Quando riuscirà il Ministero
a non farsi più condannare?
Come confermano infatti decine di Sentenze –
come quella del TAR siciliano, che prendiamo oggi in esame – finché
il Ministero dell’Istruzione continuerà a reiterare pervicacemente
la propria condotta sull’insegnamento di sostegno e finché non si
deciderà ad applicare concretamente i princìpi basilari
dell’inclusione scolastica, le condanne non potranno che continuare,
provocando oltretutto un danno non certo trascurabile per le finanze
pubbliche
di Salvatore Nocera*,
Superando
26.2.2014
Il 12 novembre
scorso, confermando una sua consolidata giurisprudenza, il
Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della
Sicilia (Sezione Prima), ha ribadito – tramite la
Sentenza
2101/13 – il diritto degli alunni certificati con disabilità
grave ad ottenere il rapporto di 1 a 1 per le attività di
sostegno, anche per gli anni successivi, da parte del
Ministero e, per esso, da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale,
in quanto è il Ministero ad essere responsabile delle scelte
gestionali di cui gli organi periferici sono meri esecutori.
Vale certamente la pena
riprendere quasi integralmente la motivazione della
Sentenza:
«La questione è stata risolta in senso favorevole a parte ricorrente
in numerosi precedenti della sezione, alle cui motivazioni, per
esigenze di sintesi, si rinvia (per tutte la sentenza
n. 360 del 24 febbraio 2011), nelle quali è stato, in
particolare, affermato che il quadro costituzionale e legislativo è
nel senso della necessità per l’amministrazione di erogare il
servizio didattico predisponendo, per l’ipotesi di disabilità, le
misure di sostegno necessarie per evitare che il discente altrimenti
fruisca solo nominalmente del percorso di istruzione, essendo
impossibilitato ad accedere ai contenuti dello stesso in assenza di
adeguate misure compensative e che tale rapporto di adeguatezza va
parametrato in funzione dello specifico e concreto ciclo scolastico
frequentato.
Ne deriva la fondatezza del gravame e il conseguente riconoscimento
del diritto all’insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1 con
condanna dell’Amministrazione a garantire il servizio di cui
trattasi non solo relativamente all’anno scolastico in corso, ma
anche per i successivi.
In applicazione dell’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a. [Codice
del Processo Amministrativo, N.d.R.], laddove si prevede che in
caso di accoglimento del ricorso il giudice dispone le misure idonee
ad assicurare l’attuazione del giudicato, il collegio ritiene,
infatti, di potere statuire sull’effetto conformativo derivante
dalla presente pronuncia come fatto in molteplici recenti decisioni,
alle cui ampie motivazioni, per esigenze di sintesi, si rinvia (ex
plurimis sent.
n. 1818/2013).
Ne deriva che la domanda di accertamento della illegittimità della
condotta dell’amministrazione deve essere accolta, con
conseguentemente riconoscimento del diritto del minore ricorrente ad
essere assistito, durante le ore di frequenza scolastica, da un
insegnante di sostegno secondo il rapporto 1/1, con ogni conseguente
obbligo in capo all’Amministrazione resistente, fino a quando non
risulti documentalmente modificata una delle due condizioni – ad
oggi riscontrate in positivo – su cui si fonda l’affermazione di
tale diritto (stato di disabilità grave; valutazione da parte del
piano scolastico individualizzato, o di altro documento
equipollente, della necessarietà di tale rapporto al fine della
effettività della frequenza scolastica)».
Dopo avere poi
rampognato il Ministero, per la sua pervicace resistenza
a tutte le richieste documentate dalla Diagnosi Funzionale e dal PEI
(Piano Educativo Individualizzato) di ore di sostegno in deroga, il
TAR siciliano ha condannato il Ministero stesso alla
rifusione delle spese e al risarcimento dei danni
non patrimoniali, liquidandoli in 1.000 euro per ogni mese
di ritardo a decorrere dalla data di notifica del ricorso. Ciò per
il principio processuale che le decisioni delle Sentenze
retroagiscono alla data di presentazione della domanda.
Così viene giustificata tale condanna: «[…] la
determinazione oggetto di gravame è intervenuta malgrado la
esistenza di numerosissimi precedenti della sezione sfavorevoli al
Ministero resistente, che, ciononostante, continua, anno dopo anno
scolastico, a reiterare provvedimenti all’evidenza non
conformi alla normativa in materia di tutela dei disabili.
Ciò precisato in ordine all’illegittimità della assegnazione ed alla
colpa, il danno è individuabile negli effetti che la, seppur
temporanea, diminuzione delle ore di sostegno subita ha provocato
sulla personalità del minore, privato del supporto necessario a
garantire la piena promozione dei bisogni di cura, di istruzione e
di partecipazione a fasi di vita “normale” [grassetto nostro
nella citazione, N.d.R.]».
A questo punto, nel
sottolineare l’importanza della riaffermazione del diritto al
sostegno operata dalla Sentenza, va però evidenziato anche il
rigetto della richiesta della continuità didattica
con lo stesso docente, dovuto – secondo il TAR siciliano – al
rispetto dell’autonomia gestionale della scuola.
Ciò che invece lascia perplessi è la logica sottesa a questo – come
a tutti gli altri pronunciamenti simili della Magistratura di merito
e di legittimità, anche Costituzionale – circa la coincidenza del
diritto allo studio degli alunni con disabilità con il diritto alle
ore di sostegno, inteso come unica risorsa che
garantisce la realizzazione del diritto stesso.
Infatti, tutta la motivazione sopra riportata insiste
ossessivamente su tale concetto, ignorando totalmente il
principio basilare dell’inclusione scolastica che
vede l’insegnante per il sostegno – proprio come dice la parola –
essere un semplice “sostegno”, mentre la presa in carico
fondamentale del progetto d’inclusione è e dev’essere di
tutto il Consiglio di Classe e quindi in primo luogo dei
docenti curricolari.
Tuttavia – come già si è avuto occasione di scrivere più volte anche
su queste pagine – il Ministero non è in grado di affermare in
giudizio che la presa in carico sia effettivamente operata dai
docenti curricolari, perché non esiste una formazione obbligatoria
iniziale e in servizio sulle didattiche inclusive, da parte di
questi ultimi, e perché le classi sono quasi sempre troppo
numerose. Ove quindi il Ministero riuscisse a dimostrare la
presenza nelle classi delle condizioni sopra indicate, sicuramente
subirebbe molte meno condanne all’aumento delle ore
di sostegno e del risarcimento dei danni.
Anche a costo, quindi,
di ripetersi, ci si augura una volta ancora che l’Amministrazione
Scolastica voglia finalmente dare attuazione generalizzata al
Decreto Ministeriale
249/10 e all’articolo 16, comma 1, lettera b della recente Legge
128/13 – entrambe norme che prescrivono la formazione
obbligatoria iniziale e in servizio dei docenti, sulle
didattiche inclusive -, nonché agli articoli 4 e 5, comma 2 del
Decreto del Presidente della Repubblica (DPR)
81/09 sul tetto di 20, massimo 22 alunni, nelle classi
frequentate da studenti con disabilità.
*
Vicepresidente nazionale della FISH
(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).