Gli studenti italiani e il lavoro

di P.A. La Tecnica della Scuola 18.2.2014

I diplomati e neolaureati francesi, tedeschi o svedesi con risultati simili ai colleghi italiani hanno più chance di assunzione


Il Sole 24 Ore cerca di capire la disparità fra i nostri studenti e quelli europei in termini di opportunità occupazionale.

Nonostante la Germania abbia reagito alla crisi con un tasso di disoccupazione giovanile stabile o addirittura in discesa e una percentuale record di laureati sotto contratto a sei mesi, qualche imprevisto si è manifestato.

Infatti, spiega il giornale, secondo le stime del Bundensbargur für Arbeit, l'agenzia di lavoro della Germania, il 12% degli studenti sotto apprendistato non completa il suo periodo di formazione e il 30% degli universitari abbandona gli studi prima della laurea.
Ma non solo, la vicinanza con le cifre negative italiane si registrerebbero pure tra teoria e competenze professionali. Anche in Germania infatti solo il 43% dei datori di lavoro considera «adeguatamente preparati» i giovani formati da istituti e atenei dei 16 Lander tedeschi. Il divario con l'Italia si registra nel «dual education system», il sistema di alternanza scuola-lavoro introdotto per legge nel 1969. Il governo tedesco autorizza più di 300 formule di apprendistato diverse, frequentate dal 60% degli studenti di scuola superiore. La retribuzione, per i giovani alle primissime armi, viaggia sui 650 euro e traina l'equivalente di un nostro stagista verso l'assunzione a tempo indeterminato.

L'alternanza scuola-lavoro è invece ferma al palo con stage poco diffusi in Francia: un tirocinio solo il 46% dei giovani, contro una media Ue del 61%. Ma anche sottopagati e ininfluenti sulla carriera successiva: se il 60% di studenti tedeschi iscritti a un programma di apprendistato trova lavoro o si orienta con decisione per il futuro, trimestri o addirittura anni di stage alzano di appena il 6% la probabilità di assunzione.

Altro gap: l'internazionalità, intesa sia come competenze ridotte con le lingue straniere sia come apertura internazionale della formazione accademica e lavorativa. La terza edizione dell'indice di conoscenza dell'inglese a firma di Ef/Epi relega l'Italia tra i paesi a «basso livello di competenza» con un punteggio di 50,97, sotto alla Russia (51,08) e sopra a Cina e Francia (50,77 e 50,33). Qualcosa si sta muovendo, visto il progresso di quasi 2 punti rispetto alla "pagella" precedente.

Ma è ancora poco, soprattutto per l'attrattività di matricole dall'estero: negli atenei italiani gli studenti stranieri sono circa il 3,5%. In Germania il 10%.