un bonus relativo al
percorso scolastico.
Il bonus era stato già
previsto dal ministro Fioroni con la legge n. 1 del 2007, ma mai
applicato.
I ragazzi usciti dalla
maturità possono così contare su alcuni punti in più in base al voto
dell'esame di stato: da un minimo di 1 a un massimo di 10, per i
voti compresi tra l'80 e i 100 centesimi.
Con il decreto viene
anche fissato il calendario delle prove di ammissione, anticipate a
luglio, subito dopo la maturità, anziché in autunno come avveniva
prima.
Le proteste per i tempi
troppo ravvicinati delle prove inducono il ministro Carrozza a
spostare il calendario dei test a settembre.
(settembre) – Il
decreto legge 104 abolisce il bonus con effetto immediato, mentre
sono in corso presso molte facoltà i test di ammissione. Molti
studenti protestano per l’intervento modificatore in corso d’opera;
si annunciano ricorsi.
In sede di conversione
del DL 104 viene inserito un emendamento che riconosce ai candidati
non ammessi di iscriversi in soprannumero. Un bonus che sa di
malus.
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C |
CARROZZA |
(febbraio)
– Ventiquattr’ore dopo la sua elezione alla Camera, Maria
Chiara Carrozza, capolista in Toscana per il Pd,
ufficializza le sue dimissioni da rettore della Scuola
Superiore Sant'Anna di Pisa. Due mesi dopo diventa ministro
dell’Istruzione, Università e Ricerca nel governo Letta. E’
rettore e ingegnere, come il suo predecessore Profumo, ma se
ne differenzia per il fatto di essere un ministro politico
di un governo politico.
(ottobre)
- In un’ampia intervista al mensile Tuttoscuola il
ministro Carrozza insiste soprattutto sul ruolo
istituzionale della scuola pubblica, che è quello di
garantire la fruizione del servizio da parte di tutti gli
studenti, a prescindere dalla loro provenienza e condizione
economico-sociale. “Per questo chiedo prima di tutto
rispetto per la scuola”, afferma con forza.
Sulle proposte
avanzate da Tuttoscuola con il dossier ‘Sei idee per
rilanciare la scuola’ Carrozza non lesina considerazione e
apprezzamento:
- Apertura
pomeridiana ed estiva delle scuole: d’accordo, anche il
Decreto legge ‘L’istruzione riparte’ ne parla per favorirla,
ma la decisione sulle attività da svolgere all’interno delle
strutture scolastiche deve essere lasciata alle autorità
locali: la stessa istituzione scolastica, gli enti locali,
le associazioni attive sul territorio.
- Carriera dei
docenti: disponibilità a discutere forme alternative di
sviluppo della professionalità docente (“Se ne parlerà in
occasione della ‘Costituente’”), ma allo stato delle cose
non si può “spremere di più gli insegnanti, che hanno uno
stipendio veramente basso”-
-
Digitalizzazione delle scuole: per sostenerla auspica la
defiscalizzazione delle donazioni (per le scuole “dobbiamo
portarla al 100 per 100”).
Un programma realistico e pragmatico, sostenuto da una
(relativamente) modesta - 400 milioni - ma significativa
ripresa degli investimenti dopo la lunga stagione dei tagli,
durata fino al precedente governo Monti-Profumo. |
CNPI |
(gennaio)
– Il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI)
non ha più membri surrogabili per esaurimento delle liste,
con la conseguenza di non potere disporre del numero legale
per funzionare.
La soluzione a
questo problema viene in modo clamoroso: lo scioglimento
delle Camere impedisce il varo di un decreto legge
‘milleproroghe’ simile a quelli che negli ultimi undici anni
hanno consentito di prorogare il CNPI, in attesa della
riforma degli organi collegiali territoriali.
Niente proroga,
niente CNPI.
La mancata
proroga del massimo organo consultivo per la scuola apre una
complessa problematica istituzionale derivante dal fatto che
una serie di atti amministrativi prevede l’obbligatorietà
del parere del CNPI.
Potranno essere
emanati, d’ora in poi, atti amministrativi, progetti
ministeriali o disegni di legge che prevedono tassativamente
un preventivo parere che non potrà più essere espresso?
Potranno essere ritenuti legittimi o avranno un vulnus
costitutivo che ne impedirà ogni efficacia giuridica?
La risposta,
non semplice, non verrà per tutto il 2013.
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D |
Dimensio-namento |
(dicembre) – Dopo mesi di confronto tra il MEF, il
MIUR e le Regioni per definire i nuovi assetti della rete
scolastica, è prevista in sede di Conferenza Unificata la
conclusione con sottoscrizione dell’accordo.
All’ultimo momento la decisione viene rinviata a data da
destinarsi. Tutto resta come prima, con situazioni molto
differenziate sul territorio.
Il motivo principale del mancato accordo è dovuto al fatto
che il MEF propone di portare ogni istituzione scolastica
alla media di mille alunni.
La proposta, contrastata dalle Regioni, dalle Province e dai
Comuni, determinerebbe una contrazione dell’organico dei
dirigenti scolastici e dei DSGA di circa 800 unità.
