Troppi compiti a casa: Alessandro Giuliani, La Tecnica della Scuola 12.12.2014
Il ministro Giannini si sente di rassicurare gli studenti italiani, che secondo l’Ocse avrebbero un carico di compiti a casa di circa 9 ore a settimana, eccessivo rispetto agli altri paesi: ciò avviene perché da noi adottiamo il modello didattico con una struttura ancora frontale, ma il problema non esisterà più introducendo più interazione nella didattica in classe tra studenti e prof. Intanto, però, per Angela Nava, presidente Coordinamento genitori democratici, l'eccesso di compiti è un chiaro segnale del fallimento della scuola. Critico pure Massimo Di Menna (Uil). Giannini lo ha detto a margine del Consiglio europeo a Bruxelles su educazione e giovani, interpellata sui dati dell'Ocse secondo cui gli scolari italiani avrebbero un carico di compiti a casa, circa 9 ore a settimana, eccessivo rispetto alle medie di altri paesi paragonabili. "E' un po' il modello didattico che ha ancora una struttura molto frontale, e questo comporta necessariamente l'assegnazione di compiti nelle ore non scolastiche", ha rilevato la Giannini. "Noi vogliamo delle scuole aperte, con una maggiore interazione nella didattica in classe tra studenti e insegnanti. Credo quindi che i compiti diminuiranno con la nuova scuola, e non è male che i compiti diminuiscano, purché - ha concluso il ministro - ci sia la compensazione di qualità come la vogliamo". Viene da chiedersi, tuttavia, quanto la qualità delle conoscenze e competenze di nostri alunni possa dipendere dalla quantità di compiti assegnata dai docenti: ma perché l’Ocse si sofferma su questo genere di ricerche, alla resa dei conti fine a se stesse? Sulla questione, intanto, sono intervenuti diversi esperti di scuola. "Pur non essendo talebani nel chiederne l'eliminazione, riteniamo che un aggravio di compiti a casa oltre a essere discriminante - osserva Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici - è un chiaro segnale del fallimento della scuola. I tagli attuati negli ultimi anni (meno tempo scuola, più bambini in classe, più affanno per gli insegnanti) hanno fatto sì che i compiti a casa siano diventati una modalità per andare avanti e completare i programmi. Quanto ai risultati scolastici è dimostrato anche dai dati Ocse che più compiti non significa automaticamente migliori risultati. Tutto ciò dovrebbe imporre una seria riflessione". Non si stupisce di quanto rivelato dallo studio Ocse il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, che ha anni di insegnamento alle spalle. "Finlandia e Corea che sono i paesi che hanno meno ore di lavoro a casa per gli alunni sono realtà dove per l'ambiente scolastico (aule, laboratori, attrezzature) c'è maggiore attenzione e investimenti. Quanto più c'è attività di studio e ricerca in classe, meno serve il lavoro a casa". Di Menna osserva che comunque il dato dell'Ocse e' un dato medio: "Ci sono tantissime scuole, tantissimi insegnanti in Italia che adottano modelli innovativi che consentono di fare attività principalmente in classe. Ciò non toglie che da noi si registrino forti ritardi. La Lim, ad esempio: ancora non è stato completato il piano per adottarla ovunque e lo strumento è già superato" ha aggiunto il sindacalista ricordando che l'Italia è il penultimo Paese nella classifica della spesa per l'istruzione. |