I seni della ministra

Pasquale Almirante, La Sicilia 24.8.2014

Può una ministra della Repubblica andare in spiaggia a seno nudo, come ha fatto la titolare dell'Istruzione, Stefania Giannini, nei giorni scorsi? No, non può farlo. E non è moralismo straccione. Lo fa la soubrette per pubblicizzarsi, ma ad una ministra della Repubblica è vietato, anche perché sa benissimo che qualche secondo dopo la sua "uscita di seno" ci può essere un paparazzo che la paparazza, facendo diventare notizia una leggerezza o una affermazione della propria libertà, che nessuno però può negare.

Ma può essere talmente libero un ministro della Repubblica? No, non può esserlo, perché rappresenta dovunque e comunque la Nazione e le Istituzioni e ciascun cittadino. E se un solo cittadino si sente offeso ha l'obbligo morale di astenersi. Non ci sono vie di fuga in questo, tant'è che per tutelare l'onorabilità e il decoro del rappresentante del popolo al governo della Nazione, è concesso dalla legge e dallo Stato praticamente tutto: un appannaggio robustissimo, con pensione e vitalizi, auto blu e di scorta, tutele parlamentari e costituzionali, compreso il fumus persecutionis e le autorizzazioni parlamentari a procedere agli arresti. E non solo. Un rappresentante del popolo deve essere da esempio e da indirizzo in ogni singolo istante della sua vita, pubblica e privata, e non può permettersi deroghe.

La singolarità tuttavia di questa uscita di seno della ministro Giannini, sta però nel fatto che ha sollevato scudi contraddittori tra i partiti, a dimostrazione che la politica di questo pese è fellona e ipocrita. Quando Berlusconi palpeggiava escort, come riferivano i quotidiani, la sinistra gridava allo scandalo, mentre la destra innalzava la bandiera della privacy e della libertà. Ora che a svolazzare è il seno della ministra di una compagine di sinistra si sono capovolte le barricate, anche perché non c'è stato un solo giornale che non abbia riportato la notizia, a dimostrazione che il monokini di un rappresentate del popolo al governo non è faccenda da passare inosservata e una ministra questo deve saperlo. E sapendolo deve impedirlo. E non per moralismo straccione, ma per serietà di ruolo e rigore di mandato. Sarebbe facile citare Socrate o Tommaso Moro o Thomas Becket, né c'è bisogno di scomodare Freud, per sibilare che le sole mutande della ministra sulla spiaggia possano essere metafora delle sole mutande in cui si trova la scuola italiana che è in mutande e fuor di metafora.