IL DIBATTITO SU «LA LETTURA»\ L’INTEGRAZIONE La Locandiera non parla ad Abdel
Le difficoltà quotidiane degli insegnanti in
classe: la grande e costosa riforma di Eraldo Affinati, Il Corriere della Sera scuola 21.4.2014
Mohamed? Presente. Emil? Eccolo. Daniele? Gli hanno rubato lo zaino.
Santino? Dorme. Rakman? Sta al bagno. Davide? Fuma una sigaretta giù
al portone. Lorenzo? Entra dopo. Ibrahim? Aspetta, lo chiamo al
cellulare... È la prima ora del lunedì. I ragazzi fanno fatica a
carburare. Ogni scuola rappresenta un mondo e non si può
generalizzare. Tuttavia quest’anno sono andato in giro per l’Italia,
ho incontrato centinaia di studenti e decine di professori, da
Milano a Reggio Calabria: molti problemi ritornano senza soluzione
di continuità dai licei agli istituti professionali e non riguardano
soltanto gli addetti ai lavori.
Quali dovrebbero essere gli obiettivi dell’istruzione nazionale?
Trasmettere la tradizione, sviluppare le competenze, ripristinare i
valori nel mare magnum del web, formare la coscienza dei futuri
cittadini. Ma Ivan, appena iscritto in prima superiore, ancora non
parla italiano. Vanessa non mantiene l’attenzione più di un minuto.
Giorgio, certificato dislessico, sbaglia tutte le vocali, avrebbe
bisogno dell’insegnante di sostegno. Florin è un genio in
matematica, finisce il compito in mezz’ora, poi comincia a
infastidire i compagni. Claudio si è fatto una canna. Marcella ha
problemi grossi in famiglia, nell’ultimo consiglio di classe l’hanno
inserita nei Bes. Bisogni educativi speciali. Come se li avesse
soltanto lei! Entrate in sesta ora, più o meno alle dodici e trenta,
in una classe come questa. Nascondetevi dietro di me per evitare di
essere colpiti dai cartoccetti in volo. È un biennio superiore.
Siamo dentro il cerchio di fuoco. E quinci il mar da lungi e quindi
il monte. Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno. Per
Achmed è uno strano idioma, ma rispetto a lui Roberto non dispone di
molte carte in più. In certe classi spiegare Leopardi è come scalare
il Nanga Parbat, senza l’ausilio di corde e attrezzi.
Per illustrare a Giorgio e Ioan gli occhi ridenti e fuggitivi di
Silvia dovresti intanto riuscire a metterli a sedere insieme agli
altri. Ammesso e non concesso che ci riesca, magari con il supporto
di Andrea e Riccardo, da te designati quali aiutanti di campo,
dovrai farti ascoltare per davvero, non per finta. Altrimenti
sarebbe troppo facile. Ogni volta è una nuova avventura, anche
perché non devi realizzare la performance di un giorno solo. Ben più
impegnative sono le sfide che ti attendono. Come hai già scritto
altrove: sei lo specialista dell’avventura interiore. L’artigiano
del tempo. Il mazziere della giovinezza. Scendi nella fossa. Parli
coi fantasmi. Lotti coi draghi. Sfidi le streghe del precetto.
Incarni ciò che è stato e ciò che sarà, in quanto consegni una
sapienza sottratta all’oblio scommettendo sul futuro di un ragazzo
che sembra già perso. Gli scolari s’attaccano agli smartphone quasi
fossero escrescenze fisiche. Sembra incredibile eppure ne sei certo:
questi ragazzi, in un fondo oscuro che noi adulti siamo chiamati a
scoprire, hanno ragione. Mentre illustri la potenza fantasmagorica
di quella tomba ignuda, d’improvviso ti accorgi del tuo anacronismo.
In una società devota alla bellezza, alla sanità, alla ricchezza, di
fronte alla caduta di tutte le gerarchie di valore, nella rovina di
ogni tensione esegetica, in un contesto critico completamente
azzerato, al punto che le recenti scomparse di Ezio Raimondi e
Cesare Segre ti sono sembrate tonfi di tronchi secolari sul fiume
imputridito, dovresti ricondurre gli adolescenti che hai di fronte
sull’argine sicuro della verità storica, della qualità estetica,
della responsabilità etica. Su quale fondamento puoi contare per
combattere il disincanto di Elia, gli sbadigli di Luca, le
pernacchie di Romoletto? Appena ti avvicini a controllare l’elaborato di Razvan, ovviamente pieno di errori da segnalare e correggere, la classe deborda, quindi non puoi farlo, sei costretto a tornare al timone per evitare che, allo stesso modo di un naviglio impazzito, si schianti sugli scogli. Franchino, mina vagante in aula, chi se lo tiene? Lui fermo non ci sa stare: è un Dsa. Disturbi specifici di apprendimento. Devi riuscire a contenere la sua energia e capire come potrebbe dare il meglio. Se avessi un tablet, forse ce la potresti fare. Gli presti il tuo iPhone da resettare e d’improvviso si calma: lo fa con grande abilità, poi te lo restituisce regalandoti un sorriso meraviglioso che ridà senso a tutto. Sappiamo quello di cui avremmo bisogno: un laboratorio linguistico per gli L2 (studenti provenienti da un’altra lingua), o almeno un docente d’appoggio mentre spieghiamo. Altrimenti l’integrazione resta una parola vuota. Lo spazio scolastico dovrebbe essere completamente ridisegnato: ad esempio un’aula attrezzata per ogni professore che vi accoglie i suoi studenti. I programmi sono da ricalibrare: non vanno alleggeriti, piuttosto reimpostati. Fa un certo effetto vedere Abdel Tamer, quarto superiore, alle prese con La locandiera di Carlo Goldoni. O Mirko, bocciato tre volte, che mi chiede cosa significhi speme. Numerosi testi dell’editoria scolastica andrebbero scritti in modo da renderli leggibili. La cosiddetta qualità didattica è una questione troppo complessa per essere risolta con quiz in stile patente. Leggi una pagina di Manzoni e poi metti la crocetta sulla risposta giusta: Don Abbondio era: A. Pavido. B. Impavido. C. Spericolato. Scegli. Crediamo sul serio di poter ridurre la letteratura a questo risibile scampolo? Non diteci che quella contro le prove Invalsi è una battaglia di retroguardia, dal momento che in Europa il criterio della valutazione oggettiva è già stato acquisito. Siamo il Paese dell’Umanesimo e del Rinascimento: dovrebbero essere gli altri a venire a lezione da noi! Queste semplici esigenze di puro buon senso sono comuni a tanti insegnanti. Perché nessuno crea i presupposti per soddisfarle? Non ci sarebbe bisogno della Grande Riforma, dai costi troppo alti e quindi irrealizzabile, ma solo di piccoli aggiustamenti operativi. Il tempo sfugge, non possiamo attendere ancora. |