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E |
Education
at a Glance (Ocse) |
(settembre)
- La tredicesima edizione del rapporto annuale dell’Ocse
Education at a Glance (EaG) pone a confronto i sistemi
educativi dei 34 Paesi membri dell’Organizzazione più alcuni
altri, anche se non per tutti gli indicatori (alcuni dati
sono relativi all’anno 2010, altri al 2011).
L’Italia non ne esce
bene. Il rapporto EaG evidenzia che la spesa pubblica per
l’istruzione ammonta al 4,7% del Pil, contro una media Ocse del 6,3
%, terz’ultima peggiore performance. Ancora peggiore è il dato che
riguarda la percentuale della spesa per l’istruzione sul totale
della spesa pubblica: solo il 9% contro una media Ocse del 13%.
Per l’Italia viene
fatto poi notare un ulteriore squilibrio, già evidenziato negli
scorsi anni: se la spesa annua per studente è di 9.055 dollari,
contro una media Ocse di 9.249, quella per studente di scuola
materna ed elementare è un po’ sopra la media di questa fascia di
scuola, mentre quella per studente universitario è notevolmente
sotto: 9.561 dollari contro una media di 13.719.
(Insegnanti anziani) –
Gli insegnanti italiani sono i più anziani: nel 2011 il 47,6% dei
maestri elementari, il 61% dei professori delle medie inferiori e il
62,5% di quelli delle superiori aveva già superato i 50 anni d’età.
Le retribuzioni sono
più basse della media europea a inizio carriera, e la differenza
aumenta con l’anzianità: 29.418 dollari è la media per i professori
italiani all'inizio della carriera contro 31.348 di media nei 34
membri dell’organizzazione; 36.928 dollari per un prof italiano dopo
15 anni di anzianità, contro 41.665 di media Ocse.
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F |
FORMAZIONE OBBLIGATORIA
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(novembre)
- La legge 128 di
conversione del decreto legge 104 sull’istruzione conferma
sostanzialmente la clamorosa novità sulla formazione
obbligatoria in servizio dei docenti, nonostante vi sia
stata un’impennata contraria del mondo sindacale all’uscita
del DL.
Inizialmente sembrava che i
sindacati avessero trovato una sponda compiacente da parte
di alcuni politici per cancellare l’obbligo di
aggiornamento, ma, alla fine, le Camere hanno confermato la
norma, modificando in questo modo la normativa contrattuale.
Per più di vent’anni
l’aggiornamento in servizio era stato un diritto-dovere poi
il CCNL degli insegnanti aveva modificato tale previsione,
prevedendo che l’aggiornamento fosse soltanto un diritto.
È caduto un
tabù. Per il 2014 però ci sono soltanto 10 milioni per
applicare la legge: basteranno per rendere permanente
l’obbligo?
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G |
GaE
(Graduatorie ad
Esaurimento) |
(ottobre) –
In sede di conversione del DL 104 (l’istruzione riparte)
vengono presentati diversi emendamenti che chiedono
l’immissione nelle graduatorie ad esaurimento (GaE) di
docenti precari.
Gli emendamenti
non vengono ammessi, in quanto non pertinenti con i
contenuti e le finalità del decreto legge.
Alcuni
sindacati minori, ancora una volta, stigmatizzano l’accaduto
e criticano il ministro Carrozza per la sua dichiarata
indisponibilità a riaprire le graduatorie.
Graduatorie che
però si svuotano molto lentamente con la previsione che
molte, per svuotarsi, richiederanno molti molti anni (e
forse decenni).
Prima o poi il
problema dovrà essere affrontato, prendendo il toro
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H |
Handicap |
(novembre)
-
La legge
128/2013 di conversione del DL 124 (l’istruzione riparte)
introduce un emendamento alla norma di stabilizzazione dei
posti di sostegno per gli alunni portatori di handicap.
La norma di
base prevede la stabilizzazione di 26.684 posti di sostegno.
L’emendamento dispone che, a partire dal 2014-15, i posti
stabilizzati in ogni regione abbiano una medesima
percentuale rispetto a tutti i posti di sostegno attivati.
Da tempo
Tuttoscuola sosteneva questo obiettivo della perequazione
che, finalmente, ha trovato ascolto in Parlamento.
L’emendamento
intende mettere fine a una situazione di forte sperequazione
tra i territori, consolidatasi nel tempo e che vede quasi
tutte le regioni del Sud e delle Isole con valori di
stabilizzazione al di sopra della media nazionale.
Se, come tutto
lascia intendere, la norma sarà rispettata fino in fondo,
nei prossimi due anni vi saranno più posti di sostegno
stabilizzati al Centro-Nord e altrettante immissioni in
ruolo.
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I |
Invalsi
(prove) |
(maggio)
–
Anche
quest’anno, in vista dell’annuale rilevazione degli
apprendimenti da parte dell’Invalsi di maggio, si sono
intensificate, da parte di alcune organizzazioni e
sindacati, azioni preventive di disturbo (proposte di
sciopero e mobilitazioni varie). Le astensioni dei docenti
tuttavia non sono state significative, con rare eccezioni
locali.
