La programmazione arriva in classe: di P.Sol., Il Sole 24 Ore 4.12.2014 Piccoli mattoncini di comandi si spostano e si incastrano come una costruzione di Lego e indicano la strada che l’icona alla Angry Bird deve seguire per uscire dal labirinto. Semplice e intuitivo: il bambino deve individuare i movimenti che il personaggio deve fare per sbrogliarsi, capire i singoli comandi da dare e metterli in ordine uno dopo l’altro. È così che si inizia a costruire un videogame e si impara a programmare giocando: è uno dei livelli più elementari di quello che va sotto l’etichetta di “coding”, l’alfabetizzazione informatica attraverso il gioco che fa il suo ingresso in grande stile nella scuola italiana con il programma triennale “Programma il futuro”. Un’anticipazione si è avuta a metà ottobre quando, in occasione della settimana europea del coding, 22mila studenti guidati da quasi 500 insegnati si sono registrati per avviare il percorso di programmazione informatica secondo il sistema nato dalla collaborazione tra il ministero dell’Istruzione e il Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica (Cini). Settimana prossima sarà la volta dell’appuntamento globale dell’Hour of code, per il quale è prevista una partecipazione di 155mila studenti e oltre 8mila classi. È questa l’occasione per lanciare il programma congiunto Miur-Cini (nato ufficialmente a fine settembre), partito dall’esperienza di successo avviata da Code.org negli Stati Uniti e che si è allargata coinvolgendo l’anno scorso circa 40 milioni di studenti e insegnanti in tutto il mondo. Ora l’Italia è uno dei primi paesi a sperimentare l’introduzione strutturale nelle scuole dell’insegnamento della programmazione. «I numeri della sperimentazione del coding - afferma il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini - ci dicono che c’è un interesse da parte dei nostri ragazzi e degli insegnanti per questo tipo di sfide». Non si tratta, d’altra parte, della pura e semplice “informatica”, sottolinea il ministro, ma dell’introduzione a un pensiero computazionale per sviluppare le competenze logiche per affrontare e risolvere problemi in modo creativo ed efficiente: «I ragazzi devono convertirsi dall’essere semplici consumatori di tecnologia a persone in grado di applicare il pensiero logico per capire, controllare, sviluppare contenuti e metodi per risolvere i problemi e cogliere le opportunità che la nuova società digitale offre». Il progetto “Programma il futuro” mette a disposizione delle scuole una serie di lezioni, interattive e non, che ogni scuola può utilizzare liberamente, senza particolari requisiti o abilità tecniche, attraverso un sito appositamente realizzato per accompagnare e supportare i docenti. L’idea di base è che siano questi ultimi, attraverso la sollecitazione del Miur così come dei partner aziendali - a partire da Telecom Italia seguita da attori tecnologici come Microsoft, Intel ed Engineering insieme a un unico produttore di contenuti come DeAgostini Scuola - per spingere i ragazzi a impegnarsi in questa nuova attività didattica che si svolge giocando. Si tratta di competenze indispensabili per i ragazzi impegnati ad affrontare le sfide della nuova era digitale: «In un prossimo futuro nessun lavoro digitale potrà prescindere dalla cultura digitale - sostiene Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, che ha appoggiato in breve tempo il progetto diventandone partner strategico -: già oggi in Italia ci sono oltre 20mila posti di lavoro vacanti nel settore Ict per alti skills digitali e si prevede di arrivare a 170mila nel 2020. Ma allo stesso tempo è in forte crescita la richiesta di profili con competenze informatiche in tutti gli altri settori economici, con circa 800mila nuovi posti di lavoro previsti per il 2020». Nell’ambito del progetto il Miur prevede di raccogliere risorse per 15 milioni di euro l’anno per il triennio per l’infrastruttura Wifi delle scuole - non per la connessione a banda larga che esula dalle competenze del ministero - cui si potrebbero aggiungere 90 milioni per la laboratorietà ad ampio spettro, sulla base di progettualità che provengano direttamente dalle scuole e non siano imposte dall’alto. |