LA PROPOSTA

«Il governo rivaluti il liceo di 4 anni
Serve a combattere la dispersione»

Intervista all’on. Milena Santerini sulle strategie per contrastare gli abbandoni scolastici: il 27% dei ragazzi lascia fra il primo e il quinto anno delle superiori

di Walter MoroIl Corriere della Sera scuola 2.12.2014

Onorevole Santerini, il rapporto predisposto dalla VII commissione del Parlamento da lei coordinato e presentato giovedì 27 novembre a Montecitorio, alla presenza dell’ on. Boldrini Presidente della Camera dei Deputati e del Ministro della Pubblica Istruzione on. Giannini, costituisce un punto di riferimento di grande rilievo per il mondo politico e per tutto il sistema dell’istruzione e della formazione impegnata a contrastare la dispersione nel nostro paese così come indicato dalle direttive dell’Unione Europea che ci impone di ridurre il gap di 10 punti percentuali entro il 2020. 1. Ora vorrei chiederle qual è il quadro della fenomeno della dispersione che emerge dall’indagine condotta dalla VII commissione?
«Con l’indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica abbiamo voluto capire come cambiava il fenomeno a circa 15 anni dall’ultima, sempre promossa dalla VII Commissione. Gli abbandoni in Italia stanno calando, ma troppo lentamente. Se prendiamo il dato degli early school leavers, cioè i ragazzi tra 18 e 24 anni che non sono né a scuola né al lavoro, siamo al 17%. Se invece misuriamo la differenza tra quelli iscritti al I anno delle superiori e quelli al V, allora abbiamo anche un 27% di media. Anche presupponendo che una parte di questi studenti dispersi sia nella formazione professionale o nelle paritarie, comunque è una cifra molto alta. Soprattutto pensando che in alcune regioni, specie del sud, raggiunge il 30%. La disuguaglianza tra le aree del paese e la mancanza di anagrafi che possano chiarire il fenomeno sono i primi punti che abbiamo evidenziato. Vorrei sottolineare però il dato politico: vogliamo darci come obiettivo di raggiungere il 10% degli early school leavers nel 2020, allineandoci all’Europa»

E’ stato detto che il rapporto non vuole solo offrire una diagnosi del fenomeno, ma vuole soprattutto indicare le strategie da mettere in campo (visto che da qui al 2020 ci sono solo 5 anni ). Quali sono queste strategie? E quali sono le priorità? 

«Le audizioni di esperti, funzionari Miur, docenti e associazioni hanno fornito un quadro ampio di possibili strategie che vogliamo mettere a disposizione del Governo per affrontare il fenomeno. Se consideriamo il ciclo scolastico, dobbiamo partire dall’estensione dei servizi per l’infanzia, arrivare a una maggiore autonomia della scuola nel configurare ambienti di apprendimento che rendano attraente l’apprendimento, agire sulle bocciature nel I biennio, potenziare l’istruzione professionale che oggi viene finanziata meno della scuola, aprire la governance della scuola all’associazionismo, investire di più sugli alunni di cittadinanza non italiana, che spesso hanno un ritardo dovuto alla storia di emigrazione. Io non escluderei di ripensare il riordino dei cicli, - con l’eventuale “taglio” di un anno - nella prospettiva di ridurre la dispersione e gli abbandoni, non tanto perché dobbiamo Introdurre prima i giovani nel mercato del lavoro. Le strategie sono tante e a diversi livelli, occorrerebbe agire su vari piani contemporaneamente perché i soggetti interessati sono diversi». 

Lei nella sintesi dell’intervento fatto al seminario di presentazione del 27 novembre ha elencato i punti di attenzione dell’intervento in particolare mi è sembrato di grande riflessione la parte che riguarda la necessità di intervenire sulla struttura della scuola ci può specificare questo punto? 

«La scuola, così come è organizzata oggi, non risponde alle modalità di apprendimento delle nuove generazioni e non soltanto perché pensano “in digitale”. Mi riferisco ad esempio al ruolo della corporeità, delle emozioni e della manualità che vengono puntualmente trascurate, mentre i risultati delle neuroscienze vanno in direzione opposta. Bisognerebbe favorire tutte le didattiche cooperative, e invece sfruttiamo solo la molla della competizione. Gli ambienti vanno ridisegnati, i tempi resi più flessibili. Questo non vuol dire che si possa rinunciare all’esercizio, l’apprendimento è faticoso comunque e per alcuni apprendimenti la modalità mnemonica resta utile. Ma - ad esempio - la didattica della matematica e delle scienze, invece si deve avvalere di procedure di ricerca. Insomma sogno un rinnovamento della didattica dal basso, cioè a partire dai docenti che già ora sperimentano innovazione e adattamenti». 

Ancora importante è il discorso sulle risorse che verranno messe in campo. Ci può indicare se ci sono aree territoriali di intervento prioritarie e se sì su quali progetti e come si intende verificarne la ricaduta in funzione della riduzione della dispersione?

Nota: la rivista Education2.0 ha fatto della tematica sulla dispersione scolastica un punto centrale della sua iniziativa pubblicando diversi articoli sulle modalità di contrasto alla dispersione dando spazio anche ad innumerevoli interventi che gli insegnanti e le scuole hanno messo in campo| VAI AL SITO