La Gilda, unico
dei cinque sindacati rappresentativi che l’anno scorso aveva
invitato all’astensione sotto forma di sciopero bianco,
quest’anno ha preferito concentrarsi sulla questione
dell’obbligatorietà dell’aggiornamento dei docenti nei
territori dove i test Invalsi hanno fatto emergere limiti di
apprendimento degli alunni.
“È
sbagliato e ingiusto gettare la croce solo sulle spalle dei
docenti se il rendimento degli alunni ai test Invalsi è
scarso, perché bisogna tenere conto anche di altri fattori,
tra cui il contesto socio-ambientale in cui sono inserite
alcune scuole”. Dietro questa affermazione di
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda,
difficilmente contestabile, sta tuttavia una opposizione di
principio alla obbligatorietà dell’aggiornamento,
considerata un attacco alla professionalità degli
insegnanti: l’aggiornamento dei docenti, secondo questo
sindacato, non può essere trasformato in un obbligo
attraverso un decreto, scavalcando il contratto di lavoro.
Ma perché mai
l’Italia dovrebbe restare uno dei pochi Paesi al mondo in
cui la formazione in servizio non è contemplata come una
componente fondamentale della professionalità docente?
Sull’Invalsi
torniamo anche nelle voci Sestito
e Valutazione. |
IUS SOLI |
(maggio)
– Il neo-ministro Cecile Kyenge propone di attivare in
Italia la cittadinanza a favore degli stranieri residenti o
nati in Italia, lo jus soli.
Potrebbero
fruirne 370 mila studenti nati in Italia da genitori
stranieri.
Da destra e
soprattutto dalla Lega si registrano forti reazioni, con
l’eccezione dell’ex-ministro di centrodestra Giovanardi,
concittadino del ministro dell'integrazione, che apre allo
jus soli, con una proposta di mediazione: dare la
cittadinanza ai bambini nati in Italia al momento
dell'iscrizione alla prima elementare.
Secondo
Giovanardi la proposta "da un lato può rassicurare verso
eventuali utilizzi strumentali della Jus Soli e dall'altro
rende più efficace l'integrazione nel momento in cui i
bambini italiani ed extracomunitari si trovano a frequentare
assieme la scuola dell'obbligo''.
Dopo le
barricate alzate dalla Lega Nord, anche il presidente del
Senato Pietro Grasso ha sconfessato la Kyenge, che nei
giorni precedentiaveva ricevuto applausi dalla presidente
della Camera Laura Boldrini. "Starei attento a parlare di
‘ius soli’ - ha spiegato la seconda carica dello Stato -
perché il rischio è di vedere una gran quantità di donne
venire in Italia a partorire solo per dare la cittadinanza
ai propri figli".
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L |
LAUREATI |
(novembre) -
Dall’ultimo
monitoraggio sui livelli d’istruzione in Europa la
situazione dell’Italia appare preoccupante in particolare
per quanto riguarda la formazione universitaria.
L'Italia
risulta molto al di sotto della media Ue, in particolare,
nel “raggiungimento dell’educazione universitaria” delle
persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni: 21,7% contro
il 35,7% comunitario nel 2012 e con l’obiettivo finale del
40% da raggiungere per il 2020.
Nel 2000 la
percentuale di laureati in quella fascia di età in Italia
era dell’11,6%, mentre la media dei Paesi europei era del
22,4%; nel 2009 la percentuale di laureati italiani era
salita al 19,2%, mentre quella dei Paesi UE era arrivata al
31,1%.
Ma al traguardo
finale del 2020, con l’obiettivo del 40% fissato da Lisbona,
all’Italia mancano ben 18,3 punti in percentuale. Per
raggiungere l’obiettivo del 40% occorrerebbe realizzare un
aumento annuo costante di oltre due punti da oggi fino al
2020. Inimmaginabile.
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M |
MALALA
|
(luglio)
–
“Un bambino, un
insegnante, un libro, una penna possono cambiare il mondo”.
Questo breve passaggio conclusivo del discorso pronunciato
da Malala Yousafzai a New York, nella sede delle Nazioni
Unite, nel giorno del suo sedicesimo compleanno, riassume
con rara efficacia un concetto che è stato sviluppato, a
partire dalla Conferenza mondiale ONU-Unesco ‘Education for
all’ (Jomtien, Thailandia, 1990), da una imponente
saggistica, che si è occupata però, purtroppo, più di
fallimenti che di successi. Tanto che l’obiettivo di
estendere la frequenza della scuola elementare a tutti i
bambini e le bambine del mondo è stato spostato dal 2000 al
2015, ed è tuttora lontano dall’essere raggiunto.
A Malala,
ragazzina pakistana diventata famosa a soli 13 anni per aver
aperto un blog (con il sostegno della BBC), intitolato Diary
of a Pakistani Schoolgirl, i talebani avevano sparato alla
testa, nello scorso mese di ottobre, con l’intenzione di
ucciderla. Volevano uccidere lei ma soprattutto le idee da
lei sostenute sull’importanza della scuola e sul diritto
delle donne di frequentarla alla pari dei maschi: una
bestemmia per i talebani, che non a caso hanno concentrato i
loro attacchi sulle scuole femminili o frequentate dalle
ragazze.
