Giannini: "I concorsi sono efficaci
di A.G. La Tecnica della Scuola 21.2.2014 Riprendiamo quanto la neo ministra all’istruzione, Stefania Giannini, ha detto a huffingtonpost.it lo scorso 11 febbraio per capire la sua visione del mondo della scuola, su cui poco si è intrattenuta, e dell’università, che è risultato il pezzo forte
Vedo tre livelli di intervento. Primo: il potenziamento del Diritto allo studio, Cenerentola nelle politiche universitarie dell’ultimo decennio, per garantire un reale incentivo al merito e una terapia efficace per la dispersione ancora altissima (in termini di studenti fuori corso e numero di abbandoni). Gli strumenti esistono, non vanno inventati: l’istituzione di un fondo nazionale per borse di studio (erogate anche nella forma del prestito d’onore), che permettano e incentivino sia la mobilità nazionale degli studenti che la mobilità internazionale è uno dei più sperimentati e con successo in molti paesi avanzati. Secondo: la restituzione di un valore reale al titolo di studio, in cui le famiglie e gli studenti hanno perso progressivamente fiducia. Ciò significa il ripristino di una cultura del merito, che passa concretamente dal completamento del processo di valutazione della didattica e della ricerca, recentemente introdotto in Italia (ANVUR), ma non ancora messo a regime per tutto il sistema e dall’attuazione di un piano nazionale di orientamento che permetta agli studenti di scegliere in base al loro talento reale e anche considerando le potenzialità di occupazione. Terzo: la didattica universitaria è stata radicalmente trasformata nel passaggio dalle lauree quadriennali al sistema a due livelli (3+2). Non tutto ha funzionato subito, né senza sofferenze, ma oggi la riforma è digerita. Si deve agire piuttosto sulla maggiore integrazione fra la comunità degli studenti e la comunità dei docenti: il primo commento dei ragazzi che tornano dal semestre Erasmus riguarda questo aspetto. E anche qui il cambiamento è prima culturale e poi strutturale (più elasticità nell’uso delle strutture di servizio, p.es. Perché le biblioteche di Lovanio sono aperte dalla mattina a notte fonda e le nostre chiudono inderogabilmente all’ora di cena?) I finanziamenti pubblici dovranno essere senz’altro adeguati agli standard internazionali, ma un rifinanziamento a pioggia non produrrebbe l’aumento della qualità media e l’emergere delle eccellenze a livello internazionale. Più premialità collegata alla valutazione, anche per gli atenei. I finanziamenti privati sono stati finora timidi e occasionali. Il credito d’imposta strutturale è uno strumento ben collaudato in molti Paesi del mondo (UK, Francia, Singapore) e servirebbe ad attrarre anche investimenti stranieri in ricerca e innovazione. Tagliare veramente la spesa pubblica è un obiettivo fondamentale dell’Agenda Monti: spendere meno e spendere meglio significa collocare la spesa per l’istruzione negli investimenti in capitale umano quindi nel futuro del Paese. Anche nel campo dell’istruzione dobbiamo introdurre e valorizzare due parole chiave: competizione e cooperazione. La competizione stimola condizioni di concorrenza fra atenei nel libero mercato internazionale, le migliori università per i migliori studenti, ma soprattutto per ricchi (Harvard è il paradigma noto). La cultura della cooperazione mira all'inclusione sociale: università di massa con libero accesso per tutti, ma spesso svalutate. I paesi che hanno privilegiato l'uno o l'altro stanno consumando il loro futuro, perché lasciare l'istruzione superiore a chi se la può permettere indipendentemente dal merito è contro la storia e l'idea stessa di progresso. Così come dare l'università a tutti, ma dargliela svalutata è come inflazionare la moneta per far tutti milionari. Cioè una truffa. Per lo sviluppo di una società globale e mobile, con tassi elevati di immigrazione (+15% nel Sud d'Europa dal 2005) e tassi drammaticamente elevati di disoccupazione giovanile (oltre il 20% in tutta l'Eurozona), educazione e cultura devono rispondere ad entrambe le missioni (inclusiva e competitiva) con equilibrio di strumenti, metodi e risorse. Partendo dalla scuola. I princìpi enunciati sopra valgono a maggior ragione per la scuola, che è istruzione dell’obbligo e che deve quindi garantire a tutti (veramente a tutti) il più alto grado possibile di cultura e di preparazione di base per il prosieguo degli studi. Lo squilibrio che i dati OCSE-PISA 2009 hanno evidenziato riflettono uno squilibrio reale, di cui il Paese soffre a scuola e altrove. Le quattro leve che porteranno ad un maggiore equilibrio sono, nell’ordine: autonomia reale ai singoli istituti scolastici, valutazione, riqualificazione del personale docente (formazione e aggiornamento), sostegno alle famiglie (anticipazione del diritto allo studio). Sono strumenti pensati e già sperimentati con successo in altri paesi non solo per far migliorare e premiare chi ha già ottenuto risultati apprezzabili, ma anche per migliorare la performance delle regioni svantaggiate. La stima delle risorse necessarie è possibile utilizzando la previsione del FMI sulla crescita del PIL e dell’inflazione e considerando un riutilizzo pari allo 0,2% per la scuola. Uno dei punti più delicati sul quale la nuova ministra, a domanda, si è però poco soffermata riguarda i concorsi e le graduatorie dei precari. I concorsi sono efficaci se e solo se si svolgono regolarmente. Il concorso per gli insegnanti delle scuole è stato sospeso per 13 anni. La conseguenza non poteva che essere la patologia del precariato. Quindi concorsi regolari, che valutino competenze disciplinari e didattiche. |