Quota 96 e pensione anticipata:
ecco perché la scuola scende in piazza!

I lavoratori della scuola Quota 96 scendono in piazza
per il diritto alla pensione. Scopriamo tutte le loro motivazioni.

di Stefano Calicchio, The Blasting News 29.8.2014

Scendono in piazza per esprimere ancora una volta il proprio dissenso verso il mancato rispetto del diritto alla pensione. Sono i quota 96 della scuola, lavoratori ATA o docenti che a causa di una semplice svista nella Riforma Fornero 2011, sono costretti a restare forzosamente sul luogo di lavoro, in alcuni casi per un periodo che si può allungare fino a 7 anni.

Gli anni dei Quota 96 strappati al pensionamento nonostante i requisiti regolari

La parola Quota 96 deriva dal calcolo grazie al quale i lavoratori della scuola potevano andare in pensione fino all'avvento del Governo Monti e della riforma pensionistica messa in atto in quegli anni. L'Istituto di Previdenza pubblico prevedeva due specifiche soglie di accesso: 36 anni di contribuzione con 60 anni di età oppure 35 anni di contribuzione con 61 anni di età.

Di fatto, per circa 4000 lavoratori che avevano già maturato il diritto, il pensionamento fu bloccato dal nuovo meccanismo di calcolo attuato nel 2011, calibrato sull'anno solare. Nella pratica, non si era tenuto conto che nella scuola l'annualità lavorativa va da settembre a settembre; bastò questo per bloccare sul luogo di lavoro migliaia di lavoratori che pensavano di essere a casa entro la fine dell'anno.

I numerosi tentativi di sanatoria falliti

I Governi che si sono succeduti fino ad oggi hanno fatto molte promesse riguardo la situazione dei Quota 96, talvolta tentando anche di far passare provvedimenti specifici che potessero aiutare a sanare la questione. Nessuna di queste iniziative è ancora riuscita ad arrivare a buon fine. L'ultimo clamoroso dietrofront è avvenuto con la presentazione di un provvedimento specifico attraverso la Riforma della Pubblica amministrazione; purtroppo è stato cancellato all'ultimo minuto, per problemi di disponibilità delle coperture economiche.

Il 29 agosto scendono in pazza per far sentire la propria voce

Nonostante la situazione difficile nella quale si trovano e la disillusione nei confronti dei decisori pubblici, i Quota 96 continuano ad esprimere le proprie richieste per il ripristino al diritto di pensionamento. I lavoratori pretendono una soluzione per la propria condizione, che sottolineano caratterizzata dal post - pensionamento. Una sottolineatura importante perché la loro richiesta non è di andare in pensione con anticipo, ma in linea rispetto al dovuto.

Tra le soluzioni possibili vi sarebbe il progetto del Governo Renzi di rendere accessibile il pensionamento anticipato a 62 anni con 35 anni di contributi, seppure con una penalizzazione coerente con gli anni mancanti rispetto a quanto previsto dalla Riforma Fornero. Fattore che striderebbe con quanto appena esposto. Su questo punto, i Quota 96 sono sul piede di guerra, perché una nuova penalizzazione (oltre a quella dovuta al fermo sul lavoro già subito) non dovrebbe essere considerata coerente con la loro situazione, visto che (diciamolo ancora una volta) si tratterebbe a tutti gli effetti di un pensionamento ritardato rispetto ai requisiti già maturati.

L'ultima proposta arriva dai sindacati e prevede lo scaglionamento

Una nuova opportunità potrebbe aprirsi grazie ad un'idea dei sindacati di categoria, che negli scorsi giorni hanno proposto all'Inps di diluire in scaglioni i pensionamenti dei Quota 96. Il ragionamento di fondo è semplice: se le fuoriuscite dal lavoro non avvenissero tutte nello stesso momento, il peso del provvedimento potrebbe essere spalmato in un arco temporale di circa 24 mesi. Così facendo, l'impatto sui conti dell'Inps diverrebbe quasi irrilevante. I lavoratori interessati si dicono favorevoli, al patto di non subire ingiuste penalizzazioni, ma dal Governo non sembrano ancora arrivare aperture in tal senso.


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