L’INTERVISTA
Starnone: insegnanti poco motivati
e formazione inadeguata
Chi guadagna 1400 euro al mese lavora bene i
primi tempi, poi però non ce la fa più
di Angela Padrone,
Il Messaggero
27.2.2014
ROMA Domenico Starnone quasi non vorrebbe più parlare di scuola,
perché dopo tanti anni di insegnamento e libri sul tema, ormai
racconta altre storie, e si sente finalmente fuori da quelle aule
che a volte tengono legate a sé alcune persone per la vita. Però non
resiste all’idea di parlare dell’idea di Matteo Renzi, che per la
prima volta dice di volere mettere la scuola al primo posto.
«E’ un buon segnale, certo, che ci si voglia occupare di edilizia
scolastica. Figuriamoci, sono cose che ho scritto venti anni fa. Il
film La scuola iniziava proprio con un crollo a scuola.
Però....»
Non le sembra sufficiente?
«A scuola è importante quello che succede quando l’insegnante entra
in classe e chiude la porta».
Cosa accade in quel momento?
«Oggi gli insegnanti hanno una formazione inadeguata rispetto al
mondo che cambia e agli studenti che si trovano di fronte. Spesso
hanno anche un’età media troppo alta. E per di più hanno stipendi
bassissimi. Un insegnante che guadagna 1400 euro al mese farà bene
il proprio lavoro nei primi 10 anni perché quella è la sua vita, ma
poi non ce la farà più. Nessuno considera che stare in classe di
fronte a persone che ti controllano e ti giudicano continuamente è
molto usurante. Oggi gli studenti hanno strumenti con i quali
riprendere gli insegnanti in tutte le pose. Non è un lavoro che si
possa fare fino a 67 anni».
Negli ultimi anni la risposta di alcuni
insegnanti alle richieste della società è stata quella di tornare
alla severità. E’ la strada giusta secondo lei?
«Quando i ragazzi ti rendono la vita un inferno un insegnante ha tre
possibilità: primo, smettere di impegnarsi; secondo, dare agli
alunni un’attenzione estrema, facendoli sentire accuditi e amati, ma
questo richiede una tremenda energia e capacità; oppure si può
scegliere la terza strada, quella della severità, un modo per
rendere i problemi ancora più gravi».
Insomma il compito prospettato da Renzi
è impossibile?
«No, in realtà io non penso che la scuola non faccia un buon lavoro,
nonostante tutto. Dirò una cosa che può sembrare sorprendente: la
scuola oggi è sicuramente meglio di quella che si faceva prima del
68. Quella era una scuola terribile. Dopo ci sono stati tentativi
strenui e sempre frustrati di cambiare, ma sono stati cambiamenti
nominali. In fondo abbiamo gli stessi problemi di sempre, prima di
tutto il problema delle disuguaglianze all’interno delle classi.
Parliamo del rapporto scuola-lavoro che
riguarda il futuro dei ragazzi.
«Purtroppo oggi è diventato senso comune che la scuola non porti
nessun vantaggio sociale. Non basta dire che la scuola è importante
o che il lavoro degli insegnanti è importante. E’ in pratica che
bisogna farlo»
Lei è d’accordo che bisognerebbe
valutare il merito ?
«Sì, ma che cosa è il merito? E’ bocciare? Oppure quella è solo la
testimonianza che un insegnante non sa fare il suo lavoro?»
Lei non vorrebbe più parlare di scuola ma in
realtà sembra che ne abbia nostalgia...
«No, non è nostalgia, ormai sono vecchio. E’ la consapevolezza di
aver fatto un lavoro nel quale ci si sente nel pieno delle proprie
facoltà immaginative, inventive, di improvvisazione. E’ un lavoro
che richiede alte competenze e qualità umane non comuni. E in fondo
la scuola è ancora tenuta in piedi da alcuni, non molti, insegnanti
che lo svolgono così».