Può darsi, come
ipotizzato in questi giorni dalla stampa inglese, che dietro
il lancio planetario della ‘Storia di Malala’ ci siano anche
cospicui interessi mediatico-editoriali. Però il mondo
intero ha potuto cogliere il coraggio e la fierezza che
risuonavano nelle parole pronunciate da Malala nella sede
delle Nazioni Unite. Davvero la scuola non poteva trovare
una testimonial più efficace.
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N |
NEET |
(MAGGIO)
- L’Ocse rende noti i dati aggiornati relativi alla
disoccupazione giovanile in Europa. Il quadro è
impressionante: un giovane su cinque tra 15 e 24 anni oggi è
senza lavoro da almeno un anno: si tratta di 22 milioni di
under 25 che hanno smesso di studiare o di seguire corsi di
formazione e non lavorano. Sono i cosiddetti giovani NEET (Not
in Employment, Education and Training).
All’interno dei
NEET poi l’Ocse fa un’ulteriore distinzione, tra NEET ‘unemployed’,
che cercano lavoro senza trovarlo, e NEET ‘inactive’, che il
lavoro neanche lo cercano. I dati, riferiti in questo caso
al 2011 e alla fascia d’età 15-29 anni nei 33 Paesi Ocse
esaminati, indicano una media di 47 giovani su 100 in
educazione o formazione, 37 occupati e 15 NEET, di cui 6
unemployed e 9 inactive.
In Europa la
situazione è migliore nei Paesi del Centro-Nord, che hanno
tassi di NEET più bassi della media Ocse, in genere peggiore
nella parte meridionale del continente, con Spagna, Grecia e
Italia (cui si aggiunge l’Irlanda) sopra il 20.
L’Italia si
colloca al quarto posto per percentuale di disoccupati tra i
giovani under 25, con un tasso che sfiora il 39%. Peggio di
noi in Europa Grecia e Spagna, che superano il 50%, e
Portogallo, che si attesta al 40% (ma recupera nella fascia
25-29 anni).
(Italia e Germania) - Quanto ai NEET under 25
italiani (21,5%) il direttore del Dipartimento del Lavoro e
degli Affari sociali dell’Ocse Stefano Scarpetta afferma che
occorre combattere l’elevata dispersione a livello
scolastico e universitario e intervenire sul sistema
educativo puntando sulla “formazione tecnica di qualità”,
sul modello tedesco.
Scarpetta
indica come esempio virtuoso quello tedesco, ma va detto che
la formazione tecnica in Germania comprende il vasto settore
della formazione ‘duale’, percorsi di apprendistato
formativo che si svolgono prevalentemente in azienda,
integrati da una formazione di carattere più generale, e che
l’istruzione superiore comprende le Fachhochschulen,
università tecniche in alternanza scuola lavoro: due
esperienze importanti anche ai fini della lotta alla
dispersione e alla disoccupazione giovanile che l’Italia non
ha mai avuto, e che solo ora si cerca in qualche modo di
incoraggiare tra mille difficoltà e resistenze.
|
O |
OCSE PISA |
(dicembre) –
Il 3 dicembre vengono
resi noti, in contemporanea in tutto il mondo, i risultati dei test
Ocse-Pisa 2012 sui quindicenni. L’Italia registra progressi in
matematica (campo principale di indagine), scienze e anche (meno) in
lettura, pur restando i risultati dei nostri studenti leggermente
inferiori alle medie OCSE. Su 65 Paesi oggetto dell’indagine
l’Italia si colloca tra il 26° e il 35° posto.
In matematica e scienze
il nostro Paese consolida i notevoli progressi già registrati nel
2009 rispetto ai dati del 2006.
Pur restando inferiori
alla media Ocse i risultati medi in matematica appaiono comunque
migliorati: gli studenti italiani ottengono in media un risultato di
485 punti, comparabile ai risultati di Federazione Russa, Lettonia,
Lituania, Norvegia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Spagna e Stati
Uniti. In Italia, tra il 2003 e il 2012, i risultati medi sono
migliorati di 20 punti, avvicinandosi alla media Ocse. L'Italia
viene segnalata dall’Ocse come uno dei Paesi che ha registrato i
progressi più rapidi in matematica rispetto ai Paesi che hanno
partecipato a tutte le indagini PISA dal 2003 al 2012.
In media i ragazzi
superano le ragazze di 18 punti in matematica, una differenza più
ampia rispetto a quanto osservato in media negli altri Paesi
dell'OCSE (11 punti), ma le ragazze si rifanno in lettura.
Tra il 2003 e il 2012
la percentuale di studenti che si colloca nella fascia inferiore del
punteggio (low performers) è diminuita di 7 punti percentuali e
quella degli studenti che si colloca nella fascia superiore del
punteggio (top performers) è aumentata di 2,9 punti.
Ora il 25% degli
studenti in Italia ottiene un punteggio inferiore al livello 2 della
scala dell'indagine PISA in matematica (il livello 2 è considerato
il livello minimo per esercitare i diritto di cittadinanza), mentre
la media OCSE è del 23%, quindi più vicina.
