Governo Renzi: la prova del nove
è sul ministro dell’istruzione

di Alex Corlazzoli, Il Fatto Quotidiano 19.2.2014

Giannini, Lupi, Tinagli. Ciò che serve non è solo un nome imposto dal manuale Cencelli ma un ministro che prosegua il lavoro fatto dall’ultimo inquilino di viale Trastevere. Magari la stessa Maria Chiara Carrozza. Un ministro che dia concretezza attraverso i decreti attuativi rimasti nel cassetto, al pacchetto “L’istruzione riparte” approvato il 9 settembre scorso.

Negli ultimi sei anni abbiamo avuto a che fare con Maria Stella Gelmini e Francesco Profumo che si sono preoccupati di lanciare molto la loro immagine politica piuttosto che ricostruire la scuola. La Carrozza ha avuto almeno la capacità di fotografare con realismo la scuola italiana, di vederne tutti i suoi difetti per ricominciare da qualche parte a ricostruire. Ha avuto meno di un anno di tempo e ciò l’ha penalizzata. Dall’altro canto l’ultimo ministro che è rimasto in carica cinque anni è Letizia Moratti dal 2001 al 2006. Sulla scrivania del futuro inquilino del Miur ci sono alcune partite avviate che non si possono assolutamente sospendere.

La prima: la formazione dei docenti. La Carrozza aveva capito che bisogna puntare sulla formazione del personale scolastico, in particolare rafforzando le competenze digitali degli insegnanti, puntando alla formazione di percorsi scuola – lavoro e potenziando la preparazione degli studenti nelle aree ad alto rischio socio-educativo.

Proprio prima di andarsene la Carrozza ha firmato il decreto che consentirà ai docenti di ruolo e ai precari di accedere ai musei gratis.

La seconda: il 27 marzo presso la Corte di Giustizia Europea si terrà l’udienza sulla reiterazione dei contratti a tempo determinato, oltre il termine massimo dei 36 mesi di servizio, fissato dalla direttiva europea n.70/1999. Questo potrebbe provocare un “terremoto” in Italia con il quale chi avrà il dicastero della pubblica istruzione dovrà fare i conti.

La terza: grazie all’accordo siglato il 6 febbraio 2014 in Conferenza Unificata parte il nuovo Sistema nazionale delle Anagrafi dell’edilizia scolastica (Snaes). Da anni Cittadinanzattiva e Legambiente chiedono un intervento efficace. Ancora oggi non si capisce come funzionerà il nuovo sistema.

Matteo Renzi, tra le tante, ha una possibilità per non apparire ciò che è sembrato fino ad oggi ovvero uno pronto a tutto pur di arrivare a palazzo Chigi: dimostrare che per lui la scuola è una priorità. Nessuno l’ha mai fatto. Fin quando stava dall’altra parte, si riempiva la bocca di idee.
Nella mozione che ha presentato per le primarie scriveva “abbiamo fatto le riforme della scuola sulla testa di chi vive la scuola, generando frustrazione e respingendo la speranza di chi voleva e poteva darci una mano. Il PD che noi vogliamo costruire cambierà verso alla scuola italiana, partendo dagli insegnanti, togliendo alibi a chi si sente lasciato ai margini, offrendo ascolto alle buone idee, parlando di educazione nei luoghi in cui si prova a viverla tutti i giorni, non solo nelle polverose stanze delle burocrazie centrali. Casa per casa, comune per comune, scuola per scuola, da gennaio 2014 i nostri insegnanti, i nostri assessori alla scuola, i nostri circoli, i nostri ragazzi saranno chiamati alla più grande campagna di ascolto mai lanciata da un partito a livello europeo, sul doppio binario di una piattaforma tecnologica dedicata e di un rapporto personale, vis a vis. Chiameremo il Governo, il Ministro, i suoi collaboratori a confrontarsi sulle proposte e sulle idee. E daremo risposte alle proposte degli insegnanti, non lasciandoli soli a subire le riforme, ma chiedendo loro di collaborare a costruire il domani della scuola”.

Ora al Governo ci sarà lui. In viale Trastevere, nemmeno il giovane mago della politica, sarà capace di non mettere l’ennesimo rettore universitario o presunto esperto. Eppure Renzi, che ha una moglie maestra, dovrebbe capire che a dirigere quel ministero abbiamo bisogno di qualcuno che sappia come si vive ogni giorno tra i banchi, senza wifi, senza lavagne multimediali, con mense scolastiche nelle aule, bambini spacchettati in classi diverse in assenza di insegnanti, libri di testo ormai superati dai saperi dei nostri alunni, assistenti ad personam sottopagate e costrette a supplire la mancanza di insegnanti di sostegno, dirigenti ridotti a essere burocrati dello Stato.

La “nostra” scuola è il simbolo dell’Italia: una barca che affonda sempre più ad ogni legislatura. Non abbiamo bisogno di scialuppe di salvataggio ma di portare la nave a riva.