Imparare l’inglese al tempo di internet:
si fanno largo le app italiane

di A.G. La Tecnica della Scuola 6.4.2014

'Fluentify', ideata da quattro studenti torinesi, è una videoconferenza integrata con un tutor madrelingua per conversare a bassi costi. Fornisce sicurezza nelle transazioni e agli studenti la qualità dei tutor, a differenza dei sistemi 'fai da te' via Skype. Poi c'è 'Hannover': scarica brani per comprendere l'inglese, punta su un sistema intuitivo per imparare dai propri errori e ''giocare'' a punti con altri utenti. Per le scuole arriva il registro di classe on line.
 

Chi impara l’inglese nel 2014 può contare su metodi e strumenti ben diversi da quelli adottati appena qualche anno prima: il web sta assumendo una parte preponderante. Soprattutto le applicazioni, che si scaricano via internet e permettono di fruire di contenuti e servizi innovativi.

Un lancio di agenzia Ansa fa il punto della situazione.

Accanto a casi di successo mondiale come l'app Duolingo, che 'istruisce' oltre 12 milioni e mezzo di utenti col suo metodo basato su quiz e traduzioni, nel settore si stanno facendo strada anche diverse start up italiane. Tra queste Fluentify, nata dall'idea di quattro studenti torinesi, che, attivata da meno di un anno, ha appena portato a casa un finanziamento di 410 mila dollari, a conferma della bontà delle loro idee. Registrata a Londra ma con l'intenzione di tornare a brevissimo in Italia, Fluentify è una piattaforma web - presto anche mobile - per il 'tandem linguistico online'. Si tratta di un sistema di videoconferenza integrato che permette a chiunque si registri di entrare in contatto con un tutor madrelingua inglese per fare conversazione, a un costo contenuto ma senza vincoli di abbonamento. Una piattaforma che garantisce sicurezza nelle transazioni economiche e agli studenti il livello qualitativo dei tutor, a differenza dei sistemi e degli accordi 'fai da te' che imperversano via Skype. Un progetto che in pochi mesi ha già venduto oltre 4 mila sessioni linguistiche a 9 mila utenti e ha chiuso una collaborazione per una piattaforma in co-brand con la prestigiosa scuola Kaplan International. ''L'obiettivo – ha spiegato sempre all'Ansa Giacomo Moiso, uno dei fondatori di Fluentify - è di continuare a crescere almeno del 10%, settimana dopo settimana''.

A puntare sul ''social learning'' ci sono però anche altre start up italiana, come la Naboomboo che stima che fra tre anni il settore supererà i 4 miliardi di euro. Un vero e proprio 'boom' dal poco meno di un miliardo di euro stimato nel 2012. La società fa parte di Treatabit, il comparto 'digital' dell'incubatore I3P del Politecnico di Torino, e lancerà nei prossimi mesi una piattaforma multimediale di scambio linguistico, una sorta di luogo virtuale di conversazione per allenare e migliorare le proprie conoscenze linguistiche, fortemente basata sull'elemento sociale. In vetrina al CeBit di Hannover, la più grande fiera dell'Ict al mondo, quest'anno c'era anche Rooshu, di Business Innovation, che sta sperimentando in due scuole pugliesi un sito web attraverso il quale scaricare dei brani per la comprensione dell'inglese e che punta su un sistema intuitivo per imparare dai propri errori e ''giocare'' a punti anche con altri utenti. Per le scuole è disponibile un registro di classe on line, in supporto al lavoro degli insegnanti. Attivo da fine 2013, il sito si specializza anche nella collaborazione con aziende alle quali offre l'opportunità di fare formazione con contenuti tematici specifici.