Anche in scienze la
performance media dell’Italia è migliorata di 18 punti tra il 2006 e
il 2012 (ora è a 494 punti) e la maggior parte dei progressi sono
stati registrati tra il 2006 e il 2009.
In lettura invece i
risultati sono stabili tra il 2000 e il 2012 (490 punti) e sono
paragonabili a quelli di Austria, Danimarca, Israele, Spagna, Svezia
e Stati Uniti e Ungheria.
Buoni risultati,
dunque, o almeno promettenti, considerato il trend verso il
miglioramento, e malgrado, come è stato osservato, la diminuzione
delle risorse disponibili.
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P |
PONTE
(classi) |
(novembre) – Nella scuola “Besta” di Bologna
viene autorizzata un’esperienza di classi ponte. Esponenti
della sinistra e dello stesso PD esprimono critiche.
Il ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza afferma:
"Non giudico, magari lì si è creato un contesto eccezionale.
Però io sono contraria alle classi ponte. Meglio potenziare
l'insegnamento dell'italiano nel pomeriggio".
Sulla classe della scuola di Bologna si era espressa anche
il ministro per l’integrazione, Cécile Kyenge: "Il miglior
modo per l'inserimento è mettere le persone a contatto con
gli altri. Non condivido l'idea delle classi ponte, meglio
rafforzare gli strumenti di sostegno come il doposcuola o
fuori dalla scuola, ma i ragazzi stranieri devono essere a
contatto con gli altri alunni".
Imbarazzo del PD e soddisfazione della Lega che con Zaia
(vedi) aveva avanzato una proposta simile due mesi prima.
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Q |
Quattro
anni |
(ottobre) –
La sortita
iniziale era stata di Francesco Profumo, che all’inizio del
2013 aveva chiesto a un apposito gruppo di lavoro di
ipotizzare un set di soluzioni per ridurre la durata della
scuola italiana da 13 a 12 anni. Se ne era saputo poco, tra
sospetti e fuochi di sbarramento sindacali. Ma la talpa
aveva scavato, soprattutto in direzione di una delle ipotesi
fatte, quella di ridurre di un anno la durata della scuola
secondaria superiore.
Così a ottobre,
quando si viene sapere che il nuovo ministro Carrozza ha
autorizzato tre scuole secondarie superiori della Lombardia
(tutte e tre paritarie) a sperimentare la riduzione di un
anno della durata del percorso liceale, la sorpresa è
grande. E grandi sono anche le proteste dei sindacati, che
temono – al di là delle obiezioni di carattere
socio-pedagogico mosse da alcuni di essi – la
generalizzazione di un modello di scuola secondaria
superiore (i licei farebbero da apripista) che ridurrebbe
l’organico degli insegnanti di un quinto, circa 40.000 posti
(che potrebbero però sempre essere utilizzati per colmare
varie carenze di sistema).
Il ministro
però contrattacca, auspica l’estensione della
sperimentazione alle scuole statali e dice che se da giovane
avesse avuto l’opportunità di fare il liceo in quattro anni
anziché in cinque lei l’avrebbe certamente colta.
Vedremo come
procederà la sperimentazione e se e quante scuole statali
chiederanno di aderire. A nostro avviso non c’è ragione
perché essa venga ostacolata. Quello dell’allineamento della
durata dell’istruzione scolastica in Italia ai 12 anni di
quasi tutti i più importanti Paesi del mondo (USA, Cina,
Russia, Giappone, Corea, quasi tutta l’Europa) è un nodo
cruciale da approfondire, trattandosi di una questione
strategica, di sistema-Paese.
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R |
RACE
TO
THE
TOP |
(settembre) - Il
programma Race to the top - espressione traducibile con ‘gara, o
corsa, per il successo’ - è la riforma della scuola, o per meglio
dire dell’intervento federale statunitense in materia di politica
scolastica (la cui gestione operativa resta sempre e comunque, come
da tradizione, nella competenza dei singoli Stati), voluta da Obama
in sostituzione del precedente programma No Child Left Behind,
introdotto da George W. Bush nel 2001.
In sostituzione ma
anche in parziale continuità, va detto, perché entrambe le leggi
hanno ricevuto un consenso bipartisan, entrambe si propongono di
migliorare la qualità e l’equità della scuola americana ed entrambe
sono basate su un sistema di incentivi rivolti agli Stati a
condizione che essi raggiungano determinati risultati. La
differenza, sostanziale però, è che nel modello di Bush la verifica
del raggiungimento di tali risultati era affidata a scelte
discrezionali dei singoli Stati, mentre in quello di Obama gli Stati
che vogliono ricevere i contributi sono invitati a utilizzare gli
standard federali per la valutazione dei risultati conseguiti dai
vari soggetti (dagli alunni per inglese e matematica, dagli
insegnanti per quanto riguarda la loro preparazione, dai dirigenti
delle scuole ecc.).
