Pubblico impiego:
ricorsi docenti e personale amministrativo.
I contratti a termine al vaglio
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

di Lorenzo Esposti, DirittoScolastico.it

 

La sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha avuto ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione delle clausole 4 e 5 punto 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 70/1999 del Consiglio del 28 giugno 1999, oltre all’interpretazione dell’art. 2 paragrafi 1 e 2 della direttiva 533/91 del Consiglio, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro. La questione sottoposta alla Corte è stata interpretata anche alla luce dei principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea.

Preliminarmente, occorre chiarire che la direttiva 70/1999 è finalizzata ad attuare l’ accordo quadro, allegato alla stessa e concluso dalle organizzazioni intercategoriali a carattere generale.

Obiettivo dell’accordo quadro ai sensi della clausola n. 1 è “ migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione; creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.”

Se questi sono gli obiettivi principali dell’accordo, sorge l’interrogativo circa il suo campo di applicazione. Ovvero a chi si applica l’ accordo quadro?

La risposta viene fornita in base a quanto previsto dalla clausola n. 2 a tenore della quale “il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro”.

Cosa si intende per lavoratore a tempo determinato?

La clausola n. 3 precisa che con ciò si indica “una persona con un contratto o rapporto di lavoro definiti direttamente tra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico”.

La clausola dell’accordo sulla quale si è soffermata particolarmente la Corte di Giustizia, e che ha permesso di rendere una sentenza particolarmente favorevole a chi versa in condizioni di lavoro precario è certamente la clausola n. 5, rubricata “ Misure di prevenzione degli abusi”.

Tale norma recita “Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in modo che tenga conto delle esigenze di settori e o categorie specifiche di lavoratori , una o più misure aragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti; la durata massima dei contratti; il numero dei rinnovi.”.

Dopo aver inquadrato il campo normativo di riferimento a livello comunitario, i Giudici comunitari analizzano la normativa italiana al fine di verificare un eventuale contrasto col diritto dell’Unione europea.

Viene immediatamente constatato che, in Italia, nel settore del pubblico impiego, il lavoro a tempo determinato è dapprima disciplinato dall’art. 36 comma 5 del Dlgs. 165/2001. Tale articolo è rubricato “ Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale”.

Osservano le ordinanze di rinvio del Tribunale di Napoli e della Corte Costituzionale che il lavoro a tempo determinato è altresì riconosciuto dal Dlgs. 368/2001 attuativo per l’appunto della direttiva 70/1999 relativa all’accordo quadro di cui abbiamo parlato poc’anzi.

E’ molto importante precisare che l’art. 5 di tale decreto prevede che “ (…) qualora per effetto di successione di contratti a tempo determinato per lo svolgimento d mansioni equivalenti il rapporto di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e il lavoratore abbia superato complessivamente i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto d lavoro si considera a tempo indeterminato”.

Sennonchè, ed ecco il punctum dolens, l’art. 10 comma 4 bis esclude dall’applicazione del decreto citato, i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento di supplenze del personale docente ed ATA.

Il Tribunale di Napoli, atteso il confronto con la normativa comunitaria, ha voluto portare all’attenzione della Corte di Giustizia la normativa italiana ritenuta in contrasto con la clausola n. 5 dell’accordo quadro. Dove sarebbero rinvenibili, infatti, le misure di prevenzione richieste dalla normativa comunitaria per evitare abusi nella successione di contratti a tempo determinato ?

Quanto poi all’ambito di applicazione dell’accordo quadro la Corte di Giustizia ha statuito che esso risulta concepito in senso ampio, poiché riguarda in generale i lavoratori a tempo determinato con un contratto disciplinato dalla Legge dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.

Si precisa che l’accordo quadro non esclude nessun settore particolare dalla sua sfera di applicazione e che pertanto ben può essere applicato al personale assunto nel settore dell’insegnamento.

Ne discende che la sentenza de qua è invocabile per la tutela dei propri diritti da parte anche di dipendenti pubblici estranei al settore scolastico.

Come già ricordato in un’altra sentenza pronunciata dalla Corte ( sent. Fiamingo) la clausola 5 dell’accordo fissa agli Stati membri un obiettivo generale consistente nella prevenzione degli abusi dei contratti a tempo determinato, lasciando agli stessi la scelta dei mezzi per conseguire ciò e purchè non rimettano in discussione l’obiettivo o l’effetto utile dell’accordo.

Afferma la Corte che “ quando si è verificato un ricorso abusivo ad una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione.”

La clausola n. 5 dell’accordo, afferma la Corte, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale quale quella di cui trattasi, che autorizzi in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti disponibili di docenti e personale amministrativo, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità per tali docenti e personale di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Tale normativa …. non prevede nessuna altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.

Vieppiù secondo la Corte difettano criteri oggettivi e trasparenti atti a giustificare la mancata assunzione del personale di cui sopra oltre ai 36 mesi di servizio.

In base questa sentenza, quindi, chi ha un’anzianità di servizio pari a 3 anni non potrà più essere assunto a tempo determinato. Non solo sarà possibile la stabilizzazione ma altresì il riconoscimento degli scatti di anzianità maturati. Vieppiù il risarcimento dei danni subiti.

Forme di tutela invocabili innanzi al Tribunale del lavoro mediante la proposizione di ricorsi.

 

Avv. Lorenzo Esposti