Vivace dibattito sul finanziamento del sistema di istruzione
Gentili (Confindustria): di Claudio Gentili, Tuttoscuola 11.4.3.2014
Da qualche settimana si discute della proposta, rilanciata in
seminari e convegni di cui Tuttoscuola ha dato conto, di
utilizzare il ‘costo standard’ come parametro di riferimento per il
finanziamento del sistema pubblico di istruzione, inteso come
insieme delle scuole statali e di quelle paritarie. Sulla proposta
abbiamo pubblicato una intervista a suor
Anna Monia Alfieri, che si schiera tra i sostenitori, e una
valutazione più problematica di Andrea
Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Sull’argomento
pubblichiamo qui di seguito un intervento di Claudio Gentili, vice
direttore Politiche Territoriali, Innovazione e Education di
Confindustria, che offre ulteriori elementi di riflessione a un
dibattito che si prospetta interessante e innovativo. E, per quanto
ci riguarda, aperto al contributo di altri esperti e dei lettori. Nel caso della sanità non esiste la graduatoria, non esistono (salvo eccezioni) i precari, non esiste concorso nazionale per l’assunzione, ma esiste la procedura ordinaria per entrare nell’Ordine dei Medici dopo aver conseguito la laurea e ogni singolo ospedale attiva concorsi per numeri di gran lunga inferiori a quelli chiamati ai concorsoni dell’istruzione. Per l’istruzione invece le procedure sono molto più macchinose e “centralizzate”. Le regole dell’istruzione dovrebbero essere più simili a quelle della sanità. E a maggior ragione per il costo standard. Il costo standard consentirebbe grandi risparmi nella pubblica Amministrazione perché ne ottimizzerebbe i meccanismi. È noto oggi che un allievo di scuola statale costa circa 8000 Euro l’anno mentre un allievo della scuola paritaria costa 4000 Euro l’anno. Nella media il costo standard potrebbe, con adeguate attenzioni sociali, consentire un più razionale utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali. Sicuramente il costo standard ha dei limiti che Gavosto ha sottolineato, come ad esempio la difficoltà del calcolo. C’è anche il pericolo che questo strumento si limiti a poche e piccole realtà virtuose, ma per fugare questo rischio occorre attuare una intelligente politica di perequazione per evitare una deriva maltusiana del costo standard. Per dare valore effettivo al costo standard esso va collegato alla politica di assunzione del personale che dall’elefante di Viale Trastevere deve trasferirsi alle scuole o nelle reti di scuole. Più in generale il costo standard si inserisce nel processo di autonomia che si è arenato e nel processo di progressiva decentralizzazione del coordinamento e della gestione delle risorse umane. Esso può essere uno strumento di innovazione per il nostro sistema educativo e per il Miur: è oggettivamente impossibile continuare a immaginare che un'unica centrale operativa, il Miur appunto, possa gestire 1 milioni di dipendenti. Mentre è auspicabile un progressivo dimagrimento del Ministero (di cui va esteso il ruolo strategico, di valutazione, di controllo dei risultati) affidando progressivamente a USR o a scuole e reti di scuole l’autonoma gestionale delle risorse umane e finanziarie. Il costo standard da solo non ha senso. Il costo standard ha molto senso in un processo di rafforzamento dell’autonomia scolastica e di miglioramento organizzativo e di rapporto tra scuola e territorio. |