Con il nuovo anno
scolastico quasi tutti gli Stati (fanno eccezione il Texas, l’Alaska
e pochi altri) parteciperanno alla gara (race) per assicurarsi gli
incentivi, che ammontano ad oltre 4 miliardi e mezzo di dollari. Per
ottenerli dovranno utilizzare gli standard federali e dimostrare di
aver realizzato miglioramenti nei livelli di apprendimento degli
studenti, di aver ridotto i fallimenti scolastici, di aver
migliorato la formazione iniziale e continua dei docenti, e anche di
aver aumentato il numero delle ‘charter school’, le scuole private
gestite da enti e associazioni che si impegnano a rispettare
determinati criteri di qualità e di sostegno delle fasce deboli
della popolazione studentesca.
Il punto sul quale
ferve il dibattito, che investe trasversalmente gli schieramenti
politici, è quello che riguarda la centralizzazione degli standard.
Le critiche vengono non sono solo dai repubblicani più conservatori,
diffidenti verso ogni forma di ampliamento delle competenze federali
rispetto a quelle degli Stati, ma anche dagli ambienti liberal dello
schieramento democratico che paventano la crescita dei poteri
buro-tecnocratici e la compressione della libertà di insegnamento
indotta dalla necessità di adeguarsi a standard definiti dall’alto e
dalla lontana Washington. |
REFERENDUM |
(maggio)
– A Bologna si svolge il referendum cittadino sul
finanziamento del Comune a favore delle scuole dell’infanzia
paritarie a gestione privata.
Il referendum non ha
valore vincolante per il Comune, ma rappresenta, comunque, un
segnale che non può non essere considerato, e assume gradualmente
una valenza nazionale che travalica i confini cittadini del
capoluogo emiliano.
Oltre alla questione
del finanziamento il referendum si veste di una valenza politica nei
confronti del PD che governa da sempre Bologna. La sinistra ne esce
comunque spaccata.
A scrutinio ultimato
della consultazione consultiva, il fronte che chiede di abolire il
finanziamento del Comune alle scuole dell’infanzia private arriva al
58%. Molto bassa però la partecipazione, ferma al 28,7% degli aventi
diritto.
I promotori del
referendum gridano vittoria; il sindaco Virginio Merola, come aveva
dichiarato prima del voto, sembra ignorare l’esito.
L’ex-premier Romano
Prodi dichiara che gli esiti dei referendum devono sempre essere
rispettati.
Né vinti né vincitori? |
RENZI |
(gennaio-dicembre)
– La prima sortita ‘scolastica’ del futuro segretario del Pd si
registra, nel 2011, quando il sindaco di Firenze dichiara che
sull’università Mariastella Gelmini non era stata abbastanza
cattiva: “avrebbe dovuto avere il coraggio di chiudere la metà delle
università italiane: servono più a mantenere i baroni che a
soddisfare le esigenze degli studenti”.
Poi, a giugno 2012,
apre alla proposta di Jacopo Morelli, neoeletto presidente dei
Giovani imprenditori di Confindustria, di inserire l’abolizione del
valore legale dei titoli (si riferiva soprattutto all’università)
tra le quattro proposte per far sì che i giovani non diventino una
“generazione esclusa”, accanto alla revisione del sistema
pensionistico, al taglio delle tasse sui giovani e alla soppressione
dell’Irap.
Nel corso del 2013, nel
confronto interno al Pd, difende il principio della meritocrazia e
promette di ascoltare di più gli insegnanti, “Tutti hanno provato a
riformare la scuola, nessuno l’ha mai fatto ascoltando chi nella
scuola ci vive ogni giorno. Lo faremo noi”. Poi, diventato
segretario, rilancia su questo tema: “Abbiamo perso l'autorevolezza
sociale del ruolo dell’insegnante, la riconquisteremo centimetro per
centimetro”, afferma, ribadendo che “E’ l’educazione il punto da cui
ripartire”.
I toni sono alla Tony
Blair (che mise il motto ‘Education, Education, Education’ al centro
della sua prima campagna elettorale nel 1997), bisognerà vedere se
Matteo Renzi avrà la stessa fortuna politica…
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S |
SESTITO |
(novembre) - La
notizia delle dimissioni irrevocabili di Paolo Sestito da presidente
dell’Invalsi viene data dal ministro Carrozza, alla fine di un
incontro con i sindacati, il 22 novembre, come se fosse una notizia
minore, da ‘eventuali e varie’.
E invece, per chi si
occupa di scuola e di valutazione di sistema, la notizia è di
straordinaria importanza, perché l’abbandono della guida
dell’Istituto nazionale di valutazione da parte dell’autorevole
economista di estrazione Bankitalia, stretto collaboratore e
successore all’Invalsi di un altro importante ricercatore
proveniente dall’ufficio studi di via Nazionale, Piero Cipollone
(ora alla World Bank), potrebbe segnare la conclusione di un ciclo
nella storia dell’Istituto, cominciato nel 2007, anno del ‘Quaderno
bianco sull’istruzione’: quello dell’utilizzazione della valutazione
di sistema (anche) come indicatore macroeconomico e come leva per
favorire l’aumento dell’efficienza e dell’efficacia del sistema
scolastico per il tramite della sistematica rilevazione dei dati
relativi agli apprendimenti e ai fattori interni ed esterni che su
essi incidono.
