Le selezioni approfondite di Gian Antonio Stella, la Repubblica scuola 6.2.2014 Luigi Cobellis è insieme un somaro e un genio. Così l’ha valutato la commissione di abilitazione universitaria. Che l’ha trombato (troppo scarso) come «associato» ma promosso (con lode) come ordinario di ostetricia e ginecologia. Un prodigio prodigioso. Pari alla rapidità supersonica di altri commissari, capaci di stilare 323 giudizi «ampi e approfonditi» in 27 secondi l’uno. Wow! C’è un diluvio, online, contro il nuovo sistema di selezione dei professori voluto dall’allora ministro Mariastella Gelmini. Il sistema di valutazione nazionale era nato per limitare i casi di familismo. E l’allora ministro Gelmini, tentando di uscire dal pantano di concorsi troppo spesso viziati dal familismo, decise di mettere un filtro iniziale. Un mega concorso che selezionasse i docenti ricavandone due elenchi. Uno per la I fascia (ordinari) e uno per la II fascia (associati). Dopo di che, gli atenei avrebbero potuto prendere i professori solo da quegli elenchi già passati al setaccio, limitando la possibilità che un rettore o un preside potessero tirar dentro un figlio, una moglie, un cugino dalla preparazione scadente. Che i conti fossero sbagliati (e certi bandi che stanno uscendo sembrano mostrare che poco è cambiato) si è capito subito. Quando, composte con gran fatica le 184 commissioni (quattro «giudici» italiani e uno straniero) delegate a valutare entro il 2011 gli aspiranti docenti che successivamente si sarebbero contesi le cattedre messe in palio dagli atenei, iniziò il tormentone dei rinvii. Fino a sfondare, di proroga in proroga, tutto il 2012 e tutto il 2013 con qualche strascico nel 2014. Ovvio. Troppi concorrenti, troppi lavori da leggere, troppo pochi i commissari. Proprio al Corriere Marco Santagata, presidente della cinquina selezionatrice di Letteratura italiana, spiegò che in teoria avrebbe dovuto leggere «1.610 pagine al giorno». Sabati, domeniche, Pasqua e Ferragosto inclusi. Non bastasse, si aggiunsero le polemiche sulle 12.865 «riviste scientifiche» (c’era perfino il bollettino Alta Padovana del Comune di Vigonza) e sul profilo dei commissari. A volte accusati perfino d’avere presentato un curriculum gonfiato con lavori inesistenti.
Nata storta,
nonostante gli obiettivi giusti e le intenzioni generose,
l’Abilitazione scientifica nazionale è andata così a impantanarsi in
una fanghiglia di ricorsi al Tar che minacciano di moltiplicarsi via
via che escono storie paradossali. Come quelle raccontate sul sito
Roars dove, ad esempio, il professore veronese Guido Avezzù, in un
articolo titolato «Mission impossible», ironizza sulla tenuta dei
commissari di Storia contemporanea capaci di resistere
indefessamente per ore e ore, stando ai verbali, «senza richiami
dallo stomaco o dalla vescica». Il caso del ricercatore «C», non è meno sconcertante: come hanno potuto bocciarlo, si chiede il professore Gianfranco Scorrano sul blog della Società chimica italiana, se aveva «147 lavori pubblicati tutti su ottime riviste» e la valutazione unanime era «eccellente, il massimo tra i 5 livelli di giudizio»? E come hanno potuto giudicarlo se quel candidato trombato «ha un “fattore h” superiore a quello di almeno tre dei commissari» che lo esaminavano? E non si tratta di un caso isolato. Anzi. A proposito di Lingua e letteratura latina, Loriano Zurli dell’Università di Perugia denuncia che ogni commissario, rinunciando ai pasti, al sonno e a ogni altra attività umana, avrebbe dovuto leggere «65 pubblicazioni al giorno» degli aspiranti professori e che uno dei «giudici» era così sprovvisto di titoli che tra «i bocciati per la I fascia (50%) non c’era un solo candidato che avesse meno pubblicazioni di lui “coerenti con il settore”». Bocciature eccellenti, anche di studiosi universalmente stimati. Promozioni sbalorditive, come quelle elencate in un’interrogazione dal senatore Paolo Corsini dove spicca il caso di un «candidato che ha superato una sola mediana, che ha presentato una sola monografia, che non ha raggiunto i requisiti aggiuntivi, che ha dichiarato di aver fatto parte del comitato di una rivista di cui in realtà non faceva parte» eppure «viene incredibilmente ed eccezionalmente abilitato». Alla pari di un altro che «ha superato una sola mediana su 3, ha presentato una sola monografia e ha ottenuto un giudizio positivo di soli 2 commissari su 5». Strabiliante. Così come, lo dicevamo all’inizio, risultano strabilianti i tempi impiegati da alcune commissioni per stendere i loro giudizi, che la legge pretende essere meticolosi. «Dopo ampia e approfondita disamina», si legge in un verbale, «la commissione constata la sostanziale convergenza delle valutazioni individuali». Ma come «ampia e approfondita» se poi scopri che 323 giudizi sono stati dati «utilizzando complessivamente poco meno di 14 ore pari a circa 27 secondi per ogni giudizio» e se la «valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche» pretesa dal ministero viene qua e là liquidata in «un parere pro veritate di 250 caratteri, spazi compresi» e cioè un terzo di questo capoverso che avete appena letto? Nulla eguaglia, però, la schizofrenia su Cobellis. Primo timbro: asino. «La Commissione all’unanimità non riconosce una posizione del Candidato nel panorama almeno nazionale di ricerca e non ne attesta la maturità scientifica ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla seconda fascia dei professori universitari». Secondo timbro: fuoriclasse. «La Commissione riconosce una posizione rilevante del Candidato nel panorama nazionale e internazionale di ricerca e ne attesta all’unanimità la piena maturità scientifica ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima fascia dei professori universitari». Evviva. Quella contraddizione, però, andate a spiegarla a chi ha affrontato le prove di abilitazione pensando fosse una cosa seria… |