Laurea, è boom di 110 e lode alla specialistica.
Sono tutti «piccoli geni» i diplomati in Italia?

Quasi 4 studenti su 10 i con il massimo dei voti. Uno degli effetti della riforma del 3+2. Ma la legge ora è messa in discussione: «Percorsi di studio troppo lunghi e inefficaci»

 di Flavia Amabile, La Stampa 9.11.2014

ROMA
Nel 2013 quasi 4 studenti su 10 hanno preso 110 e lode nei due anni di specialistica, il 37% dei laureati. Non 110 soltanto, anche la lode. Non sappiamo nulla del bacio accademico soltanto perché non è registrato nelle statistiche. Sono i dati che il Miur ha elaborato su richiesta de La Stampa per analizzare un aspetto particolare delle lauree italiane, il voto finale. Come sempre esistono alcune differenze tra nord a sud. Nel nord ovest nel 2013 ad ottenere 110 e lode è stato il 28% degli studenti, nel Nord Est il 32% mentre in Sicilia e Sardegna una studentessa o uno studente su 2 hanno concluso il loro ciclo universitario con 110 e lode. Al Sud è andata un po’ peggio: il 44%, cioè quasi la metà e al centro il 42%.  

VOTI PIU’ ALTI RISPETTO ALLA SPECIALISTICA  

Che vuol dire? Le università sono piene di geni? E che se ne fa poi l’Italia di persone così preparate? Oppure i professori sono all’improvviso diventati tutti facili nei voti? Il dibattito è aperto. In fondo gli stessi studenti che due anni prima hanno terminato la triennale non hanno ottenuto, in media, voti così alti. A raggiungere il 110 e lode è stato il 16,64% nelle isole, un po’ più del 10% nel Nord-Ovest e il 12,55% in tutt’Italia. Più o meno le stesse cifre che si registravano tredici-quattordici anni fa quando ancora era in vigore il vecchio sistema. 

RECORD IN SICILIA E SARDEGNA  

Se si vanno a considerare i voti dal 106 al 110 la tendenza a terminare gli studi universitari con un voto alto è ancora più evidente: il 26% nelle isole e al sud, il 29 e 30% nel resto d’Italia. Questo vuol dire che nelle isole a terminare gli studi con più di 106, quindi con un voto alto, sono quasi 8 ragazzi su 10, al sud e al centro 7 studenti su 10, al nord-est più di 6 studenti su 10, e al nord.ovest più di 5 su 10. 

I FAVOREVOLI AL 3+2  

Luigi Berlinguer, ex ministro della Pubblica Istruzione e padre di questa riforma che a partire dal 2000 ha rivoluzionato le lauree, indica proprio nei voti alti la conferma della sua bontà::«È un sistema che ha dato buoni frutti, che seleziona e prepara molto meglio del precedente quando il tasso di abbandono era elevatissimo. Chi arriva alla specialistica è motivato e questo ha una conseguenza diretta sui voti». Si schiera a difesa del 3+2 anche Andrea Lenzi, presidente del Cun, il Consiglio Universitario Nazionale: «Il nuovo ordinamento ha generato maggiore frequenza delle lezioni e questo incide sui voti. Purtroppo c’è anche un calo delle immatricolazioni, quindi si crea una selezione che è negativa per il sistema Paese ma positiva per chi frequenta. In generale si è creato un migliore rapporto fra docente e studenti e quindi migliora il rendimento.»  

Difende i suoi studenti anche il rettore dell’Università di Cagliari Giovanni Melis. «Quando passano dalla triennale alla magistrale i ragazzi ormai hanno imparato a studiare, il livello di preparazione è indubbiamente migliorato. Il dramma è che vanno sul mercato del lavoro locale e non trovano molte possibilità di inserimento quindi devono rivolgersi al mercato nazionale ed internazionale». 

I CONTRARI AL 3+2  

Meno convinto è Luigi Biggeri, ex presidente dell’Istat e del Comitato per la Valutazione del Sistema Universitario, ora professore di Statistica alla Luiss: «È un grande errore che il voto della biennale non tenga conto del percorso precedente, sarebbe più giusto valutare l’intero curriculum universitario. Con il sistema attuale gli studenti si impegnano soltanto durante la specialistica. Inoltre, nel biennio si crea un rapporto molto stretto con i professori, e i professori stessi nella stragrande maggioranza dei casi si mostrano più benevolenti». Molto critica anche Paola Potestio, docente di Economia all’Università di Roma 3. Ha pubblicato nel settembre del 2013 uno studio in cui spiega come la riforma sia ben lontana dall’aver ottenuto i benefici che si prefiggeva. E i voti, dal suo punto di vista, non sono che la conferma di questo fallimento.  

«È davvero possibile che ci sia una percentuale così alta di voti alti? E non è il caso che questo imponga una riflessione sull’intero sistema? Il 3+2 non ha risolto il problema dei fuori corso e ha creato un disimpegno dei ragazzi nella triennale perché il voto finale per chi prosegue non conta nulla. Credo che sarebbe opportuno intervenire con alcune modifiche, velocizzando con percorsi uniti invece che divisi in due e riconoscere la possibilità che i più bravi possano laurearsi prima».