La scuola digitale? Arranca sia per quanto riguarda l’uso dei computer che per la scarsa diffusione della banda larga. Procede con enormi difficoltà l’alternanza scuola-lavoro e continua l’erosione degli iscritti all’università che calano soprattutto al Sud. Per non parlare del sottoimpiego dei giovani laureati che pur di trovare un impiego sono disposti a fare tutti i tipi di lavoro. È la fotografia impietosa del sistema scolastico italiano (e dei suoi risultati) scattata dal Censis nel suo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese.
Il gap tecnologico parte dai banchi
Il divario tecnologico tra i nostri studenti e i «colleghi» europei inizia presto, sui banchi. Da noi 100 iscritti all’ultimo anno di scuola media o al terzo delle superiori dispongono rispettivamente di 8,3 e 8,2 computer. I lori coetanei europei ne hanno quasi il triplo (mediamente 21,1 e 23,2) . Il 25,3% degli studenti di terza media e il 17,9% dei colleghi del terzo anno delle superiori frequentano scuole prive di connessione a banda larga, a fronte di corrispondenti valori medi europei di gran lunga inferiori (rispettivamente, 5% e 3,7%). La frequenza di scuole dotate di ambienti d’apprendimento virtuale è un’esperienza che coinvolge il 19% degli studenti in uscita dalla scuola media e il 33% degli iscritti al terzo anno del liceo, quote ancora una volta sensibilmente inferiori alle medie europee (58% e 61% studenti in età corrispondente).
Pochi e vecchi: i pc a scuola
I dirigenti di scuola secondaria di II grado intervistati dal Censis hanno evidenziato quali principali problematicità l’obsolescenza troppo rapida della dotazione tecnologica, i costi che devono essere sostenuti per il collegamento internet e la carente disponibilità di spazi e strumenti adeguati. Nell’86,6% e nel 68,2% dei casi ritengono che la creazione di piattaforme per il reperimento e la fruizione di materiale e servizi didattici, insieme al passaggio da una logica di proprietà (infrastrutture, dispositivi, ecc.) a una di servizio (a canone) siano soluzioni migliorative molto praticabili. A questi aspetti si aggiungono l’autonomia scolastica quale leva per l’adeguamento strutturale (70,5%) e l’aumento del materiale didattico digitale autoprodotto dalle scuole (67,5%). L’uso diffuso di materiale didattico digitale è riscontrabile solo nel 18,1% delle scuole
intervistate, tuttavia nell’88,4% dei casi alcuni docenti si sono cimentati nella produzione di questo tipo di risorse.
Il Sud perde iscritti all’università
Non va meglio nemmeno spostando l’attenzione sul gradino successivo d’istruzione. Tra il 2008 e il 2013 gli iscritti alle università statali sono diminuiti del 7,2% e gli immatricolati del 13,6%. L’andamento decrescente ha interessato tutti gli atenei tranne quelli del Nord-Ovest, dove gli iscritti sono aumentati del 4,1% e gli immatricolati dell’1,3%. Secondo il Censis, nelle università del Nord-Est la contrazione dell’utenza è stata più contenuta: -2,3% di iscritti e -5,9% di immatricolati. Al Centro invece il numero degli studenti iscritti si è contratto del 12,1% e quello degli immatricolati del 18,3% e al Sud dell’11,6% e del 22,5%. L’indice d’attrattività delle università sembra premiare non solo quelle del Nord-Ovest (da 3,9% nel 2008 a 8,6% nel 2013), ma anche del Nord-Est, che, sebbene abbiano ridotto l’utenza complessiva, hanno comunque accresciuto quella
proveniente da fuori regione, passando dall’11% all’11,8%.
Laureati «sottoinquadrati»
Il rapporto del Censis denuncia anche il fenomeno del’«overeducation»: più di 4 milioni di lavoratori ricoprono posizioni per le quali sarebbe sufficiente un titolo di studio inferiore a quello posseduto: un esercito costituito per la metà da «semplici» diplomati (53,3%), ma per un 41,3% anche da laureati (1,8 milioni di occupati). Il sottomansionamento dei laureati italiani è un fenomeno trasversale, che non interessa solo le lauree più deboli sul mercato del lavoro come quelle in Scienze sociali e umanistiche (43,7%), ma è addirittura più elevato tra i laureati in Scienze economiche e statistiche (57,3%) e colpisce anche un ingegnere su tre. Solo il settore medico e infermieristico si posiziona ampiamente sotto la soglia del 20% (13,95).
Scuola lavoro: l’alternanza bloccata da fondi insufficienti
I percorsi di alternanza scuola-lavoro forniscono una maggiore conoscenza del mondo del lavoro (66,2%), anche in funzione orientativa per la eventuale scelta di proseguire negli studi (47,3%), ma emergono difficoltà a coinvolgere le aziende e il mondo del lavoro in genere (47%). È l’opinione dei dirigenti scolastici (chiamati a realizzare questi percorsi) raccolta dal Censis. Tra gli ostacoli segnalati dai presidi anche la difficoltà a offrire percorsi in alternanza a tutti gli studenti dell’istituto, oltre alle risorse finanziarie insufficienti (46,4%).
Liste d’attesa troppo lunghe alla scuola dell’infanzia
Il rapporto mette sotto i riflettori anche altri aspetti dei processi formativi. A cominciare dalla scuola dell’infanzia. Secondo un’indagine del Censis sull’offerta prescolare, più di una scuola su tre ha creato liste d’attesa e il 10% dei dirigenti scolastici ha confessato di non essere riuscito in ogni caso a rispondere alla domanda espressa dal territorio di riferimento, valore che sale al 16,2% nelle regioni del Nord-Ovest.