La sentenza a Sezioni Unite della Cassazione di Salvatore Nocera, Educazione & Scuola 6.12.2014 La Cassazione a sezioni unite ha pronunciato il 25 Novembre la sentenza n. 25011 con la quale ha affermato che assegnare un numero di ore di sostegno inferiore a quelle indicate nel PEI di un alunno con disabilità costituisce discriminazione ai suoi danni ai sensi della l.n. 67/06.
La Corte ha respinto un ricorso del Ministero dell'Istruzione contro le decisioni conformi del Tribunale del lavoro e della Corte di Appello di Trieste che hanno accolto il ricorso per discriminazione ai sensi della l.n. 67/06 proposto per una riduzione di ore di sostegno. La Cassazione ha meritoriamente dimostrato la legittimità della competenza del Tribunale civile, invece che del TAR , in questo specifico caso in cui si chiedeva l'applicazione della l.n. 67/06, poiché competente per legge a giudicare di tali cause è il tribunale civile, mentre per gli ordinari ricorsi per la violazione della normativa sull'assegnazione di ore di sostegno è ormai competente il giudice amministrativo, come riafferma la stessa Sentenza. L'avvocatura dello Stato col ricorso in Cassazione tentava di far dichiarare inammissibile il ricorso per difetto di competenza del Giudice
civile. Bene quindi ha fatto la Cassazione a riaffermare la competenza del Tribunale civile in materia di discriminazione. Pare che si stia generando uno smarrimento tra gli operatori del diritto ai quali sembra che con questa Sentenza sia stato determinato dalle Sezioni Unite della cassazione un mutamento radicale di orientamento rispetto a quello consolidato della giurisdizione dei TAR quando si controverta in tema di competenza esclusiva, che ormai si è consolidata in capo al Giudice amministrativo. Il disorientamento non ha ragion d'essere, dal momento che questa controversia riguardava l'applicazione della legge antidiscriminatoria n. 67/06 e quindi la Cassazione ha chiarito che in questi casi la competenza è del Tribunale civile; ha invece ribadito che quando non si agisca in base alla l.n. 67/06 la competenza esclusiva rimane quella dei TAR. “Dal formante legislativo si traggono, infatti, l’assoluta centralità del piano educativo individualizzato, inteso come strumento rivolto a consentire l’elaborazione di una scelta condivisa, frutto anche del confronto tra genitori dell’alunno disabile e amministrazione; e, inoltre, l’immediato e doveroso collegamento, in presenza di specifiche tipologie di handicap, tra le necessità prospettate dal piano e il momento dell’assegnazione o della provvista dell’insegnante di sostegno”. Fondamentale l'affermazione secondo cui il pei è frutto del confronto tra scuola e famiglia e 'altra secondo cui cè un collegamento diretto ed inscindibile tra le richieste contenute nel pei e le risorse che debbono essere fornite sia dall'Ufficio scolastico regionale per le ore di sostegno che per altre risorse a carico degli enti locali, tenuto conto della Specificità della disabilità . Infine, alla luce dei principii fissati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80/2010, la Cassazione ribadisce il divieto per l'Amministrazione di discrezionalità nell'assegnare le ore di sostegno , specie se motivato dai tagli alla spesa pubblica, come segue: “In conclusione, dal quadro legislativo di riferimento si evince che una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l’amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale, espressione di autonomia organizzativa e didattica, capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l’assegnazione in favore dell’alunno, del personale docente specializzato anche ricorrendo – se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi – all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell’alunno disabile all’istruzione, all’integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini” (il grassetto e sottolineato è n.d.r.). Si apprezza quindi la logica conclusione della Cassazione circa la sussistenza della discriminazione, come segue:
“L’omissione o le insufficienze nell’apprestamento, da parte dell’amministrazione scolastica, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all’attivazione, in suo favore, di un intervento corrispondente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico: La motivazione ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell’offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati ribadisce e conferma le motivazioni già espresse dal Tribunale del lavoro di Milano su numerosi ricorsi della F I S H che per la prima volta in Italia ha prospettato la richiesta di deroghe sulla base della legge antidiscriminatoria n. 67/06.Così come allora io espressi le mie perplessità circa tale motivazione, adesso le ribadisco ancor più preoccupato. Infatti in tale brevissima ma rovinosa motivazione si legittima un principio totalmente contrario alla logica dell'inclusione come l'abbiamo realizzata in Italia fin dalla fine degli Anni Sessanta e cioè che le ore di sostegno sono esclusivamente rivolte agli alunni con disabilità, mentre quelle curricolari sono esclusivamente rivolte ai compagni senza disabilità. Questo principio invalida radicalmente tutta la cultura inclusiva italiana che è stata sancita in Italia dall'art 13 comma 6 l.n. 104/92 sulla contitolarità della classe da parte del docente per il sostegno che deve sostenere i colleghi curricolari nel delicato compito , di loro competenza primaria, di includere l'alunno con disabilità nel gruppo dei compagni e sminuisce sino a renderla insignificante l'espressione contenuta nell'art 19 comma 11 della l.n. 111/2011: la scuola provvede ad assicurare la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe. A tale fine, nell'ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, viene data priorità agli interventi di formazione di tutto il personale docente sulle modalità di integrazione degli alunni disabili. Perché la motivazione della sentenza possa considerarsi coerente con la logica inclusiva, La discriminazione dovrebbe essere motivata dal fatto che la riduzione delle ore di sostegno tratta in modo diseguale gli alunni con disabilità che, in aggiunta ai docenti curricolari, hanno bisogno anche di un certo numero di ore di sostegno indicate nel PEI. Questa motivazione è coerente con la L.n. 67/06 ,sulle pari opportunità intese ai sensi dell’art 3 comma 2 (e non semplicemente comma 1) della Costituzione , e con la l.n. 104/92. Concordo con il plauso alla Sentenza innalzato dall'amica Nina Daita della CGIL e dall'amico Avv Francesco Marcellino (http://www.studiolegalemarcellino.it) sull'importanza del dispositivo della sentenza; ma non posso associarmi a loro, senza evidenziare la pericolosità della motivazione; per questo questa sentenza non va esaltata, a meno che non si evidenzino contemporaneamente i rischi mortali contenuti nel breve rigo di motivazione. |