Non è detto che questa
linea venga abbandonata, e in ogni caso sarebbe auspicabile che
l’Invalsi continuasse a sviluppare la raccolta sistematica di dati,
come ha fatto con successo e con una certa autonomia dal Ministero
in questi anni.
(La successione) - Per la successione a Sestito il ministro
ha nominato una commissione di cinque esperti, presieduta dal
linguista ed ex ministro De Mauro, di cui non fa parte alcun
economista. Il ritorno di un ‘umanista’, forse di un pedagogista,
alla guida dell’Invalsi potrebbe comportare secondo qualcuno una
minore disponibilità dell’istituto di Villa Falconieri a condividere
i modelli e l’ottica economicista dell’Ocse, soprattutto per quanto
riguarda il versante nazionale (ciò che desta i sospetti
dell’economista Andrea Ichino, ma anche dell’ADi). Sul versante
internazionale sembra invece difficile che la poderosa macchina
valutativa dell’Ocse (PISA + EaG), che ha ormai una sua filosofia
consolidata, possa funzionare in Italia diversamente da come sta
funzionando nel resto del mondo.
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T |
TABLET
SCHOOL |
(aprile) - Si può fare una didattica sintonizzata con
il modo di pensare, interagire, apprendere dei giovani di
oggi, i ‘nativi digitali’, per usare la fortunata
espressione lanciata da Marc Prensky nel 2001? E possono i
docenti della scuola italiana, che hanno fra l’altro una età
media tra le più elevate al mondo, imparare a gestire questa
nuova metodologia didattica?
A questi interrogativi risponde decisamente di sì Dianora
Bardi, docente di italiano e latino del liceo Lussana di
Bergamo, vicepresidente dell’associazione ImparaDigitale,
protagonista della due giorni di dibattito, workshop e
formazione dei docenti che si svolge il 5 e 6 aprile a
Bergamo con il titolo generale di ‘Tablet School’, proposto
e scelto on line dagli studenti.
La condizione, come spiega la stessa Bardi, è che gli
insegnanti imparino a utilizzare uno strumento, come il
tablet, che assai più dei ‘vecchi’ computer portatili,
compresi i netbook, si presta a soddisfare l’esigenza dei
giovani di oggi di gestire i processi di apprendimento in
modo collaborativo, condiviso, co-creativo e multimediale, e
non più in quello individualistico e monomediale legato alla
tradizionale didattica centrata sul binomio lezione ex
cathedra-studio individuale su testi stampati.
Gli insegnanti non devono però focalizzarsi sulle
tecnologie, inseguire i produttori e gli editori in una
affannosa rincorsa alle ultime novità hardware e software:
devono sapere tuttavia come esse possono essere impiegate a
fini didattici, e scegliere solo le funzioni necessarie a
questo scopo. Fondamentale diventa, nell’ottica
dell’apprendimento co-costruito, tablet-based, per sua
natura e per molti aspetti transdisciplinare, la
collaborazione tra i docenti nella programmazione condivisa
delle attività didattiche, compresa la valutazione dei
risultati raggiunti dai singoli studenti.
Altrettanto fondamentale è trovare nuovi modelli di
finanziamento, anche con il coinvolgimento dei privati per
lo sviluppo della scuola digitale: nel 2013 sono solo 36 su
quasi 9 mila gli istituti scolastici completamente
digitalizzati con i fondi del programma del Miur
scuol@2.0 e solo 1200 le
classi 2.0. |
TFA
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(ottobre)
–Si fa serrata la ‘guerra tra poveri’ che divide due
categorie di insegnanti aspiranti ad entrare in pianta
stabile nella scuola italiana, i ‘tieffini’ e i ‘passini’
(neologismi subito entrati nel gergo corrente).
I primi, mediamente più giovani, sono quelli che nei mesi
precedenti hanno superato le prove preselettive e poi i
corsi del Tirocinio Formativo Attivo (TFA), conseguendo il
titolo abilitante utile per l’ammissione ai concorsi. I
secondi sono i docenti precari non abilitati, ma con almeno
tre anni di anzianità di servizio, interessati allo
svolgimento dei Percorsi Abilitanti Speciali (PAS), ai quali
accederanno direttamente, senza preselezione.
I tieffini, temendo di essere scavalcati nelle graduatorie
degli abilitati dai passini, che hanno in genere maggiore
anzianità di servizio e titoli, vorrebbero avere la
precedenza nelle supplenze a scapito dei concorrenti:
ritengono di averla meritata avendo superato una prova
fortemente selettiva. I passini a loro volta sostengono di
aver guadagnato sul campo il diritto ad accedere
direttamente ai corsi, rivendicando il ‘merito’ di aver
tenuto in piedi la scuola in anni e in circostanze
difficili. Perciò vorrebbero una graduatoria unica, senza
distinzione con i tieffini.
Se sulla precedenza c’è uno scontro di interessi, entrambe
le categorie convergono invece sulla richiesta di entrare
nelle Graduatorie a esaurimento (Gae). Per ora senza
successo.
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U |
UNESCO |
(ottobre)
- La ‘giornata mondiale dell’insegnante’ (World TeacherDay),
istituita dall’Unesco nel 1994, viene celebrata il 5 ottobre
di ogni anno in oltre 100 Paesi con l’obiettivo di
valorizzare il ruolo dei docenti nella educazione delle
nuove generazioni in generale, ma con particolare
riferimento a quelle residenti nei Paesi sottosviluppati.
