IL DOSSIER

Tempo pieno: lo frequenta un alunno su tre.
Ora cresce anche al Sud

Il rapporto di Tuttoscuola analizza come sono cambiate le abitudini e quali sono gli effetti della riforma Gelmini, che aveva abolito le ore di compresenza degli insegnanti

di Valentina Santarpia, Il Corriere della Sera scuola 17.4.2014

La scuola dell’infanzia costituisce il primo livello di istruzione e ne hanno diritto tutti i bambini e le bambine tra i 3 e i 6 anni. Almeno un bambino su tre prima dei tre anni, e in almeno nel 75% del territorio italiano, deve avere diritto ad un posto nell’asilo nido. Il personale educativo, sia per i nidi che per le scuole materne, deve avere una preparazione universitaria. E, novità assoluta, le aziende possono erogare dei «ticket» asilo per aiutare le famiglie a sostenere i costi proibitivi dei nidi. Ecco i capisaldi del ddl 1260, in discussione in commissione Istruzione pubblica al Senato: «Un provvedimento che, una volta diventato legge, sarà una vera e propria rivoluzione», assicura la senatrice Francesca Puglisi, tra le prime firmatarie del disegno di legge. Il piano è, in effetti, ambizioso: si parte con un investimento di 150 milioni per arrivare, a regime, ad un miliardo e mezzo di euro per coprire l’educazione dell’intera fascia 0-6 anni. Dove si trovano tutti questi soldi? Per cominciare, bisogna «escludere dal patto di stabilità gli interventi pubblici relativi al funzionamento» dei servizi zero-tre e tre-sei anni.

Le liste d’attesa alla scuola materna

L’offerta per i bambini sotto i sei anni attualmente in Italia è insoddisfacente, questa è la premessa: il 18% circa di tutti i bambini sotto i tre anni riesce ad avere un posto in un asilo nido pubblico, mentre il 94% di quelli tra i tre e i sei anni può frequentare la scuola dell’infanzia. Se sul fronte dei nidi siamo ancora lontani dall’obiettivo del 33%, fissato dal Consiglio delle comunità europee, su quello delle scuole materne abbiamo già raggiunto il traguardo del 90% fissato dall’Europa, ma non possiamo comunque cantare vittoria. Perché i tagli degli ultimi anni hanno visto stranamente diminuire, anziché aumentare, le chance di frequentare la scuola dell’infanzia: dal 98% di qualche anno fa, complici i tagli e l’aumento dei bambini extracomunitari, sono tornate le liste d’attesa.

Se ci sono gli asili, le donne lavorano di più

E le opportunità purtroppo cambiano molto da regione in regione, con delle conseguenze inaspettate: «Emilia-Romagna, Toscana e Lombardia hanno raggiunto già gli obiettivi europei, e infatti in queste regioni l’occupazione femminile ha raggiunto il 60% - sottolinea la senatrice Puglisi - In Calabria, dove invece i servizi per l’infanzia sono scarsi e malfunzionanti, le donne lavorano poco più che in Pakistan, il 30%». Le disparità regionali sono anche evidenti per quanto riguarda la divisione delle competenze e delle spese tra Stato e enti locali: in Emilia Romagna le statali sono il 18%, nelle Marche l’80%.Significa, per capirci, che il Comune di Ancora avrà molti meno pesi rispetto a quello di Bologna, anche in termini economici. L’obiettivo del ddl è superare anche quest’aspetto: riequilibrare cioè i trasferimenti monetari in maniera tale che il costo del servizio sia per il 50% a carico dello Stato e il 50% a carico degli enti locali (Regioni e Comuni). Laddove lo Stato non interviene direttamente, deve sostenere i Comuni.

Il ticket asilo

Non è solo una questione di spartizione: ma anche di costi che le famiglie devono sostenere per un servizio che dovrebbe essere garantito a tutti. Proprio per tutelare le tasche dei contribuenti, ci sono due novità importanti nel ddl. La prima, è la norma che prevede che «la partecipazione economica delle famiglie utenti alle spese di funzionamento dei servizi non può essere superiore al 20% del rispettivo costo medio rilevato a livello regionale». La seconda introduce una interessante novità: e cioè che le aziende possano fornire ai propri dipendenti dei «ticket nido», sulla falsariga dei ticket restaurant. Il principio è che le aziende che non riescono a fornire un asilo aziendale, possano fornire alle famiglie un contributo, attraverso apposite convenzioni, di 150 euro al massimo. «Quando il governo Berlusconi aveva provato a dare incentivi perché le aziende costruissero nidi aziendali, non c’erano state molte richieste: l’Italia è fatta di piccole e medie imprese, che non hanno la possibilità di creare nidi interni. Mentre il ticket potrebbe funzionare: è un modo per incrementare lo stipendio del dipendente, invogliandolo anche a fare meno assenze, senza gravarsi di costi eccessivi». Il costo del servizio inoltre dovrebbe diventare, con la nuova legge, totalmente deducibile e con l’IVA detraibile integralmente.