In questa
iniziativa l’Unesco è infatti affiancata da altri organismi
impegnati sul fronte della Education for all: l’ILO
(International Labour Organization), l’UNICEF, l’UNDP (United
Nations Development Programme) e EI (Education
International).
La parola
d’ordine di quest’anno, scelta dall’Unesco e dai suoi
partner, è “Call for Teachers”, traducibile in “Cercansi
insegnanti”, un appello che si spiega con la carenza di
insegnanti che si registra in molti Paesi (ne servono oltre
5,2 milioni per il 2015, di cui 3,5 per sostituire quelli in
uscita), e soprattutto in quelli poveri che ne avrebbero più
bisogno.
Per una
educazione di qualità però, avverte l’Unesco, servono
insegnanti di qualità, cioè “ben addestrati, valorizzati,
supportati e motivati”, mentre in molti casi essi restano
sotto qualificati, mal retribuiti e poco riconosciuti a
livello sociale.
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V |
VALUTAZIONE |
(dicembre)
- Il 12 dicembre si svolge a Roma il convegno “Esperienze
internazionali di valutazione dei sistemi scolastici”,
promosso dalla associazione Treellle e dalla Fondazione per
la scuola-Compagnia di San Paolo in collaborazione con
l’Ocse.
Nel pomeriggio
due dei principali relatori della mattina, il noto
economista dell’istruzione Eric Hanushek, e il responsabile
del programma Ocse-Pisa Andreas Schleicher, partecipano a un
seminario di approfondimento, coordinato da Tuttoscuola, cui
partecipa un ristretto numero di esperti.
È l’occasione
per capire meglio le strategie internazionali – almeno
quelle di un organismo intergovernativo come l’Ocse – in
materia di valutazione.
(Schleicher) - Per Andreas Schleicher, responsabile
del programma Pisa, la valutazione è necessaria per favorire
i processi decisionali e deve essere basata su evidenze,
senza le quali non sarebbero possibili né la rendicontazione
(accountability) nè il miglioramento rispetto a obiettivi
predefiniti: ogni miglioramento che deve essere misurato con
parametri certi, quantificabili.
Riferendosi al
nostro Paese Schleicher osserva che rispetto alle tre
componenti valutative essenziali per un corretto ed efficace
processo decisionale (la valutazione degli apprendimenti
degli studenti, la valutazione degli insegnanti e dei capi
di istituto e la valutazione dell’efficacia e
dell’efficienza delle singole scuole) l’Italia fa fronte
adeguatamente solo alla prima, ignora quasi del tutto la
seconda ed è solo agli inizi per la terza. E’ insomma in
grave ritardo, anche se sta cercando di recuperare.
(Hanushek) - Il contributo di Hanushek, caposcuola
degli economisti dell’istruzione e consulente dell’Ocse, al
chiarimento delle strategie internazionali è altrettanto
chiaro, anche se suscita riserve e discussioni: dal suo
punto di vista conta solo ciò che è quantificabile e
misurabile. Quindi solo le evidenze empiriche, frutto di
ricerche e di test, tra i quali quelli sull’apprendimento
degli studenti e sulle competenze degli insegnanti sono
fondamentali. Il prof illustra una vasta casistica di
situazioni e dati in base ai quali si evidenzia una stretta
correlazione tra miglioramento della qualità dei sistemi
educativi e miglioramenti economici, sia individuali che
delle nazioni. Se fosse per lui gli insegnanti migliori
dovrebbero essere premiati e quelli peggiori licenziati, in
quanto dannosi.
Ma il programma
Ocse-Pisa, assicura Schleicher, non ha questa finalità:
serve per informare e stimolare i decisori, le scuole e gli
insegnanti a fare meglio anche attraverso il confronto, il
benchmark nazionale e internazionale.
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Z |
ZAIA |
(settembre)
- Non bisogna creare ghetti, ma i bimbi immigrati che non
sanno l’italiano non possono seguire un percorso scolastico
iniziale con i loro compagni che sanno l'italiano.
È questa
l’opinione del presidente del Veneto, Luca Zaia, che lancia
un appello al Governo perché decida presto e propone la
creazione di ‘classi ponte’ (vedi) per quanto riguarda
l'alfabetizzazione italiana.
Le classi ponte
dovrebbero essere composte soltanto da alunni stranieri per
imparare, in modo intensivo, la lingua italiana prima di
essere immessi in classi normali con alunni italiani.
Secondo Zaia,
un’integrazione vera non si ha quando si porta un ragazzino
che non sa una parola di italiano in una classe in cui tutti
gli altri lo parlano. Sarà pure vero che poi imparerà
l'italiano – dice il governatore - ma sarà vero anche che
questo bambino resterà emarginato per un lungo periodo della
sua vita scolastica.
La posizione
leghista non è nuova e già nel 2008 in Parlamento era stata
presentata una mozione leghista a favore delle classi ponte.
La sinistra
considera quella di Zaia una provocazione. |
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